PIEMONTE ARTE: QUINTETTO D’ARTE, CAMERA, TIME CAPSULE, PREMIO LATTES, FORTE DI GAVI…

coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

“QUINTETTO D’ARTE”, MOSTRE ONLINE SETTIMANALI

In questo difficile periodo dovuto alla pandemia in corso che ha messo in quarantena anche le attività  culturali e tra queste le mostre d’arte, Giorgio Di Genova, critico e storico dell’arte, con la collaborazione di Carla Guidi, ha avviato già da più di un mese una serie di mostre online settimanali dal titolo:

QUINTETTO D’ARTE

Cinque artisti per volta, di differente linguaggio, stile e tecnica sono scelti e proposti e opportunamente accomunati, in modo da evidenziare la realtà dell’arte contemporanea e per continuare a dare adeguata visibilità ad alcuni degli odierni protagonisti.

Il quintetto N°5 è formato da

VITTORIO GUARNIERI   GIANLUCA MURASECCHI   FRANCO PALETTA

PAOLO VITERBINI   PIERGIORGIO ZANGARA

L’attuale mostra è presente dal 4 al 10 maggio 2020

sul sito internet www.quintettidarte.it e sullo stesso sito è anche possibile visitare le mostre precedenti e quelle future.

 

CAMERA: FOTO-TALK, A CASA DELL’ARTISTA

con Jacopo Benassi

Giovedì 7 maggio alle ore 18.30 sul canale Instagram di CAMERA – @cameratorino – è in programma il quinto appuntamento con le dirette della rubrica FOTO-TALK, A CASA DELL’ARTISTA. Sarà il fotografo ligure Jacopo Benassi ad essere l’ospite della diretta e verrà intervistato dal curatore di CAMERA Giangavino Pazzola.  Già in mostra negli spazi della fondazione a luglio scorso con il progetto Crack, curato da Walter Guadagnini, Benassi torna virtualmente a CAMERA per raccontare l’evoluzione della sua ricerca artistica e i recenti lavori realizzati durante il periodo di lockdown. Nello specifico, la conversazione riguarderà la nuova serie di immagini Brutal casual (2020), il foto-book Light on my way (2020) e la video performance Wendy (2020), progetti che affrontano in maniera multidisciplinare – come da cifra stilistica di Benassi – i temi caratteristici del suo lavoro: la percezione del corpo e la relazione tra individuo e ambiente. Le fotografie realizzate in bianco e nero, e caratterizzate dalla forza della luce dei flash, documentano un atlante di immagini del quotidiano che unisce fotografia, suono e performance. In questo modo Benassi mostra la extra-ordinarietà di questi giorni: autoritratti, ritratti e still life di oggetti in ambienti quotidiani e personali. Un discorso in parte diverso va fatto per il foto-book Light on my way (2020), autoprodotto dall’artista in questo periodo a partire dal racconto dei funerali di due personaggi tanto celebri quanto diversi: Papa Giovanni Paolo II ed Elvis Presley. Attraverso la selezione di immagini di archivio dell’autore, alle quali vengono affiancati dei testi di cronaca, Benassi ricostruisce un racconto che, a partire dal rapporto tra spiritualità e rock, parla tanto di religiosità quanto di ambiguità dell’immagine fotografica. La diretta Instagram, infine, sarà anche un momento per inquadrare al meglio l’intera produzione artistica dell’autore spezzino, partendo dall’attivismo in ambito artistico e musicale per arrivare a parlare dei riferimenti e delle influenze culturali che si riflettono nella sua opera.  Le dirette si inseriscono nel programma delle attività di #CAMERAonair – il palinsesto di rubriche online di e sulla fotografia “made in CAMERA” – che, giorno dopo giorno, incrementano lo spazio virtuale di racconto e condivisione sui canali social della Fondazione con video, immagini, storie e curiosità. A seguito dell’ottimo successo di follower di aprile, si prolunga per il mese di maggio il programma dei FOTO-TALK, A CASA DELL’ARTISTA. Si alterneranno, così, “al microfono” di Instagram, insieme al curatore di CAMERA Giangavino Pazzola e alla curatrice e registrar Monica Poggi, i fotografi Nicola Lo Calzo (14 maggio), Tomaso Clavarino (21 maggio) e Linda Fregni Nagler (28 maggio).

