CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Le invisibili barriere che ci dividono

la preghiera per la pace e per l’azione missionaria

di P. Pio Giuseppe Marcato op

Il mese di ottobre nella tradizione cattolica è dedicato alla recita del Rosario nelle famiglie e per l’attività missionaria. Non si tratta di devozionismo, né di un atteggiamento pietistico o di mantenere vivo il proselitismo, quanto piuttosto di dare una viva testimonianza del messaggio evangelico dove questo non è conosciuto o non è vissuto nella sua interezza e verità. È necessario coinvolgere l’intera comunità cristiana su temi che devono essere ripresentati in modo coerente e creativo: preghiera in famiglia e Missioni. Il Rosario è una preghiera molto conosciuta ma poco praticata nel suo vero valore. Contemplando i ‘misteri’ questa recita ci introduce in un cammino che culmina nell’Eucaristia, sacramento del Sacrificio di Cristo morto e risorto; la missione evangelizzatrice è il mandato che Gesù ha affidato alla sua Chiesa per le diverse culture dell’umanità. Ma per questo compito così importante occorre conoscere le periferie sociali dove si attende una parola e una presenza di aiuto di giustizia e solidarietà.

In questo momento difficile e complesso che stiamo vivendo e soffrendo, dovuto alla crisi economica mondiale, resa ancor più grave dalla diffusa pandemia, non ancora superata, sono emerse gravi situazioni di disagio che devono essere prese in seria considerazione perché evidenziano una mancata presa di responsabilità a livello personale e comunitario. Non si possono chiudere occhi e cuore di fronte alle diseguaglianze, alle estreme povertà che vengono quotidianamente presentate dai media. Anche noi ne siamo responsabili. Ci sono muri e barriere davanti a noi: alcuni muri sono visibili e altri lo sono meno. Ci sono muri di cemento e filo spinato che segnano i confini di Stato ma che impediscono lo spostamento di intere popolazioni, e ci sono quelli dell’egoismo, della diplomazia che riempiono la bocca di parole e che invocano il dovere della solidarietà ma che poi scaricano il problema agli altri. Ci sono muri dell’indifferenza, del razzismo che fanno sentire gli stranieri fuori posto, cioè nel posto sbagliato, corpi estranei che vanno rigettati; ci sono le barriere dei pregiudizi che definiscono gli immigrati come coloro che rubano, violentano, spacciano, sono terroristi e portano malattie! Ci sono i muri della burocrazia che pongono limitazioni a volte assurde, anche solo in riferimento al diritto di cittadinanza che sembra più un premio che un diritto da acquisire e a volte da conquistare e meritare a caro prezzo. Ma ci sono ancora muri invisibili, quelli che propongono di dimenticare e negare i fatti della storia, quelli di conquista impregnati di razzismo. Allora si è occupato e depredato un territorio altrui e sottomesso popolazioni e nazioni. Alcuni territori in seguito si sono ritrovati inaspettatamente ricchi per giacimenti e bellezze naturali, ma altre popolazioni si sono ritrovate alle nostre porte quasi con un percorso inverso dei conquistatori presentandosi alle frontiere per ottenere e quasi esigere un risarcimento in dignità, libertà e vita. Sono muri ‘particolari’ che non si vedono e non sono facilmente definibili perché non si toccano. Solo gli immigrati e i profughi possono intuire il valore della loro richiesta con diritti e valori negati che gridano un minimo di giustizia, reclamano la comprensione del messaggio di Cristo; questi non si possono ignorare. L’atteggiamento di chi vive la fede cristiana è di accoglienza attraverso la riapertura delle frontiere abbattendo tutti i muri con tutte le difficoltà che ne derivano, ma è necessario aprire gli occhi e abbattere anche queste inutili barriere e in fretta. Questa la grande missione della Chiesa.