PIEMONTE ARTE: CHIERI SCULTURA, BOLDINI E DE NITTIS, NOELLI, PISTOLETTO, CANFARI, OLOWSKA, SICCHIERO, IL CARMAGNOLA…

Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

 

CHIERI UNA CITTA’ PER RACCONTARE LA SCULTURA

Con la mostra “La materia parla. Sculture d’autore in dialogo con la città”, curata da Monica Trigona, si coglie in cinque prestigiosi spazi espositivi di Chieri il clima e gli aspetti della scultura italiana tra Novecento e nuovo Millennio.

Un appuntamento che sino al 7 gennaio 2024 coinvolge i cittadini, e non solo, in un suggestivo viaggio attraverso i capitoli di una narrazione che esprime le contaminazioni tra architetture classiche, materia e le attuali declinazioni artistiche. E nella città ricca di ricerche e testimonianze legate alla “Fiber Art”, le sculture realizzate da 18 autori “occupano” il territorio creando un singolare percorso che si snoda dalla Cappella dell’Oratorio di San Filippo Neri, riaperta al pubblico dopo un significativo restauro conservativo, al sagrato della Chiesa di San Filippo e della Chiesa di San Bernardino, alla Cappella dell’Ospizio di Carità (Giovanni XXIII), sino all’accogliente struttura dell’ex opificio dell’Imbiancheria del Vajro.

Prende, così, forma un itinerario che racchiude la scultura in bronzo, dalle cadenze informali, degli anni Sessanta di Mastroianni, collocata nel giardino dell’Imbiancheria del Vajro, e un Presepio, con due figure stilizzate, in bronzo della seconda metà degli anni Cinquanta di Maria Lai, allieva di Arturo Martini.

E tappa dopo tappa, l’articolato discorso progettuale di Monica Trigona propone momenti di un dialogo con l’ambiente che fluisce dagli anni Ottanta del secolo scorso al linguaggio contemporaneo della scultura tessile di juta riciclata della svedese Diana Orving, un omaggio all’esperienza della Lai, per poi raggiungere l’originalità delle sculture in bronzo “Lobby Star” e “Faccia di bronzo” di Mondino, le ricerche estetiche e sensoriali di Piero Fogliati e la “Sottiletta” del milanese Umberto Cavenago, che trasforma la lamiera, il marmo e il ferro in forme leggere e mobili. Il percorso richiama l’attenzione dei visitatori con i gessi di Giacinto Cerone, il carretto-giocattolo di Silvano Tessarollo e il valore simbolico del modellino di sommergibile inglobato dentro una bottiglia di Antonio Riello.

Si avverte in questa selezione di opere una misura espressiva che unisce gli arabeschi di Carlo Pasini agli “Incidenti planetari” di Marco Mazzucconi, la materia innovativa di Stefano Bonzano alle immagini plastiche in resina di Domenico Borrelli, l’intensità e l’imponente presenza scenica dei lavori di Paolo Grassino all’installazione ambientale di Theo Gallino. In una sorta di visione complessiva che mette in evidenza i contenuti e le soluzioni tecniche di Gabriele Garbolino Rù, il portale in acciaio inox di Salvatore Astore e il gruppo scultoreo, con elementi in acciaio, di Carlo D’Oria.

All’Imbiancheria del Vajro, in via Imbiancheria 12, si tiene venerdì 24 novembre, alle 18, la tavola rotonda “L’evoluzione della materia” con interventi di Monica Trigona, Roberto Mastroianni e alcuni degli artisti che espongono a “La materia parla”, e presentazione del catalogo della Società Editrice Allemandi (orario:venerdì-domenica 15-18, con ingresso gratuito. Le opere sul sagrato della Chiesa di San Bernardino e della Chiesa di San Filippo sono sempre visibili. www.comune.chieri.to.it)

 

                                            Angelo Mistrangelo

 

NOVARA. BOLDINI, DE NITTIS ET LES ITALIENS DE PARIS

Orario 10.00 – 19.00. lunedì chiuso

Aperture straordinarie: venerdì 8 e martedì 26 dicembre, lunedì 1, sabato 6 e lunedì 22 gennaio, lunedì 1 aprile. Chiuso: domenica 24, lunedì 25 e domenica 31 dicembre

 

BOLDINI, DE NITTIS ET LES ITALIENS DE PARIS

Grande mostra al Castello Visconteo-Sforzesco di Novara

Lo scorso 3 novembre ’23 è stata inaugurata a Novara, presso il Castello visconteo-sforzesco di piazza Martiri della Libertà, la grande mostra “Boldini, De Nittis et les Italiens de Paris”. L’inaugurazione, così come la precedente conferenza stampa (nella foto il tavolo dei relatori nella sala affollata), ha registrato grande consenso, attraverso una importante presenza di partecipanti.

La rassegna è stata organizzata da METS Percorsi d’Arte, che ha voluto dedicare l’esposizione ai celebri artisti italiani al lavoro nella Parigi di fine ‘800 e inizio ‘900, conosciuti internazionalmente come “Les Italiens de Paris”. Nel percorso di otto sezioni (nove sale) si ammirano opere anzitutto del ferrarese Giovanni Boldini (1842-1931) e del barlettano Giuseppe De Nittis (1846-1884), ma anche di Vittorio Matteo Corcos, Antonio Mancini, Federico Zandomeneghi e altri protagonisti del periodo.


