CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA – Beppe Ferrero e la “cappella delle femministe”
La settimana scorsa abbiamo ricordato Beppe Ferrero rievocandone la disponibilità a guidare i visitatori di Chieri, la prodigiosa memoria e la proverbiale arguzia. All’autore di questo scritto ciò ha fatto tornare in mente un simpatico episodio del quale fu testimone oculare ed auricolare.
In Duomo, lungo la navata destra, c’è la cappella dei Santi Lorenzo e Martino, detta cappella Tabussi dal nome del suo costruttore e primo patrono, Lorenzo Tabussi: una cappella delle più visitate dai turisti, perché vi si ammira ciò che resta degli affreschi di Giacomo Jaquerio e della sua scuola raffiguranti varie scene della vita di Gesù.
La scena meglio conservata, che occupa il centro della parete di fondo, è l’Adorazione dei Magi, nella quale si vede la Madonna con in braccio Gesù Bambino che riceve l’omaggio di quegli illustri personaggi. Io, che mostravo ad un gruppo di turisti i grandi quadri dell’attigua cappella della Risurezione, sentii che Beppe, accompagnando un altro gruppo nella cappella Tabussi, con un tono che non poteva essere più serio esclamò: “questa, signori, è la cappella delle femministe!”. E proseguì spiegando ai turisti sorpresi da quella definizione il senso della sua affermazione: “perché, come vedete, la Madonna, assisa in trono con in braccio Gesù Bambino, fa gli onori di casa ai Re Magi che sono venuti dal lontano Oriente a rendere omaggio al neonato Messia. Guardate, invece, dove sta e cosa fa qual povero disgraziato di San Giuseppe: è stato relegato fuori di casa, accanto al fuoco, a sorvegliare la pentola della minestra, manco fosse un domestico! Sissignori! È una scena improntata ad un femminismo ante litteram” .
Evidentemente, grandi risate degli ascoltatori. Più tardi, in disparte, mi permisi di far notare a Beppe che l’immagine dell’Adorazione dei Magi e quella di San Giuseppe appartengono a due scene diverse, ben divise da una vistosa cornice. La figura di San Giuseppe che cuoce la minestra non fa parte della scena dei Magi, ma di una Natività (quasi del tutto scomparsa). Ora, in una Natività, il fatto che Giuseppe sia raffigurato nell’atto di cucinare non ne sminuisce l’immagine perché si tratta di una cosa del tutto normale: chi altri, infatti, avrebbe potuto farlo? Non certo Maria, che aveva appena partorito. Perciò il femminismo non c’entra affatto. E ricordo che a conferma di quanto gli dicevo gli riferii ciò che mia nonna raccontava spesso. Che, cioè, quando nacqui io (nel lontanissimo 1940) mio padre, che certo non si faceva mettere i piedi sulla testa dalle donne di casa, si adattò spontaneamente ad andare alla fontana pubblica ad attingere acqua, cosa che non aveva mai fatto prima e non avrebbe mai più fatto in seguito (e nel raccontarlo mia nonna rideva di gusto).
Beppe mi sembrò convinto. Ma non sono sicuro che in seguito abbia rinunciato del tutto a un espediente così utile per far divertire i suoi ascoltatori, come la battuta sulla “cappella delle femministe”.
Antonio Mignozzetti