CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Chieri. “Altro che chiudere, San Domenico si prepara al futuro…”

“I chieresi possono stare tranquilli. San Domenico non solamente non chiuderà, ma presto faremo altre importanti cose per Chieri e il Chierese”. Padre Pio Marcato, vicario a San Domenico dopo la partenza per Bergamo del priore Fra Angelo Preda, smentisce le notizie di stampa locale sui rischi di chiusura del convento e rilancia. “A parte il fatto che dal punto di vista dei diritti e degli obblighi ‘convento’ e ‘domus’ si equivalgono – dice – il capitolo provinciale per favorire il dialogo sul territorio torinese ha preferito ‘ridurre’ il convento a ‘domus’. Ma questo non significa ‘chiudere’, si tratta di un discorso fuorviante. Ci sono padri domenicani che lasciano Chieri e altri in arrivo, compreso un nuovo superiore e un giovane confratello. E c’è una commissione al lavoro per riorganizzare al meglio le due realtà del territorio torinese, la parrocchia torinese di Santa Maria delle Rose e il convento di San Domenico a Chieri. Qui stiamo studiando come potenziare e caratterizzare la nostra presenza sul territorio dal punto di vista teologico e pastorale, dialogando con con il clero dell’Unità pastorale, parroci e religiosi e con i fedeli che fedelmente ci frequentano..”. Quanto poi agli spazi che un ipotizzato ridimensionamento della presenza a Chieri dei Domenicani si renderebbero disponibili per altri scopi, Padre Pio ha buona memoria: “Quando ero priore a San Domenico negli Anni Novanta, ricevemmo più volte sollecitazioni dall’ente pubblico per mettere a disposizione spazi interni ed esterni a chiesa e convento. Più volte hanno ipotizzato la creazione di un parcheggio dove c’è il nostro orto. Chiarii a suo tempo e ribadisco oggi: non è possibile nulla di tutto questo. Quand’anche fossimo d’accordo a cedere quelle aree (e ribadisco che non lo siamo affatto), si tratta di una zona di grande valore archeologico, con le vasche per la concia delle pelli e la tintura della lana risalenti al Duecento e un imponente muro del Seicento. La Soprintendenza si metterebbe di traverso…”