Signora seduta in giardino di G. De Nittis

La mostra è stata curata dalla storica dell’arte Elisabetta Chiodini ed è la quinta grande rassegna ospitata al Castello di Novara dopo l’importante successo di pubblico e di critica delle prime quattro: “Ottocento in collezione. Dai Macchiaioli a Segantini” (anni 2018-2019), “Divisionismo. La rivoluzione della luce” (2019-2020), “Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale” (2021-2022) e “Milano da Romantica a Scapigliata” (2022-2023). L’iniziativa è co-organizzata con Comune di Novara e Fondazione Castello di Novara, con il patrocinio e il contributo della Regione Piemonte, il patrocinio della Commissione Europea e della Provincia di Novara ed è realizzata grazie al sostegno di molti sponsor e, tra gli altri, come “Main sponsor”, vi è il Banco BPM.

Il sindaco di Novara Alessandro Canelli, a proposito dell’importante iniziativa, ha dichiarato che, grazie al connubio con Mets Percorsi d’Arte e all’ospitalità della Fondazione Castello, Novara è diventata epicentro della cultura a livello internazionale, specialmente nell’ambito dell’arte dell’Ottocento, di cui ha portato eccezionali testimonianze di artisti di altissimo livello. Le Grandi mostre sono così diventate negli anni anche un punto di partenza per visitare le altre bellezze e offerte culturali della Città: dalla Galleria Giannoni ai musei cittadini fino alla Cupola di San Gaudenzio.

Le otto sezioni all’interno del Castello ospitano una novantina di opere. La sezione I (due sale), dal titolo “I pittori italiani alla conquista del mercato internazionale”, propone opere (16 dipinti esposti) di artisti che lavorarono con successo per il mercato internazionale, influenzando anche quello italiano: Mosè Bianchi, Giovanni Boldini, Alceste Campriani, Francesco Paolo Michetti, Domenico Morelli, Eleuterio Pagliano, Alberto Pasini, Carlo Pittara, Telemaco Signorini, Raffaello Sorbi, Edoardo Tofano.

La sezione II (sala 3, 21 opere) è dedicata interamente ad alcuni dei lavori di maggior successo dei maestri De Nittis e Boldini, descritti come uomini e artisti diversissimi tra loro. Si tratta di dipinti ad olio e pastelli che illustrano l’evoluzione della loro produzione e del loro linguaggio dai primi anni Settanta alla metà degli anni Ottanta. Tra le opere esposte di Boldini si ricorda in particolare il famosissimo “La contessa de Rasty seduta sul divano” (nella foto), una grande tela dipinta tra il 1878 e il 1879. Gabrielle de Rasty ebbe una intensa relazione sentimentale con il pittore fino alla fine degli anni Novanta. Tra i lavori di Giuseppe De Nittis ricordiamo invece “Signora seduta in giardino” (nella foto), un pastello su carta realizzato intorno al 1882, una delle ultime opere eseguite da De Nittis, che morì improvvisamente nel 1884 a soli 38 anni.

La sezione III (sala 4, 9 opere) “Antonio Mancini: realtà e visione tra Napoli e Parigi” ospita alcuni dei capolavori dell’artista, realizzati tra Napoli e Parigi dal 1872 al 1878. Si tratta di nove dipinti e tra gli altri il celeberrimo “Piccolo savoiardo” (nella foto) del 1877.

La sezione IV (sala 5, 14 opere) “Zandomeneghi. Un ‘breve soggiorno’ lungo una vita” illustra l’evoluzione della pittura di Federico Zandomeneghi dalla metà degli anni Settanta fino ai primi del Novecento. Il pittore veneziano giunse a Parigi nel 1874, a trentatré anni, per quello che doveva essere un breve soggiorno di studio, ma non se ne allontanò più e le frequentazioni che lì ebbe ne cambiarono la vita e l’arte.

La sezione V (sala 6, 7 opere) “La vita cittadina: Parigi-Londra vis-a-vis” mette a confronto alcune vedute urbane di Parigi e Londra. Tra queste la famosa “Place Clichy” (1874) di Boldini e la splendida “Westminster” (1878) di De Nittis. La sezione si chiude con “Place d’Anvers a Parigi” (1880) di Zandomeneghi.

La sezione VI (sala 7, cella del castello, 5 opere) “Attimi rubati: l’universo privato” presenta una selezione di nudi e soggetti femminili colti in intimità, che certamente riflettono le differenti sensibilità e il diverso approccio al tema da parte dei diversi artisti (Boldini, De Nittis e Zandomeneghi). Nella foto vediamo “Dopo il bagno” (1888 circa) di Giovanni Boldini.

La sezione VII (corridoio e antisala, 5 opere) “Vittorio Matteo Corcos e i primi passi nella Ville Lumière” è dedicata al pittore livornese Vittorio Matteo Corcos. Giunge a Parigi, ventunenne, nel 1880 e la conoscenza di De Nittis gli consentirà di mettersi in contatto con artisti, letterati e mercanti d’arte. In mostra sono esposti lavori del suo breve ma importante soggiorno parigino.

