L’orfanotrofio femminile e la Chiesa dell’Annunciazione

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L’orfanotrofio femminile e la Chiesa dell’Annunciazione


L’ORFANOTROFIO

L’Orfanotrofio Femminile di Chieri  fu fondato nel 1638  grazie ad un lascito testamentario effettuato dal ricco commerciante Giovanni Battista Montuto e da sua moglie Lucrezia per ringraziare il Cielo di averli salvati dalla peste di otto anni prima.

Inizialmente la sede dell’Istituto sembra sia stata una modesta casa messa a disposizione  dall’Ospedale Maggiore e già appartenuta al soppresso Ospedale dell’Annunziata (o dei Gribaldenghi).  Ma verso il 1690 si diede inizio alla costruzione di un nuovo edificio. Probabilmente per motivi economici, essa venne presto interrotta. Fu ripresa solo nel 1744 sulla base di un progetto di Bernardo Antonio Vittone, e portata a termine nel 1765. I disegni del Vittone, già conservati nell’archivio dell’Istituto e  pubblicati da Carlo Brayda nel 1947 e nel 1961, attualmente risultano introvabili.

L’Orfanotrofio è un edificio a due piani fuori terra costituito  da tre ali poste ad U che per tre lati circondano un giardino. Un ampio scalone a tre rampe collega i due piani dell’edificio. Delle tre ali, quella appoggiata all’abside della chiesa è stata realizzata di recente.
Nella facciata principale, che dà sulla via pubblica, l’edificio si presenta molto austero, costruito com’è  in semplice laterizio a vista. Oltre al grande portale e alle due teorie di finestre, a movimentarne il semplice aspetto sono soltanto le cornici e le sottili lesene d’angolo. Più scenografica è la faccia retrostante, grazie al portico del pianterreno e al loggiato del primo piano che affacciano sul giardino” (C. Matta – A. Mignozzetti, 2016, p. 157).

L’Orfanotrofio, oggi diventato casa di riposo per anziani, sia al suo interno sia nell’attigua chiesa custodisce numerose opere d’arte, anche significative, alcune delle quali frutto di donazioni e lasciti.

LA CHIESA DELL’ANNUNCIAZIONE

Nel 1698, pochi anni dopo aver deciso (1690) la ricostruzione dell’Orfanotrofio, il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto deliberò anche quella della piccola cappella ad esso attigua. Tuttavia, solo nel 1726 se ne affidò l’incarico a Giovanni Antonio Sevalle.

L’architetto consegnò il progetto il 30 aprile dello stesso anno. La costruzione iniziò nel mese successivo. Interrotta per mancanza di fondi nel giugno del 1727, fu ripresa solo nel 1744 sempre sulla base del progetto del Sevalle. La supervisione dei lavori venne affidata  allo scultore  Giuseppe Antonio Riva.

La chiesa è un edificio a pianta centrale. L’esterno è in severo laterizio. La facciata, che un cornicione divide in due ordini, culmina con un timpano. Verticalmente la stessa è divisa in tre settori: quello centrale (nel quale si aprono il portale e, nell’ordine superiore, un grande oculo)  è  molto prospiciente rispetto ai due laterali, concavi ed obliqui rispetto ad esso.

L’interno è ad un’unica navata, coperta da un’elegantissima cupola. Un’appendice molto  profonda contiene il presbiterio e l’abside, quest’ultima a sua volta sormontata da una cupola emisferica.

Tre sono gli altari. Quello maggiore è dedicato all’Annunciazione, i due laterali, ospitati  in altrettante cappelle, a Sant’Anna (quello di destra) e a San Girolamo Giuliani (quello di sinistra). Sono impreziositi da altrettante pale,  incastonate in eleganti ancone, quelle a stucco degli altari laterali disegnate da Giuseppe Antonio Riva.

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bibliografia
AA.VV. La chiesa delle Orfane di Chieri, dedicata alla SS. Annunziata, Chieri 2000.
Bosio Antonio, Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri con alcuni disegni,  Torino 1878, pp. 327-328.
Cottino Alberto (a cura di), Aspetti della pittura del Seicento a Chieri. Scoperte e restauri, Chieri 1999.
Gay Agostino –Vanetti Guido (a cura di), Secondo Caselle, trent’anni di articoli, Chieri 2012, pp. 75-82.
Matta Cesare – Mignozzetti Antonio, Bernardo Vittone. Un  architetto nel Piemonte del ‘700, Chieri 2016.
Vanetti Guido, Chieri. Dieci itinerari fra Romanico e Liberty, Chieri 1994, p. 84.

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