Cappella di Sant’Anna e S. Antonio da Padova

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Cappella di Sant’Anna e S. Antonio da Padova

Questa cappella, già dedicata a Sant’Anna e appartenente alla Corporazione dei Sarti, venne costruita utilizzando metà dell’antica cappella di Santa Basilissa “la nuova”, ceduta dalla famiglia Villa che ne deteneva il patronato.

Nel 1650 fu acquisita dal conte Baldassarre Robbio di San Raffaele il quale al nome di Sant’Anna aggiunse quello di Sant’Antonio da Padova.

Nel 1794, per l’estinzione della famiglia Robbio con la morte del conte Benvenuto, la cappella passò in eredità ai Curbis, conti di San Michele. Il 10 agosto 1896 la contessa Emilia cedeva in perpetuo l’uso della cappella alla Compagnia di Sant’Antonio, in precedenza ospitata nella chiesa di San Francesco e rimasta senza una sede fissa fin dall’epoca della soppressione napoleonica, riservandosi il diritto di mantenervi lo stemma di famiglia.

MIEL Jan. Sant’Anna e Sant’Antonio da Padova (1651)

MIEL Jan. Sant’Anna e Sant’Antonio da Padova (1651)

Baldassarre di San Raffaele, ottenuta la cappella nel 1650, nel 1651 commissionò la pala tuttora esistente sull’altare.

Nella parte centrale vi compare la Madonna che, con al fianco Sant’Anna, presenta Gesù Bambino a Sant’Antonio da Padova che, inginocchiato, sembra volerlo accogliere fra le braccia. Sullo sfondo si vedono le Sante Agata, Barbara, Caterina d’Alessandria e Orsola.

La composizione, con i personaggi disposti su due linee parallele e trasversali, è di evidente ispirazione barocca. I personaggi, improntati a nobile bellezza, sono, invece, di gusto classicista. Il gioco di luci ed ombre si rifà al Caravaggio, come caravaggesca è la figura di S. Antonio, di spalle in primo piano, del quale viene sottolineato con linguaggio particolarmente realistico il rozzo sandalo francescano. La pala, perciò, è una sintesi delle principali tendenze pittoriche dominanti in quel periodo a Roma. Al suo arrivo suscitò grande interesse in una Chieri nella quale era dominante il gusto tardo-manierista del Moncalvo, e anche in una Torino dove prevaleva il barocco alla francese di Charles Dauphin.

L’autore, Jan Miel, era un fiammingo, allievo di Gerard Seghers e Van Dick, trapiantato a Roma. Qui si era orientato prima verso il “barocco classicista” di Andrea Sacchi poi verso la pittura di “genere” dal linguaggio caravaggesco dei “bamboccianti”. Nel 1659 si sarebbe trasferito a Torino, dove sarebbe rimasto fino alla morte, ma nel 1651, quando dipinse questo quadro era ancora a Roma. Non sappiamo come mai il conte Robbio di San Raffaele, nel commissionare la pala per la sua cappella, si sia rivolto ad un pittore romano. Né si conosce il motivo per cui ai Santi Anna e Antonio da Padova, titolari della cappella, siano state aggiunte, sullo sfondo, le Sante Agata, Barbara, Caterina d’Alessandria e Orsola.

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