La sezione VIII (ultima sala della mostra, 10 opere) “Il ritratto mondano” è appunto dedicata ai ritratti mondani di Giovanni Boldini e Vittorio Matteo Corcos (nella foto uno scorcio della sala). Si tratta di una tipologia di ritratto molto richiesta che per questo motivo renderà i pittori particolarmente ricercati e famosi nella società del tempo. Sulla tela saranno da loro rappresentate le più alte personalità. In mostra alcuni dei capolavori (olii e pastelli) di Boldini, comprese opere che caratterizzano una svolta nella produzione del maestro ferrarese, inaugurando una nuova fortunata stagione della sua ritrattistica.

La mostra continuerà fino al 7 aprile 2024 con i seguenti orari: da martedì a domenica dalle 10,00 alle 19,00, lunedì chiuso.

Enzo De Paoli

 

A MONDOVI’ GLI ACQUERELLI DI AGIDE NOELLI

Pittore, poeta e insegnante di prospettiva Agide Noelli è ricordato con una mostra negli spazi del Centro Espositivo ex chiesa S.Stefano, in via Sant’Agostino 24, a Mondovì Breo, a cura del Centro Studi Monregalesi. Una vera e propria occasione per accostarsi e cogliere l’essenza della poliedrica esperienza di questo artista nato a Piacenza nel 1870 e scomparso a Mondovì nel 1954. Laureato in architettura, si è dedicato all’insegnamento

mentre ha restaurato gli affreschi del Santuario di Vicoforte e, nel 1896, le sue opere sono state esposte per la prima volta alla mostra sociale della Promotrice delle Belle Arti di Torino, come indicato nel volume “Mostra del Centenario della Società Promotrice delle Belle Arti in Torino 1842-1942”, Palazzo al Valentino, 22 maggio 1952, sotto l’alto patronato della Città di Torino, con una premessa del Presidente Giovanni Chevalley e un testo di Marziano Bernardi.

Un percorso, il suo, che si può apprezzare osservando i quadri, un centinaio, provenienti dagli eredi di Noelli e dal Comune di Bastia Mondovì.

Documenti e testimonianze, quindi, di un discorso arricchito dalla personale all’Accademia Albertina delle Belle Arti nel 1915 e, come già sottolineato, dalle presenze alla “Promotrice” con le vedute della Val d’Ayas, le impressioni veneziane e “La fontana Giovanna a Loano”. Nel 1941, Noelli, che domiciliava in via Vasco 12 a Mondovì Piazza, era tra gli autori inseriti nell’ottava sala della Palazzina al Valentino della “Promotrice” con l’acquerello “Inverno a Porta Littoria (La Thuile)” e “Fiori autunnali”, insieme agli interni di Jessie Boswell e “Autunno” di Pippo Oriani, la marina di Angelo Malinverni, alcuni disegni di Ermanno Politi e le composizioni di Mimì Schieroni, Emilia Ferrettini Rossotti, Pippo Bercetti e Giorgio Ceragioli. Una sala che annoverava, inoltre, le sculture in gesso di Giovanni Chissotti, Renato Cottini e Virgilio Audagna con “La primavera”.

Il catalogo della mostra è stato presentato il 4 novembre alle 16, sempre nell’ex chiesa S.Stefano. La mostra è visitabile sino al 16 novembre, con orario:tutti i sabati e le domeniche dalle 10,30 alle 12,30, dalle 16 alle 19.

 

Angelo Mistrangelo

 

CASTELLO DI RIVOLI. MICHELANGELO PISTOLETTO. MOLTI DI UNO

a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria

2 novembre 2023 – 25 febbraio 2024

Manica Lunga

Il Castello di Rivoli presenta una grande mostra dedicata a Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) in occasione del suo novantesimo compleanno. Allestito negli spazi della Manica Lunga, il progetto dell’artista Molti di uno reinventa l’architettura ortogonale della Manica Lunga trasformandola in uno stupefacente groviglio armonioso, un dispositivo urbano irregolare e libero attraverso il quale raccogliere e rileggere tutta la sua arte in un gigantesco autoritratto che funziona come la mappa di una Città ideale dell’avvenire.

“Pistoletto è una delle figure dell’arte contemporanea a livello globale più poliedriche, innovative, creative e aurorali”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. “Attivo già nella seconda metà del ventesimo secolo, è capace di reimmaginare il mondo nel ventunesimo secolo attraverso la sua ‘formula della creazione’, all’insegna di un nuovo equilibrio trinamico tra naturale e artificiale che egli chiama Terzo Paradiso”.

Pistoletto è tra gli artisti che hanno ridefinito il concetto di arte a partire dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso attraverso l’Arte povera. Già dalla prima metà degli anni cinquanta, l’artista si interroga sul concetto di identità personale e intraprende la via dell’autoritratto come espressione emblematica del suo pensiero secondo il quale il soggetto individuale prende vita in relazione agli altri divenendo un soggetto plurale. Dal 1962 realizza quadri specchianti, nei quali chi guarda e il mondo entrano nell’opera. Il superamento delle frontiere segnate dalla dimensione solo pittorica ha rappresentato per Pistoletto l’apertura a un paesaggio che si affaccia sulla contemporaneità dell’esistenza.