 

FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO: TIME CAPSULE #2

Press Play. L’arte e i mezzi d’informazione

a cura di Irene Calderoni

2 febbraio – 13 maggio 2012

Febbraio 2012. Ci troviamo in un’ampia sala della Fondazione, dove siamo accolti dalle prime pagine di 151 quotidiani da tutto il mondo, datati 12 settembre 2001. Le immagini dell’attacco alle Torri Gemelle di New York, presentate nell’installazione a parete 9/12 Frontpage (2001) di Hans-Peter Feldmann, documentano come i giornali di tutte le nazioni abbiano riportato la notizia all’indomani dell’attentato, enfatizzandone l’iconicità. L’opera ci forza a considerare la nostra relazione ambigua con queste immagini: consumatori di uno spettacolo violento e terrificante, non riusciamo a distogliere lo sguardo. La mostra “Press Play. L’arte e i mezzi d’informazione” ha affrontato il tema del regime mediatico che caratterizza la nostra società, in cui la velocità della comunicazione, il flusso costante di informazione in diretta e la saturazione di immagini concorrono a plasmare la realtà: un orizzonte in cui anche la notizia diventa prodotto di consumo e la catastrofe garanzia di successo. Il tema dell’informazione come unico rapporto che intratteniamo con la realtà esterna è oggi molto stringente, soprattutto se consideriamo quanto questa possa essere direzionata, resa parziale o univoca. Questo regime mediatico di “verità” comunica l’andamento dell’attuale emergenza sanitaria ricorrendo alla narrazione bellica e all’immagine del “nemico invisibile”, alternata alle statistiche elaborate sotto forma di centinaia di dati e grafici, prodotti dalle diverse politiche nazionali per restituire una quantificazione visibile, eppure inevitabilmente parziale, dell’epidemia in corso. A partire dall’invito che Feldmann estende allo spettatore di rinegoziare il proprio ruolo passivo di voyeur del disastro spettacolarizzato, “Press Play” ha presentato le ricerche di altri 15 artisti, che adottano nel loro lavoro strategie proprie dei media per svelare, falsificare e risignificare le dinamiche di potere sottese al produzione di realtà. Ingrowth (2009) di Thomas Hirschhorn è una vetrina che ospita manichini perturbanti, feriti e mutilati, insieme a fotografie di violenza e di corpi sfigurati scattate da fotoreporter di guerra. L’installazione include ciò che normalmente non viene pubblicato, perché ritenuto materiale inadatto al largo pubblico, interrogandoci su quella porzione di storia che non è registrata, per convenzionalità legate al pudore o per politica dell’immagine. Il video Handsworth Songs (1986) di Black Audio Film Collective, con regia di John Akomfrah, si situa al confine tra reportage giornalistico e film sperimentale. Racconta gli esiti delle rivolte della comunità nera di Birmingham del 1985, utilizzando differenti fonti e temporalità non lineari. Attraverso la sovrapposizione di cronaca televisiva, materiali storici d’archivio e testimonianze dirette dei protagonisti dei disordini, Handsworth Songs decostruisce la rappresentazione univoca e stereotipata dei mezzi ufficiali, restituendo una ricostruzione contestuale e stratificata della complessità dei fatti.

Artiste/i: Bani Abidi, Black Audio Film Collective, Thomas Demand, Sebastian Diaz Morales, Hans-Peter Feldmann, Alessandro Gagliardo, Thomas Hirschhorn, Pierre Huyghe, Jon Kessler, Steve McQueen, Alessandro Quaranta, Katya Sander, Doron Solomons, Thomas Struth, Fiona Tan, Artur Zmjiewski.

 

GIORGIO FONTANA, DANIEL KEHLMANN (GERMANIA), ESHKOL NEVO (ISRAELE), VALERIA PARRELLA E ELIF SHAFAK (TURCHIA) SONO I FINALISTI DEL PREMIO LATTES GRINZANE 2020

