CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Margherita, quella finestra su Chieri

L’archivio della Confraternita e la storia che riaffiora…

di Roberto Toffanello

Non so dove vanno le persone quando scompaiono, ma so dove restano.

(da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupéry)

Vi sono luoghi che vedi per la prima volta, ti affascinano e te li ricordi per sempre; ti rimangono dentro come luoghi cari. San Secondo di Cortazzone è per me uno di questi luoghi. Una chiesa romanica posta su un’altura verdeggiante. Ci sono stato la prima volta con Margherita Ronco, Marghe per gli amici, un venerdì pomeriggio dell’estate 1989. Era il 7 luglio. Mi chiese di accompagnarla perché stava raccogliendo materiale per uno studio sulle chiese romaniche; passammo poi alla chiesa di San Martino di Montafia e a quella di San Giorgio di Andezeno, entrambe chiese cimiteriali. Da quel giorno abbiamo avuto tante occasioni per parlare del passato, della Storia, delle antiche tradizioni da preservare, di opere d’arte da salvaguardare. Negli anni precedenti avevamo condiviso il teatro, l’animazione liturgica in parrocchia e ancor prima l’esperienza nel G.C.A. (Gruppo Coordinamento Animatori) con, fra le tante iniziative di questo gruppo che univa per la prima volta animatori di tutte le parrocchie e oratori chieresi, il Presepio vivente. Ma quel venerdì pomeriggio fu l’inizio di qualcosa di nuovo: accostarsi ai luoghi secolari, preservare la Memoria, quella della propria famiglia e poi quella del luogo in cui vivevamo. Preservare e coltivare, cioè prendersi cura e orgogliosamente far conoscere la Storia di questo nostro territorio. Marghe aveva chiara l’importanza di mantenere viva innanzitutto la Memoria della propria famiglia. Ne è prova la sua stessa casa ristrutturata con attenzione, quella casa posta accanto a una delle antiche porte della città, quella di Albussano, con parte della cinta muraria a delimitare la proprietà. E in quella casa un posto d’onore per le foto di famiglia, che raccontavano una Storia particolare: quella degli ortolani. E poi attenzione e cura per gli oggetti e gli attrezzi andati in disuso. Tra l’altro suo papà Carlo aveva cura di un “frutteto storico” con particolari tipi di mele e pere, di cui si era persa la memoria e il gusto. Qui la Storia si incrociava con la natura: erano “frutti di un passato” che ho avuto il piacere di vedere e conoscere dalla voce di Carlo il 25 aprile del 1988. Ricordo poi Marghe alcuni sabati mattina passati presso l’Archivio del Duomo per ricostruire l’albero genealogico della famiglia Ronco e cercare di capire se apparteneva al suo ramo familiare quella Ronco andata in sposa forse a un antenato di don Bosco. Tutte queste attenzioni per la “propria” Storia sono le basi di partenza per poi alzare lo sguardo e sentire la responsabilità di coltivare anche la Memoria della città da cui provieni e in cui vivi. Marghe questo ce l’aveva chiaro! Curate le Memorie familiari, si dedicò alla Storia patrimonio di tutti, alle tradizioni, ai luoghi, ai detti popolari e al dialetto locale. Si vestì di un ruolo importante, pur senza voler apparire. Aveva ben chiaro, e lo dichiarava, che il nostro patrimonio storico-artistico appartiene a tutti e quindi non lo si poteva trascurare o peggio utilizzare per scopi personali. Marghe è stata una mecenate. Mecenate è chi finanzia restauri, protegge l’arte, ci mette del suo insomma per accudire e tramandare il bello. Negli ultimi anni si impegnava a raccogliere ciò che poteva appartenere alla città. Fu così che accolse da subito la proposta di far parte di una cordata di chieresi per l’acquisto da un gallerista romano, specializzato in pittura dell’Ottocento, di alcune opere di Alberto Maso Gilli. Non solo. Per conto suo si propose di acquistare delle acqueforti dello stesso artista presso un collezionista francese, per donarle alla

comunità chierese. Queste opere sono ora esposte in una sala dedicata al Gilli nell’ex

convento di San Filippo. Mentre partecipava attivamente con il Lyons al finanziamento del restauro del dipinto “L’Annunciazione”, appartenente alla pinacoteca dell’Ospedale, si impegnava