“Ideata per la Manica Lunga”, afferma Marcella Beccaria, “Molti di uno è una città dell’Arte strutturata come architettura percorribile e composta da 29 Uffizi o stanze. Disegnati come spazi aperti e collegati tra loro, gli Uffizi includono metaverso, arte, scienza, filosofia, legge, diritto, architettura, comunicazione, politica, ecologia, sorveglianza, sport, matematica, spiritualità, religione, mitologia, formazione, nutrimento, simbologia, cosmologia, design, sepoltura, storia, urbanistica, moda, spazio, scrittura, salute, informatica, natura. I 29 Uffizi espongono la struttura che secondo l’artista è alla base della vita civile e sociale proponendo una vasta rete di interrelazioni e una propositiva condizione dinamica tesa ad abbattere muri e separazioni”.

I 29 Uffizi sono tra loro comunicanti e interconnessi attraverso una serie di porte, ciascuna recante sull’architrave l’indicazione dell’attività specifica. La forma delle porte riprende il Segno Arte. Concepito dall’artista nel 1976, il Segno Arte è dato dall’intersezione di due triangoli, inscrivendo idealmente un corpo umano con braccia alzate e gambe divaricate. Il primo concetto di una architettura nell’architettura risale a Porte – Uffizi al MuHKA – Museum van Hedendaagse Kunst Antwerpen di Anversa. Riprende e sviluppa un precedente (Le Porte di Palazzo Fabroni) del 1995 ed è un dispositivo espositivo utilizzato più volte da allora, ma sempre rispecchiando una classificazione che si potrebbe dare alla società di quel momento e proponendo contemporaneamente una città ideale. L’articolazione della città in Uffizi riprende una riflessione alla quale l’artista ha dedicato spazio in La formula della creazione, 2022, libro nel quale egli esamina il proprio percorso, identificando 31 passi che, conducendo alla genesi di una nuova società, diventano punti cardinali alla base della Formula della Creazione.

La mostra svelerà una nuova opera-azione partecipativa nell’Uffizio Sorveglianza.

“Ma questa città futura è anche una città tecnologica, dei social media, e dell’intelligenza artificiale,” afferma Christov-Bakargiev, “è un mondo in cui lo specchio di un controllo costante, invisibile e ubiquo può portare alla necessità di reimmaginare la nozione di libertà. Cosa significa un mondo di homo cellularis, i cui gesti minimi sono registrati, misurati, archiviati, “estratti” a scopi predittivi? Uno specchio tecnologico che può rendere gli umani schiavi delle macchine AI, oppure capaci di crescere verso paradisi inattesi, a seconda di come, più o meno responsabilmente ed eticamente, verranno usati questi strumenti dai nostri discendenti? A questo Pistoletto ci fa riflettere, più che umanamente”.

All’interno della visione di una nuova comunità eticamente responsabile, la mostra è anche un dispositivo per coinvolgere le persone, a partire dai lavoratori che a vario titolo operano all’interno e orbitano attorno al Museo rendendolo un microcosmo di una possibile città ideale. Ogni giorno, una persona dotata di un sapere e di una prassi specifica in un’area per la quale esiste uno dei 29 Uffizi sarà il responsabile catalizzatore della giornata: ad esempio un addetto stampa sarà responsabile dell’Uffizio Comunicazione, mentre il medico competente potrebbe collaborare in una giornata dedicata all’Uffizio Salute, tanto quanto un’Artenauta potrebbe condurre una giornata sull’educazione, così come un responsabile della caffetteria potrebbe seguire la giornata dedicata all’Uffizio Nutrimento, il giardiniere essere responsabile dell’Uffizio Ecologia e un curatore quello dell’Uffizio Arte, mentre una bibliotecaria potrebbe occuparsi della giornata dedicata all’Uffizio Scrittura. In questa maniera l’artista revitalizza e reinventa il concetto di mostra temporanea e contribuisce a realizzare pragmaticamente un nuovo mondo basato sulla Demopraxia.

In occasione della mostra, gli spazi della Biblioteca e del CRRI Centro di Ricerca del Castello di Rivoli ospitano una speciale sala di lettura dedicata a Michelangelo Pistoletto. La sala raccoglie un’ampia selezione di oltre 170 pubblicazioni, libri e cataloghi monografici che ripercorrono la produzione dell’artista dagli esordi al presente.

 

CHIERI. TEGI CANFARI A PALAZZZO OPESSO CON ‘GEMMA SPAZIALE’

L’artista chierese Tegi Canfari espone dal 4 novembre a Palazzo Opesso una sua opera, ‘Gemma Spaziale’, materiale alluminio, dimensioni 100x100x100. “È un prototipo e come tale presenta imperfezioni, volutamente l’ho esposta così nella sulla sua fragilità e nuova sperimentazione di materiale. Mi sento come un Don Chisciotte alla ricerca di soluzioni nuove. Pertanto il lavoro mi rappresenta”, scrive l’artista

 

 

 

 

 

 

 

CASALE MONFERRATO. MOSTRA “GRAFICA ED EX LIBRIS

Nelle sale del Castello a Casale Monferrato, tradizionale appuntamento con la mostra “Grafica ed ex Libris”. La manifestazione ha avuto, come le passate edizioni, molto successo per la presenza di opere di alta qualità e la partecipazione di un folto pubblico. Su 91 artisti partecipanti ben la metà arriva dall’estero, da tutte le parti del mondo. Presente l’artista chierese Maurizio Sicchiero, che commenta: “E’ stato bello vedere lavori che arrivano dalla Russia ed esposti vicino alle Opere di artisti Ucraini e lavori di artisti Israeliani accanto a quelli provenienti da paesi di religione musulmana. Non è retorica dire che l’Arte unisce, supera i confini, accomuna le genti, parla lo stesso linguaggio in tutto il mondo, un linguaggio che trasmette messaggi di unione e non di odio, di pace e non di guerra. Noi artisti ci proviamo, saremo utopisti, ma essere presenti in manifestazioni come questa è realtà!” Nelle foto: Maurizio Sicchiero e l’inaugurazione della mostra.