Il Premio Speciale Lattes Grinzane va alla Protezione Civile

Giorgio Fontana con Prima di noi (Sellerio), Daniel Kehlmann (Germania) con Il re, il cuoco e il buffone (traduzione di Monica Pesetti; Feltrinelli), Eshkol Nevo (Israele) con L’ultima intervista (traduzione di Raffaella Scardi; Neri Pozza), Valeria Parrella con Almarina (Einaudi) ed Elif Shafak (Turchia) con I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo (traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani; Rizzoli) sono i finalisti del Premio Lattes Grinzane 2020, riconoscimento internazionale giunto alla decima edizione, che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. Il Premio Speciale Lattes Grinzane, da sempre dedicato un’autrice o un autore internazionale che nel corso del tempo abbia riscosso condivisi apprezzamenti di critica e di pubblico, in questo anno drammatico che vede il pianeta duramente colpito dalla diffusione del contagio da Covid-19, viene riconosciuto alla Protezione Civile italiana. La somma di 10.000 euro, di consueto destinata a una scrittrice o a uno scrittore internazionale (come Haruki Murakami nel 2019, Ian McEwan nel 2017, Amos Oz nel 2016, Javier Marías nel 2015), sarà devoluta all’ente impegnato nell’emergenza sanitaria Covid-19.

I cinque romanzi finalisti sono stati scelti dalla Giuria Tecnica: il presidente Gian Luigi Beccaria (linguista, critico letterario e saggista), Valter Boggione (docente), Vittorio Coletti (linguista e consigliere dell’Accademia della Crusca), Giulio Ferroni (critico letterario e studioso della letteratura italiana), Loredana Lipperini (scrittrice, giornalista, conduttrice radiofonica), Bruno Luverà (giornalista), Alessandro Mari (scrittore ed editor), Romano Montroni (presidente del Centro per il libro e la lettura), Laura Pariani (scrittrice), Lara Ricci (giornalista culturale) e Bruno Ventavoli (giornalista, critico letterario). Le giornate dedicate agli scrittori e alla loro premiazione sono previste per venerdì 9 e sabato 10 ottobre 2020 nelle Langhe.

 

LIBRI: UN NUOVO ROMANZO DI PIERO FLECCHIA

Torinese, scrittore, profondo osservatore del tessuto sociale e politico, Piero Flecchia ha pubblicato il romanzo «Formiche rosse», Cronachetta risorgimentale, con le edizioni Write Up Site, aprile 2020. Autore di racconti, fiabe come «Un mantello per Esmeraldo» (edizioni Araba Fenice, con illustrazioni di Carlo Sismonda), e di saggi per i convegni dell’Associazione culturale umanistica «All’ombra del Monviso», presieduta da Mario Abrate, Flecchia affida alle 240 pagine del libro il clima di una cronaca risorgimentale che si sviluppa secondo una meditata visione degli avvenimenti, degli amori, degli incontri legati, in particolare, alle figure di Camillo Benso conte di Cavour e Massimo Taparelli marchese d’Azeglio. Il codice linguistico della sua comunicazione letteraria «conserva tracce della lingua nella quale parlavano e pensavano i protagonisti di questa Cronachetta; che narra l’ambito decisivo nel quale si determinò la vicenda storica dell’unità politica della penisola geografica Italia nell’Ottocento». Una lingua che a quel tempo era il torinese di corte dei Savoia, ora «del tutto scomparso, ma la sua grande vitalità ha lasciato una traccia nella presente lingua italiana per l’opera letteraria di Cesare Pavese, soprattutto nel romanzo «Il Compagno», del Mario Soldati di «Le due Città», e nel Beppe Fenoglio de «La Malora»». Vi è, quindi, nel testo di Flecchia, formatosi sugli scritti del filosofo Piero Martinetti, un alternarsi di situazioni e riflessioni, di riferimenti storici e di termini come «barba», «ciau», «masnà», «mi sun» e «cerea», che creano un immediato rapporto fra quotidianità e ambienti aristocratici, botteghe artigiane e negozi, personaggi quali don Vigilando e la vezzosa, graziosa e «lesta figurina» di Carlutin. In questa dimensione, il romanzo offre, pagina dopo pagina, uno spaccato della vita e del costume, dei moti risorgimentali e delle singole esperienze: «Servendo nel corpo del genio – scrive il conte Camillo Benso dal Forte di Bard al padre Michele – tutto quanto potevo professionalmente apprendere sulla progettazione di ponti strade fortificazioni, credo d’averlo appreso». E non potevano mancare nelle cucine di casa Cavour: i «golosi piselli da Casalborgone e asparagi e ancora asparagi da Santena». E le relazioni sociali, la proprietà dei Benso a Santena, i viaggi del cadetto Azeglio pittore di paesaggi, emergono dalla trama del romanzo con Adele di Cavour nata Lascaris di Ventimiglia, re Carlo Alberto, Angelo Brofferio e Giuseppe Mazzini, le sorelle di Camillo, Nina e le altre figure femminili puntualmente tratteggiate. E il dialogo con il tempo e la storia si chiude con chiari riferimenti alla situazione attuale contrassegnata, sottolinea Flecchia, dalla ingerenze politiche, dal grande capitalismo e dalla delinquenza organizzata.

