CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA – I Gesuiti e il  “pozzo della mina”

Il cortile del Noviziato

L’ultima versione della fontana di piazza Cavour

Graziano Camporese, sul numero di Cronache Chieresi del 23 gennaio 1981, dava notizia di una “impresa speleologica” realizzata da un gruppo di chieresi guidati da Dante Bettale: l’ispezione di uno dei tanti cunicoli del sottosuolo chierese che, partendo dal cortile dei Gesuiti, giungeva ad un pozzo situato nei pressi del cosiddetto “Bastione della Mina”, e si chiedeva chissà quando e chissà perché fosse stato scavato quel “budello sotterraneo”.

La risposta a tali domande la si evince dalle carte dell’Archivio di Stato di Torino. Nel 1627 i Gesuiti si stabilirono a Chieri dando inizio alla costruzione del loro Noviziato. In tale impresa godettero dell’appoggio concreto del  cardinale Maurizio di Savoia, titolare della commenda di Sant’Antonio Abate (la ex Precettoria degli Antoniani), il quale donò loro alcuni edifici della commenda e insieme la chiesa. Ma per una comunità numerosa come quella che si prevedeva sarebbe diventato il Noviziato uno dei principali problemi da risolvere era il rifornimento di acqua. In un primo tempo si pensò di scavare un pozzo. Ma qualcuno ebbe un’idea diversa: davanti all’ingresso del “Bastione della Mina”, situato a monte della nuova costruzione, c’era un profondo pozzo chiamato “pozzo della mina”. Era stato scavato dai soldati del maresciallo De Brissac attorno al 1551, all’epoca in cui Chieri era occupata dai francesi. Poiché ormai apparteneva  al Duca di Savoia, nel luglio del 1648 furono fatti i passi necessari affinché Carlo Emanuele II  lo donasse  “… al Serenissimo Principe Maurizio… per disporne  a suo piacere, e soprattutto per far venir da quello una fontana in abbellimento della fabbrica del Novitiato della Compagnia di Giesù da sua  Altezza fondato,  et anche per farne condur un’altra nella piazza fatta avanti detta fabbrica a beneficio pubblico ”. Detto fatto: per mezzo di una condotta lunga più di 200 metri, larga quattro “piedi liprandi” (due metri e qualcosa) e alta due piedi liprandi (un metro e qualcosa), l’acqua del pozzo fu convogliata nel cortile del Noviziato.

Ma, raccontano altre carte di archivio, i Gesuiti tardarono a rispettare la clausola che li obbligava a costruire, oltre alla loro fontana,  anche quella pubblica in piazza del Piano. Il che dette origine ad una lunga vertenza fra gli stessi e il Comune. Con qualche episodio curioso. Ad esempio la pretesa, avanzata dai Gesuiti come condizione per costruire la fontana pubblica, che il Comune vietasse il gioco della “lesa”, cioè della slitta che,  specialmente durante l’inverno quando c’era la neve, trasformava le strade e i vicoli che scendevano verso la piazza del Piano e la piazza stessa in una bolgia che, sostenevano, disturbava la quiete del Noviziato.

Sta di fatto che nel 1798 la fontana pubblica non c’era ancora. A costruirla, evidentemente  con spirito di rivalsa, fu la Municipalità “giacobina”,  insediatasi dopo l’arrivo del Francesi. Lungo il tempo essa subì  molti cambiamenti. L’ultimo la vide trasformata in tre vasche circolari digradanti, che per la loro presunta banalità fecero tanto arrabbiare il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Ma evidentemente non solo lui, se ad un certo punto le vasche vennero trasformate in fioriere, per poi scomparire del tutto.

Antonio Mignozzetti