 

 

 

 

CARMAGNOLA. MOSTRA “DUE CAPITANI DI VENTURA. DAL VALLO DI ADRIANO AL PO”

Esposizione temporanea che celebra due figure storiche legate a Carmagnola: Francesco Bussone detto “Il Carmagnola” e il soldato scozzese Giacomo Tornabula

Inaugurazione sabato 11 novembre ore 20:30 Presso la Chiesa di Sant’Agostino, Piazza Sant’Agostino, CARMAGNOLA. Animazioni e brevi pièce teatrali alle ore 21:00

Presso il Palazzo del Municipio. L’esposizione viene allestita presso il Palazzo del Municipio e il complesso monastico di Sant’Agostino.

Visite aperte sino all’8 dicembre

 

Francesco Bussone Il Carmagnola

La comunità di Carmagnola può vantare una storia antica: risale, infatti, al 1034 il documento che la cita per la prima volta; nel XII secolo fu inglobata nel Marchesato di Saluzzo. Per la sua ricchezza economica e per la sua posizione strategicamente importante, fu contesa e rivendicata da vari signori e, in particolare, dai Francesi e dai Savoia. Nel 1601, col trattato di Lione, il Marchesato di Saluzzo entrò a far parte del Ducato sabaudo, di cui Carmagnola divenne “Civitas fidelissima”.

È nel corso del XV secolo però, che il Marchesato raggiunse il maggior splendore. Ludovico I e Ludovico II resero, infatti, il loro stato ricco e fiorente, intrecciando solide e intelligenti azioni politiche che portarono non solo un’indiscussa floridezza nel commercio, ma anche un vivace sviluppo in ambito culturale al loro stato.

La consapevolezza che il sistema di alleanze e di strategie diplomatiche attuate dai due “principi”, sistema grazie al quale la Città di Carmagnola diventò una fra le più importanti del Marchesato, è stata da stimolo per individuare degli avvenimenti che permettessero di riconsegnare alla memoria collettiva degli eventi storici di rilevanza per la comunità.

Nello scorso mese di gennaio, Il Comune ha così candidato al bando Fondo per le rievocazioni storiche 2023 del Ministero della Cultura un progetto finalizzato a realizzare azioni volte a valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico-culturale che, già in altre evenienze, ha dimostrato di essere una forte attrattiva turistica oltre che commerciale per la città. Tale progetto, che si è aggiudicato il contributo ministeriale con Decreto n. 1367 del 13 settembre 2023, si propone di rievocare alcuni eventi che ruotano attorno alle figure di due “condottieri di ventura”: Francesco Bussone e il soldato scozzese Giacomo Tornabula.

Tra le varie azioni previste del progetto figura l’esposizione temporanea dal titolo “Due capitani di ventura. Dal Vallo di Adriano al Po”, con allestimento a cura del prof. Massimo Appendino. La “mostra” vuole rievocare la storia dei due condottieri del XV secolo le cui vicissitudini sono legate a Carmagnola. Grazie ad un altro personaggio carmagnolese, il frate agostiniano Gabriele Bucci, autore del Memoriale Quadripartitum, manoscritto conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino, si è pensato di raccontare ciò che, in modo immaginario, è capitato sul finire del Quattrocento in Città.

Bucci, tenuto in grande considerazione dai marchesi di Saluzzo, non fece segreto delle sue simpatie per la Francia, tanto che caldeggiò l’impresa di Carlo VIII a Napoli. Fu anche mecenate: fece realizzare, infatti, una pala d’altare per la chiesa di S. Agostino di Carmagnola e il portale in marmo che commissionò ad Amedeo da Settignano. Bucci, che si spense al volgere del 1497, fu testimone di molti eventi, come attesta il suo Memoriale.

Si è immaginato che il frate, rientrato da Pavia nel convento di S. Agostino di Carmagnola negli anni Settanta del Quattrocento, sia stato testimone di alcuni fatti che coinvolsero la città quando morì il Tornabula, soldato scozzese di alto lignaggio deceduto a Carmagnola nel 1496 dopo essere tornato da Napoli, forse a causa delle ferite riportate nella battaglia di Fornovo. L’appartenenza di Giacomo a un alto lignaggio, i suoi legami con Carlo VIII (o con Ludovico II di Saluzzo, al tempo alleato del Re di Francia) sancirono che la comunità gli tributasse gli onori dovuti ai grandi capitani e, nell’impossibilità di ricondurre le sue spoglie in patria, queste dovessero riposare nella chiesa di Sant’Agostino. Un noto scultore, Amedeo da Settignano ne scolpì addirittura la lapide tombale.