                                             Angelo Mistrangelo

 

PAOLA DE’CAVERO «UNA STORIA A PUNTA DI PENNA»

«Attraverso simboli e sintesi di spazi», si misura il dialogo dell’artista con l’opera, in una sorta di racconto che emerge dal libro «Il costume. Una storia a punta di penna», che racchiude una serie di preziosi disegni di Paola de’Cavero, pubblicato da 5 Continents Editions, con prefazione di Paola Gribaudo (128 pagine, 12 euro). Realizzato con la collaborazione dell’Accademia Albertina di Belle Arti, il pregevole volumetto costituisce un documento dell’esperienza artistica di Paola de’Cavero che, ancora studentessa, ha realizzato questi preziosi e storici fogli di grafica: «i due album videro luce tra il 1966 e il 1967 e li presentai tra le mie ricerche di tesi per l’ultimo anno di studi accademici…». E dopo la formazione, è stata docente di ruolo all’Accademia Albertina per il corso di Costume dello Spettacolo, legando didattica, intensi collages, attività espositiva e, in particolare, «aggrega – ha scritto Luciano Caramel per la personale al Teatro dell’Opera di Roma del 1978 – le sue immagini secondo una trama che non ricalca né quella dei testi né quella delle possibili messe in scena», perché, direi, sono lavori che esprimono una ben precisa tensione cromatica e compositiva, musicale e poetica. E sfogliando le pagine del libro, si coglie «l’essenza più originale e luminosa della sua personalità d’artista», il profondo amore per un’indagine e una ricerca scandite da un segno immediato, disinvolto e, contemporaneamente, puntuale nel fissare un gesto, un’espressione o un raffinato abito degli anni ‘50: «mi hanno colpito – sottolinea la presidente Paola Gribaudo – il segno elegante a china, la precisione della raffigurazione, le acconciature, i cappellini, gli accessori, una passerella di personaggi senza volti…». Personaggi che appartengono alla storia e all’evoluzione del costume, al corpus di opere donato dall’artista all’Accademia (di cui è Accademico d’Onore), che è stato esposto nella mostra «Arte come Teatro» nelle sale della Pinacoteca Albertina (2019/2020).

Un libro, una storia, una testimonianza del continuo ed ineausto impegno creativo di Paola de’Cavero .

Angelo Mistrangelo 

 

IL FORTE DI GAVI E’ PRONTO A RIPARTIRE

Il Forte di Gavi è pronto a ripartire. Compatibilmente con le esigenze di sicurezza, la Direzione del Polo Museale del Piemonte – Direzione Regionale Musei e quella dl Forte di Gavi si preparano a riavviare il programma di attività di valorizzazione già previsto e a rimodularne l’offerta, che verrà presto adeguatamente pubblicizzata. E’ infatti giunto a conclusione il delicato intervento di consolidamento, restauro e messa in sicurezza del tetto della manica lunga del Basso Forte e pertanto il percorso di visita verrà a breve riproposto al pubblico nella sua integrità. Per l’anno 2020, il Direttore del Forte Annamaria Aimone ha predisposto un ricco calendario che, tra i tanti appuntamenti, include un ciclo di esposizioni artistiche, in collaborazione con l’Associazione Amici dell’Arte di Serravalle Scrivia, una rassegna di spettacoli organizzata assieme all’Associazione Teatrale I Mancini del Quarto, e una serie di conferenze con la Sezione regionale piemontese della Società Italiana Protezione Beni Culturali (SIPBC). Sono poi molto ambiziosi i progetti per il futuro, e per realizzare nel migliore dei modi l’intervento di miglioramento dell’accessibilità al Forte, già finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con € 3. 912.000, si è deciso di procedere alla progettazione e alle fasi delicate e complesse dell’appalto con la preziosa collaborazione del Provveditorato Opere Pubbliche, con cui i contatti sono già stati avviati.