nell’acquisto di alcuni importanti disegni di Clemente Rovere con scorci antichi della nostra Chieri. La ricerca di stampe, testi, monete e altre Memorie era un impegno costante, e del tutto personale, per contribuire a incrementare le collezioni della città. Dal 2015 Marghe faceva parte della Confraternita dello Spirito Santo, che ha sede nella chiesa di San Guglielmo. Far parte di questa antichissima Confraternita ha significato per lei far proseguire una Storia, impedirne l’estinzione, prendersi cura del suo patrimonio storico-artistico, chiedere di sanare le molteplici ferite inferte ai suoi tesori, conservare le Memorie. E ancora: promuovere iniziative che catalizzassero l’attenzione

per questo sacro edificio per farlo conoscere, aprirlo più spesso per visite, concerti e altre proposte storico-culturali e restituirlo alla città come luogo di preghiera. Di tutti questi progetti mi parlava quando ci recavamo al sabato mattina nella stanza dell’archivio della Confraternita. Appena ne fece parte infatti mi chiese di aiutare la Confraternita a mettere in ordine i paramenti, gli oggetti e le antiche carte conservate nell’archivio. Fu così che, quando potevamo, ci incontravamo al sabato mattina, inizialmente per osservare e conoscere; tante volte ci stupivamo nel vedere alcuni tesori

dimenticati tra tanta, ma proprio tanta polvere. E le carte e le pergamene ci raccontavano una Storia antica. Tornavano alla mente le parole di Papa Paolo VI: L’Archivio conserva echi e vestigia del passaggio del Signore nella Storia. E così è anche per le carte di questa Confraternita. Dopo aver preso visione del lavoro da fare ci si mise a ripulire. Marghe con estrema concretezza acquistò un’aspirapolvere e il sabato successivo una prolunga elettrica. Ecco! Qui sta il gesto concreto per la cura e la salvaguardia del nostro patrimonio storico-artistico: progetti, conferenze, pubblicazioni, ma anche di estrema concretezza necessita, in alcuni casi, il patrimonio artistico di Chieri.

Ci facemmo largo tra scatole, mobili e ingombranti oggetti fuori posto e riuscimmo a raggiungere la grande finestra; lo scopo era di aprirla per arieggiare l’ambiente e gli armadi. L’aprimmo e rimanemmo sorpresi: quella finestra dava sui tetti del centro storico, si intravedeva il profilo dell’Arco e la sua campana e lontano sullo sfondo il Monviso. Al di sotto operai lavoravano alla nuova pavimentazione di Piazza Mazzini e si intravedevano qua e là le pietre arrotondate e lisce, ora bianche ora scure, sbucare dal sottosuolo: era l’antico acciottolato che tornava alla luce e spariva di nuovo. Quella finestra su Chieri ci lasciò senza fiato per un momento, poi Marghe passò a fotografare col cellulare quello scorcio inedito per condividerlo, mi disse entusiasta, su facebook

con altri amici appassionati di Chieri. I nostri sabati di lavoro in tutto furono diciannove. Iniziavamo presto, ma mai puntuali (mitici erano i ritardi di Marghe!) e terminavano verso le 12.30. Tornavamo a casa impolverati, ma sempre soddisfatti. Si riordinavano paramenti e suppellettili, si

progettavano per alcuni il restauro o almeno una corretta pulitura, alcuni oggetti trovavano ricovero in nuove scatole; grazie all’aiuto di un’amica vennero confezionate grandi custodie in tessuto per proteggere dalla polvere splendidi paliotti d’altare. L’ultimo sabato che ci incontrammo fu l’11 novembre 2017. Trovammo alcuni arredi di grandi dimensioni collocati sopra la porta d’ingresso della chiesa, dentro uno spazio chiuso da sportelli. Stavamo andando a casa, ma ci parve di ricordare che di quegli arredi si facesse memoria in un foglio di pagamenti, ritrovato tra le carte ancora da ordinare dell’archivio. Uscimmo molto infreddoliti, l’archivio è privo di riscaldamento, e decidemmo di sospendere i nostri lavori durante i mesi più freddi e di riprenderli nella bella stagione. Ma per Marghe la bella stagione non arrivò. E così, a volte mi pare, anche per il nostro patrimonio storico-artistico.

P.S. Un sabato uscendo da San Guglielmo mi fece vedere quel passaggio che aperto e curato potrebbe unire Via della Pace a Piazza Mazzini, lì cresceva un nespolo (pianta antica ci dicevamo e molto conosciuta a Chieri, tanto da essere scolpita ben due volte nei dossali del Coro quattrocentesco del nostro Duomo). Quel passaggio le potrebbe essere dedicato. A lei che della Storia era appassionata. A lei che si emozionò a spalancare quella finestra sulla sua Chieri.