Si è pensato di immaginare e rievocare quindi una veglia funebre predisposta per il Tornabula, durante la quale torna alla mente del Bucci anche il concittadino Francesco Bussone, noto come “il Carmagnola”, capitano di successo che ha purtroppo subito un destino tragico, decapitato in piazza San Marco a Venezia in seguito al sospetto di avere tradito la Serenissima. Le sfortunate vicissitudini del Bussone ispirarono, come noto, anche Alessandro Manzoni nella sua prima tragedia intitolata “Il conte di Carmagnola”.

I costumi utilizzati sono del Gruppo Teatro Carmagnola di alcuni cittadini carmagnolesi che si sono resi disponibili a fornirli per l’esposizione.

Viene inoltre realizzato il podcast intitolato “Io fra’ Gabriele Bucci da Carmagnola mi ricordo che…” che permetterà di sentire il racconto di Gabriele Bucci, testimone del triste avvenimento del settembre 1496.

L’inaugurazione dell’esposizione è programma sabato 11 novembre alle ore 20:30 presso la Chiesa di Sant’Agostino. Sono inoltre previste animazioni e brevi pièce teatrali presso il Palazzo del Municipio a partire dalle ore 21:00 a cura degli allievi ed ex-allievi dei Laboratori teatrali dell’IISS Baldessano Roccati e della Compagnia del Buon Teatraccio.

Le pièce teatrali verranno riproposte anche il giorno seguente in occasione della Festa di San Martino, domenica 12 novembre, tra le ore 15:00 e le ore 18:00, sempre presso il Palazzo del Municipio.

L’esposizione sarà visitabile sino all’8 dicembre 2023 ad ingresso gratuito con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30 alle ore 12:00, sabato e domenica dalle ore 15:00 alle ore 18:00.

 

 

FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO. VISUAL PERSUASION. PAULINA OLOWSKA

2 novembre 2023 – 25 febbraio 2024

La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta, dal 2 novembre al 25 febbraio 2024, Visual Persuasion, un inedito e ambizioso progetto espositivo concepito da Paulina Olowska (Gdansk, 1976), la più ampia rassegna mai dedicata all’artista da una istituzione italiana. Mostra antologica di lavori esistenti e nuove produzioni, selezione curata dall’artista di opere dalla collezione Sandretto Re Rebaudengo, palcoscenico che accoglie una folta schiera di ospiti e spiriti: Visual Persuasion è uno spazio molteplice, polifonico e immersivo, ordito da Olowska per esplorare le dinamiche del desiderio e dell’erotismo ridefinite da una prospettiva femminile.

La mostra trae titolo e ispirazione da un libro pubblicato nel 1961 negli Stati Uniti dal pubblicitario Stephen Baker, che attraverso il riferimento a teorie e tecniche dei media, combinava immagini e testi al fine di analizzare gli effetti della comunicazione visiva sul subconscio. Attraverso quali meccanismi le immagini esercitano il loro potere seduttivo, si fanno vettori di desiderio? Da sempre affascinata e influenzata dai linguaggi della pubblicità, della grafica e della moda, Olowska adotta il concetto di persuasione come principio artistico e curatoriale per costruire la mostra, un montaggio di opere e immagini che dà forma ad associazioni e suggestioni, emozioni e fantasie.

All’interno di questo universo immaginifico, la figura femminile è insieme oggetto e soggetto dell’azione seduttiva, incarnando molteplici ruoli e cliché, di epoche e culture diverse: icona ammaliatrice, femme fatale, ninfa birichina, dominatrice perversa, spirito demoniaco, languida mannequin, borghese disinibita e lavoratrice sessuale sicura di sé. La donna è anche, soprattutto, artista, creatrice, intellettuale anticonformista, come nel caso di Maja Berezowska (1898-1978), tra le muse di questo progetto, pittrice e illustratrice, autrice di immagini al confine tra erotismo e pornografia.

Attraverso le opere di Olowska e dellə altrə artistə da lei invitatə, questa fantasmagoria di donne desideranti e desiderate si materializza in una pluralità di forme e linguaggi: dalla pittura al collage, dalla ceramica al video, dall’installazione alla performance. Olowska proietta questo spettacolo in un contesto ideale, quello della città di notte, un intreccio di strade illuminate dalle insegne di locali, bar e cinema, una città che non dorme, e che alimenta senza sosta la macchina del desiderio consumistico ed erotico.

L’architettura della mostra concepita dall’artista trasforma lo spazio della Fondazione per offrire un’esperienza immersiva e cinematica, dominata dalla nuova, grande installazione site-specific di neon, un medium molto importante nella pratica artistica di Olowska. Emblema della comunicazione pubblicitaria nello spazio urbano, il neon ha un forte legame sia con le arti applicate che con la storia dell’arte, un connubio caro a Olowska, che ha esplorato in particolare la storia delle insegne che decoravano la città di Varsavia ai tempi del regime socialista. Spesso privi di uno specifico fine commerciale, questi neon divenivano simboli di un consumismo in assenza di referente, segni puri del desiderio stesso e del suo rapporto con l’esperienza urbana.

