CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Michelangelo Garove: un grande chierese (che i Chieresi quasi ignorano…)

 

Grande architetto, nato nel 1648: realizzò, tra l’altro, il coro dell’Annunziata

di Antonio Mignozzetti

 

Questa “sorpresa” è diversa dalle precedenti: primo perché per una volta usciamo dal Duomo e guardiamo in altre direzioni; secondo perché questa volta la “sorpresa” consiste in qualcosa che sorprende perché non c’è. Riguarda il grande architetto Michelangelo Garove (o Garui). Sorprende il fatto che ai Chieresi egli non sembri interessare molto. Primo perché si tratta di un chierese: la sua famiglia proveniva da Campione d’Italia, ma risiedeva a Chieri, dove Michelangelo nacque il 29 settembre 1648. Secondo, perché fu un grande ingegnere e architetto, sia militare che civile.

Come architetto militare partecipò alle fortificazioni di Villanova, Carmagnola, Chivasso, Fossano, Cherasco, Carrù, Mondovì, Saluzzo, Moncalieri, Carignano, Villafranca, Pancalieri,  Pinerolo, Cuneo, Demonte,Vercelli e Ivrea. In quest’ultima città collaborò con Antonio Bertola. Come ingegnere e architetto civile, fra l’altro realizzò: a Mondovì  il grande Collegio dei Gesuiti; a Cuneo la cappella del Beato Angelo nella chiesa della Madonna degli Angeli;  a Torino il palazzo Asinari di San Marzano, l’altar maggiore della chiesa di San Filippo Neri, parte del convento di Sant’Antonio Abate in via Po, il nuovo edificio dell’Università e  intervenne anche nei castelli di Venaria e Rivoli: un complesso di opere che gli valse il titolo di “ ingegnere di Emanuele Filiberto, principe di Carignano”.

Chieri stessa annovera almeno tre opere di un certo rilievo di questo suo cittadino. La prima in ordine di tempo (1684) e di importanza è l’ala ovest del Complesso Sant’Antonio dei Gesuiti, comprendente il grandioso refettorio, il monumentale scalone (fig. 1) e la biblioteca. Ad essa seguì, nel 1691, la trasformazione della chiesa di San Guglielmo. Una trasformazione che avrebbe dovuto essere totale ma che per scarsità di mezzi fu limitata all’aggiunta di un corpo a due piani sul davanti della chiesa (fig. 2): un parallelepipedo che al pianterreno era chiuso verso l’interno della chiesa e aperto con un portico a tre fornici sull’odierna piazza Mazzini, mentre il piano superiore, che ospitava il coro per i Confratelli dello Spirito Santo, era chiuso verso la piazza e aperto a mo’ di balcone sull’interno della chiesa (sistemazione, questa, che oggi possiamo solo immaginare, perché nel 1845 cambiò tutto: la chiesa ricevette una nuova facciata, con la chiusura del portico e la sua apertura verso l’interno con il risultato di ampliare la chiesa).

Anche il santuario dell’Annunziata era nato senza coro. Che però diventò necessario a partire dal 1678,  quando in esso si insediò la Confraternita della Misericordia (o di San Giovanni Decollato). In un primo tempo, per recitare l’Ufficio Divino, i Confratelli si servirono di  un coro posticcio di legno, collocato in fondo alla chiesa e raggiungibile con una scala, essa pure di legno,  interna alla chiesa. Ma nel 1698 decisero di costruirne uno più ampio, insieme ad una più comoda sacrestia. Fu quasi inevitabile affidarne la progettazione a Michelangelo Garove, che aveva appena risolto lo stesso problema nella chiesa di San Guglielmo. L’architetto ricorse allo stesso sistema: aggiunse alla chiesa un nuovo corpo (questa volta non sulla facciata ma dietro il presbiterio) (fig. 3), nel quale al pianterreno sistemò la sacrestia e al piano superiore il coro, che si apre al di sopra del presbiterio e della navata del santuario. Del nuovo blocco fa parte anche il piccolo campanile triangolare. Nel coro fu eretto un altare di legno dedicato a San Giovanni Battista decollato, ai cui lati furono sistemati i seggi per i Confratelli (scomparsi durante il periodo napoleonico) .  Al coro si poteva accedere in due modi: o per mezzo di una scala di legno sistemata in un piccolo locale attiguo, o dall’alloggio del cappellano.

Pensiamo che ci sia materia più che sufficiente per apprezzare maggiormente, e magari dedicare una via della città a Michelangelo Garove , o “ai Garove”, visto che anche il padre di Michelangelo, Francesco, ha legato il suo nome di costruttore al Complesso Sant’Antonio dei Gesuiti, alla cappella del Corpus Domini del Duomo e al portale del santuario dell’Annunziata.