CHIERI. DUOMO, UN AFFRESCO RIAPPARSO DOPO SECOLI

Nel Duomo di Chieri, a destra dell’ingresso principale, c’è un piccolo vano attualmente trasformato in ripostiglio di materiali vari ma che nel 2012 fu costruito per uno scopo più nobile: proteggere, e insieme rendere fruibile per i visitatori, l’affresco del Martirio di Sant’Agata, venuto inopinatamente alla luce sulla controfacciata ed opportunamente restaurato. Sebbene molto danneggiato, si tratta di un dipinto importante perché è l’unico affresco chierese databile al Cinquecento. I termini a quo e ad quem della sua esecuzione sono molto distanti fra loro: il primo è il 1503, data  della visita pastorale di mons. Giovanni Ludovico della Rovere, che non fa parola di un altare di Sant’Agata; il secondo è il 1584, anno della visita apostolica di mons. Angelo Peruzzi, che di quell’altare decretò la soppressione. Tuttavia, trattandosi di un affresco per molti aspetti ancora legato ai modi della pittura quattrocentesca, deve essere stato eseguito in un arco di tempo molto più breve, nei primi decenni del secolo. La parte centrale è dominata dalla figura vestita di rosso della Santa che per il suo rifiuto di rinnegare la sua fede subisce il martirio, consistente nell’amputazione delle mammelle per opera di due loschi figuri muniti di macabre cesoie. Nel registro superiore sono allineati tre Santi: Sant’Antonio abate e, probabilmente, San Giuliano e Santa Basilissa.

Come mai questo affresco in questo luogo? Perché, come sappiamo, fino a quasi tutto il secolo XVI il Duomo era pieno di altari di famiglia, sistemati nei luoghi più strani. Due di essi erano addirittura addossati alla controfacciata, ai lati dell’ingresso principale, in modo tale che chi vi celebrava la Messa doveva necessariamente volgere le spalle all’altar maggiore e al tabernacolo: quello a sinistra dell’ingresso, appartenente alla Compagnia dei fabbri ferrai, era dedicato a Sant’Eligio, quello di destra, di patronato della famiglia Osella, lo era alla martire Santa Agata. Nel 1584, il visitatore apostolico mons. Angelo Peruzzi, in ossequio alla riforma del culto promossa dal Concilio di Trento, ordinò la demolizione di tutti gli altari costruiti fuori dalle cappelle. Nel Duomo di Chieri ne furono sacrificati più di dieci, compresi i due della controfacciata. I dipinti che li ornavano, quando non furono raschiati via, vennero coperti con intonaco e vernice. Talvolta, anche a distanza di secoli, qualcuno di essi ricompare. È ciò che è accaduto con l’affresco di Sant’Agata.

Antonio Mignozzetti