 

 

ACCADEMIA ALBERTINA. MOSTRA “CROSSING THE DISTANCE”

Inaugurata all’Accademia Albertina di Belle Arti, nell’Ipogeo della Rotonda del Talucchi, la mostra Crossing the Distance, con i lavori di undici studenti afgani/e e nove italiani/e. È la tappa finale di un workshop ideato dal prof. Rahraw Omarzad, tra i massimi artisti afgani,  arrivato in Europa nell’autunno 2021 dopo il ritorno al potere   a Kabul delle forze  talebane. Il workshop aveva lo scopo di creare ponti per “attraversare le distanze” in un mondo in cui migrazioni forzate, violenza, guerra e muri costruiti per discriminare sembrano essere più forti che mai.

Per due anni, studenti provenienti dall’Afghanistan e residenti in Germania, hanno dialogato con un gruppo di studenti dell’Accademia Albertina di Torino, coordinati dalla prof. Cristina Giudice, per dare vita a un confronto in cui tutte le distanze fossero attraversate.

Il percorso è stato complesso, ma la determinazione e il desiderio di ogni partecipante di costruire ponti per “attraversare le distanze” ha permesso di raggiungere questo risultato espositivo.

L’iniziativa è stata finanziata dalla Direzione generale dell’internazionalizzazione del MUR. Ministero dell’Università e della Ricerca

Fino al 19 novembre 2023 la mostra sarà visitabile tutti i sabati, le domeniche e i giorni festivi dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30). Sabato 4 novembre aderirà alla Notte delle Arti Contemporanee con apertura fino alle 23.00 (ultimo ingresso alle 22.30). Biglietto di ingresso INTERO 5€ / RIDOTTO 3€ / gratis con l’Abbonamento Musei.

 

CASALE MONFERRATO. MOSTRA “DIETRO LA MASCHERA”

Domenica 12 novembre alle ore 11,30 inaugura la mostra DIETRO LA MASCHERA a Casale Monferrato (AL) a cura di Ermanno Tedeschi e Vera Pilpoul

La mostra è parte integrante della Biennale di Gerusalemme 2023, che non fa potuto essere allestita a causa dei drammi che stanno sconvolgendo tutti. Sarà visibile presso i Musei Ebraici di Casale Monferrato fino a domenica 3 dicembre 2023 ed è stata organizzata grazie all’ospitalità della Fondazione Casale Ebraica ETS e della Comunità Ebraica di Casale Monferrato, alla collaborazione della Lele Luzzati Foundation – Casa Luzzati e al patrocinio dell’Ambasciata di Israele in Italia.

Il progetto fa parte della 6° Biennale di Gerusalemme e l’inaugurazione della mostra era prevista il 9 novembre Museo Umberto Nahon di arte ebraica italiana di Gerusalemme.

 

 

 

 

 

PARCO ARTE VIVENTE. “CAR CRASH. PIERO GILARDI E L’ARTE POVERA

Da Venerdì 3 novembre 2023 il PAV Parco Arte Vivente presenta la mostra Car Crash. Piero Gilardi e l’arte povera a cura di Marco Scotini, che indaga la produzione di Piero Gilardi (Torino, 1942-2023) nel corso degli anni Sessanta. L’esposizione vuole proporsi come un omaggio al fondatore del PAV e ripercorre gli esordi della carriera dell’artista esplorando gli anni che vanno dal 1964 al 1969, una stagione germinale durante la quale si delineano già i molteplici interessi di Gilardi e il suo grande contributo all’origine del movimento dell’arte povera. Car Crash è la prima di una serie di mostre monografiche di un progetto a lungo termine del PAV che, seguendo una partizione cronologica, approfondiranno l’opera dell’artista.

La mostra attraversa un ricco, anche se breve, momento (cinque anni in tutto) connotato dal coinvolgimento di Gilardi in alcune delle tappe più importanti del movimento poverista, tra le quali l’esposizione Arte Abitabile (1966) presso la Galleria Sperone, la creazione del Deposito d’Arte Presente di Torino (1967-1969), la teoria dell’arte micro-emotiva, fino al suo definitivo affrancamento dal movimento con la mostra arte povera più azioni povere agli arsenali di Amalfi (1968). Fin dagli esordi emerge il suo interesse riguardo al rapporto tra tecnologia, essere umano e natura e il desiderio di creare opere d’arte funzionali animate dallo spettatore, così come l’apertura verso altre discipline, quali le esperienze nell’ambito del design radicale di fine anni Sessanta. Ne emerge l’instancabile volontà di Gilardi di comprendere e teorizzare il senso più profondo dell’arte e dell’operato di artisti incontrati in ambito internazionale e nazionale, passando da inventore di forme a inventore di formazioni: la sua definizione di “arte micro-emotiva” ne è un esempio. Questo impegno è testimoniato dalle svariate lettere scritte ad amici e colleghi, e dalle corrispondenze per la rivista Flash Art inviate da New York e da diverse città europee, e preannuncia l’importanza del suo contributo teorico a due mostre miliari come Op Losse Schroeven (Amsterdam, 1969) e When Attitudes Become Form (Berna, 1969). Un pensiero analitico che include una posizione critica dei meccanismi che governano il sistema e il mercato dell’arte, che a partire dal 1969 porta Gilardi a scegliere di allontanarsi temporaneamente dalla scena artistica nazionale e internazionale, per dedicarsi all’attivismo politico in continuità con le istanze sollevate dai movimenti politici del ’68. Il titolo Car Crash, mutuato da un progetto mai realizzato per il Piper Pluriclub di Torino nel quale Gilardi rimanda all’immagine di “un’auto che slitta silenziosamente sull’olio nero del pavimento”, diventa metafora di quegli anni sulfurei durante i quali l’incontro e lo scontro con il sistema dell’arte e la costruzione e decostruzione di relazioni, teorie ed immaginari sono il segno dell’alta posta in gioco dell’arte di quel momento. Ed è proprio con la dinamica esperienza del Piper e con l’esposizione dei tappeti-natura allestiti all’interno del locale nel gennaio 1967, che si apre la mostra del PAV. La discoteca, o meglio il “divertimentificio” torinese, riprendendo la definizione che ne dà Tommaso Trini, che dalla seconda metà degli anni Settanta è aperto ad accogliere sperimentazioni e diverse forme d’arte performativa, da Carmelo Bene al Living Theatre, e diventa terreno fertile per artisti che, come Gilardi, orbitano attorno al movimento dell’arte povera, tra i quali Pistoletto, Merz e Boetti.

