EX VOTO AL SANTUARIO DELL’ANNUNZIATA

Chieri. Gli ex voto all’Annunziata, una storia di fede

Nei quadri e negli oggetti la storia dell’antica Confraternita

di Antonio Mignozzetti

 

Che la religiosità popolare ami esprimersi in forme concrete è cosa risaputa. Che fra queste una delle più usate sia l’ex voto è altrettanto evidente: qualsiasi santuario ne è tappezzato.  L’ex-voto è un oggetto offerto in dono a Dio, alla Vergine o ad un Santo per rendere esplicita la richiesta di aiuto nelle difficoltà della vita e di  riconoscenza quando l’aiuto si è manifestato. Certo, la prima forma di richiesta e di riconoscenza è quella intima. Ma, come dicevamo,  la religiosità popolare ha bisogno di concretezza, e ama lasciare nei santuari una testimonianza fisica delle sue necessità e, quando è il caso, della sua riconoscenza. Questo fa sì che i santuari risultino essere dei condensati di storie di vita: di dolore, di speranza, di gioia e, più spesso, di abbandono ai misteriosi disegni di Dio.  L’oggetto che con più frequenza viene offerto per grazia ricevuta è il cuore (d’argento o di altro materiale): nei santuari se ne vedono moltissimi. Ma quando si parla di ex voto la mente va subito ai quadretti dipinti. Quadretti dal contenuto quasi standard: l’immagine sacra, la vignetta con la raffigurazione dell’evento (un incidente, una malattia ecc.), la sigla PGR (Per Grazia Ricevuta), la data,  talvolta il nome della persona graziata. A Chieri di ex voto se ne vedono in ogni cappella campestre (San Liborio, Madonna di Loreto, Madonna del Vibernone, Madonna della Neve, Madonna delle Grazie, Sant’Irene) e perfino in certi piloni (ad esempio nel pilone della Natività di Maria in piazza Dante). Ma il luogo sacro dove se ne conservano in maggior numero  (circa quaranta quadri e svariate decine di cuori d’argento) è il santuario dell’Annunziata. Tanto che la Confraternita della Misericordia e di San Giovanni Battista Decollato, che lo gestisce, ha deciso di esporli, affidandone il compito al prof. Roberto Destefanis.  La mostra aperta sabato 11 maggio, prosegue fino alla fine del mese; l’apertura è limitata ai fine settimana. Il luogo prescelto è la sacrestia, dove, in cornici, sono già abitualmente esposti i cuori d’argento. Vi sono stati trasferiti, ed applicati sui grigliati metallici messi a disposizione dai Padri della Sacra Famiglia di Villa Brea, anche i quaranta ex voto dipinti: alcuni del Sei e Settecento; la maggior parte dell’Ottocento; un buon numero del Novecento. A differenza degli ex voto delle cappelle campestri, dove prevalgono i soggetti che hanno a che fare con i lavori agricoli, qui sono più frequenti gli episodi di vita domestica e dei più vari ambiti lavorativi o ricreativi. Solo un paio riguardano contesti di guerra. Non mancano soggetti curiosi: in un ex voto del 1793 un gruppo di nobili chieresi, spaventati dalle notizie che giungono dalla Francia, pregano che la rivoluzione non varchi le Alpi. Quanto alla tecnica e al supporto, nei più antichi prevale la pittura ad olio su legno; nei più recenti la pittura a tempera su carta.

Insieme alla mostra di ex voto, la Confraternita della Misericordia ha voluto esporre anche documenti di archivio che raccontano tre storie che si intrecciano fra loro. 1) La storia dell’ospedale dei Gribaldenghi che, fondato nel 1278, viene completamente ricostruito nel Quattrocento a cura del suo economo, il canonico Enrico Rampart. Fu lui che dal pittore Gillio Tavernier, fiammingo come lui, sull’altare della cappella fece ridipingere l’immagine dell’Annunciazione. 2) La storia dei miracoli che avvennero davanti a quel dipinto, e in particolare del “miracolo del muto”, che nel 1651 portò alla ricostruzione del santuario. 3) La storia della Confraternita della Misericordia, alla quale fu affidata la gestione del santuario. Fra i documenti esposti c’è anche l’originale del decreto con cui nel febbraio del 1599 il duca Carlo Emanuele I concesse alla Confraternita il privilegio di poter chiedere ogni anno la liberazione di un condannato alla pena capitale. E c’è la più antica storia stampata del santuario, datata 1655, appartenente al chierese Tarcisio Vergnano