Cappella di San Giovanni Evangelista

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Cappella di San Giovanni Evangelista

Le fonti documentali sono concordi nel dire che almeno fino al 1878  (anno in cui la descrive Antonio Bosio) questa cappella era dedicata a Sant’Antonio da Padova ed era di patronato di casa Gayotti. Vi erano alcune pitture sulla vita del Santo e le statue in stucco di San Francesco, San Bonaventura, San Martino Vescovo e San Ludovico Vescovo: una cappella interamente dedicata ai Santi dell’Ordine Francescano, quindi.

Negli anni a cavallo dell’Ottocento e del Novecento, nel rimaneggiamento generale della chiesa, la dedicazione a Sant’Antonio da Padova scomparve (e con essa i dipinti e le statue dei santi francescani) e nella cappella venne trasferita quella a San Giovanni Evangelista.

CROSIO GIOVANNI, La Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista e Santi (1619)

CROSIO GIOVANNI, La Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista e Santi (1619)

CROSIO GIOVANNI, La Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista e Santi  (1619)  

Si tratta di una delle più belle e grandi pale della chiesa di San Giorgio: una “sacra conversazione” che si svolge all’interno di una monumentale edicola,  delimitata da colonne ioniche che sorreggono un imponente cornicione aperto verso il cielo.

Al centro della scena tre angioletti sorreggono un cartiglio con una frase biblica (Siracide 43,9) che ne fornisce la chiave di lettura: “Species coeli gloria stellarum” (“La bellezza del cielo è la gloria delle stelle”). La bellezza del Paradiso, cioè, sono i Santi.  Quei Santi di cui il pittore in  questa sua tela offre un ricco campionario.

In alto compare la Sacra Famiglia e Sant’Anna: la Vergine tiene affettuosamente per mano la madre Anna; Gesù sembra giocare con Giuseppe.

Ai lati del registro centrale compaiono due Sante Martiri, come si arguisce dal fatto che due angioletti le incoronano e porgono loro la palma del martirio: quella di sinistra è Santa Caterina d’Alessandria, riconoscibile dalla ruota che le sta a fianco e che ricorda lo strumento del suo martirio; quella di destra è di più difficile individuazione,  essendo la piccola croce che l’angelo le porge un particolare iconografico attribuibile a numerose Sante.

In basso il pittore ha rappresentato altri tre Santi. Al centro San Giovanni Evangelista: lo si riconosce dall’aquila, suo simbolo tradizionale, e dal libro, che allude al suo ruolo di Evangelista e di autore dell’Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento.  Tale ruolo viene sottolineato dal fatto che è rappresentato nell’atto di scrivere. Ma non sta scrivendo né il Vangelo né l’Apocalisse: sulla tavoletta sembra potersi leggere una frase della sua prima lettera: “Filioli mei, non diligamus verbo neque lingua, sed opere et veritate”, (“Figlioli miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Giov. 3,18). Alla destra di San Giovanni è rappresentato San Giovanni Battista: lo si riconosce dall’ agnello (“ecco l’agnello di Dio”) che gli sta accanto. A sinistra, riconoscibile dalle stimmate, San Francesco d’Assisi.

Le caratteristiche stilistiche tradiscono immediatamente la provenienza della tela dalla cerchia del Moncalvo, il che è  confermato dalla scritta che vi si legge in basso: “Joannes Croesus fecit 1619”. Quindi è un’opera di Giovanni Crosio da Trino Vercellese, allievo del Moncalvo,  al quale si deve anche la pala di San Giovanni Evangelista nella cappella omonima del Duomo. Come quella, anche questa,  pur rivelando il debito nei confronti del maestro, appare caratterizzata “… da una personale caricatura delle fisionomie, da una più incisiva e sofisticata definizione dei contorni, da un chiaroscuro più corposo e contrastato” (G. Romano) e da una  composizione molto più complessa e articolata di quella che normalmente si riscontra nelle opere del Maestro.

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX)

ANONIMO, Angeli (fine sec. XIX, inizio sec. XX).

L’angelo del medaglione centrale stringe fra le braccia un mazzo di gigli, simbolo di purezza. Quelli dei medaglioni laterali recano cartigli con le parole: “Haec est virgo sapiens et una de numero prudentium” (“Questa è una vergine sapiente, una di quelle prudenti”): una frase tratta da un’antifona dell’Ufficio  Divino  delle Sante Vergini che si ispira alla parabola evangelica delle vergini stolte e di quelle prudenti. Evidentemente sono dipinti eseguiti in relazione alla pala dell’altare, della quale chi ha commissionato i dipinti (don Olivero?) ha voluto sottolineare soprattutto le figure della Vergine e delle due Sante Martiri.

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