 

GALLERIA GLIACROBATI. L’APOCALISSE: UN’ESPOSIZIONE DI MAURO GOTTARDO

a cura di Bianca Tosatti e Tea Taramino

Galleria Gliacrobati (via Ornato 4, Torino) inaugura L’Apocalisse, esposizione dell’artista Mauro Gottardo, a cura di Bianca Tosatti e Tea Taramino, in mostra fino a sabato 30 dicembre 2023.

Mostra monografica dedicata al ciclo dell’Apocalisse di Mauro Gottardo, un artista straordinario per la qualità del linguaggio visivo in grado di mostrare sia le sue più intime paure e conoscenze sia un ampio e originale repertorio grafico e calligrafico.

Questa mostra vuole essere un progetto inclusivo che propone importanti collegamenti di senso tra Arte Contemporanea e arti considerate marginali come Art Brut, Outsider Art, Arte Irregolare; un’impresa culturale consapevole che l’arte é anche fatto di persone capaci di scompaginare le certezze acquisite proprio quando, oggi più che mai, sono messe in crisi dai cambiamenti imprevisti nel campo della salute pubblica, dell’economia e della convivenza sociale.

La mostra é un invito alle istituzioni culturali e ai singoli a utilizzare questo tempo difficile dominato da conflitti internazionali per guardare negli angoli più nascosti della produzione culturale indipendente dove si accampano energia intellettuale, maestria e visioni capaci di commentare l’attualità da angolazioni inedite, talvolta abbaglianti.

L’Apocalisse (2008 – 2015) di Mauro Gottardo è un’opera visionaria densa di riferimenti simbolici, spesso profetici, letterari, religiosi, sessuali e politici, composta da 270 elementi di diverse dimensioni: figure umane, animali mitici, simbologie che si ripetono e si alternano su un tappeto di scritture visive, sovente tracciate su carte di recupero. Così L’Apocalisse diventa un archivio segreto di testimonianze, collegamenti, premonizioni, riferibili alla minaccia del potere in tutti i suoi aspetti: da quello economico, politico e culturale alla aggressività nei confronti della salute fisica e mentale umana.

Oggi più che mai ci sembra il momento giusto per avvicinarci a tale capolavoro sconosciuto e complesso che merita di essere apprezzato in ambiti culturali pubblici. Il ciclo di lavoro sull’Apocalisse inizia nel 2008 stimolato dalla visione, presso il Museo Diffuso della Resistenza di Torino, di (R)esistere per immagini, una mostra su Germano Facetti, grafico internazionale, documentatore e testimone della storia del “secolo dell’odio”. In particolare, a ispirare Gottardo è la “scatola gialla” che conteneva il suo taccuino della prigionia in campo di concentramento fatto di disegni, foto e appunti per quello che sarebbe poi divenuto il documentario “The yellow box” di Tony West.

 

Galleria Gliacrobati – Via Luigi Ornato, 4, 10131 Torino

Giovedì e venerdì dalle 16.00 alle 19.30 – Sabato dalle 11.00 alle 19.30

info@gliacrobati.com

www.gliacrobati.com

 

MUSEO D’ARTE RELIGIOSA “P. A. MOZZETTI” DI OLEGGIO (NO) – APERTURA DEDICATA AL VENERABILE ENRICO STANISLAO VERJUS

Domenica 12 novembre il Museo d’Arte Religiosa “p. A. Mozzetti” tornerà ad accogliere i visitatori, dalle 15.00 alle 18.00. L’apertura sarà dedicata in particolare al venerabile Enrico Stanislao Verjus, Missionario del Sacro Cuore di Gesù e primo vescovo cattolico in Papua Nuova Guinea. L’iniziativa precede l’anniversario della morte di mons. Verjus, avvenuta il 13 novembre 1892 a Oleggio, città in cui era nato nel 1860. Saranno esposti alcuni effetti personali e la pianeta in velluto nero che, secondo una memoria locale, fu indossata da mons. Verjus in particolare per la celebrazione della prima messa.

L’ingresso del museo si trova all’interno della chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, piazza don Bertotti, 1.