CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA – Le molte vicende della chiesa di San Domenico

La chiesa di San Domenico degli inizi

La chiesa di San Domenico dopo le trasformazioni del XV secolo
L’ordine dei Frati Predicatori, fondato nel 1216 dallo spagnolo San Domenico di Guzmàn, e perciò chiamato anche Ordine Domenicano, attorno al 1250 si stabilì a Chieri, presso le mura, in direzione di Asti, in una piccola casa cui era annessa la chiesetta di Santa Maria del Portone. Ben presto, però, i Frati si costruirono un convento più grande ed una più ampia chiesa che fu portata a termine nel 1388. L’aspetto attuale della chiesa, tuttavia, è il risultato di una serie di trasformazioni verificatesi lungo i secoli. La prima risale al XV secolo, quando le maggiori famiglie chieresi, fra le quali i Dodoli, i Bullio, i Gribaudi e i Villa, all’interno della chiesa si costruirono le cappelle di famiglia, con il risultato che due file di cappelle andarono ad aggiungersi alle tre navate originarie. Negli stessi anni venne ricostruita la facciata, la cui forma è obliqua perché per realizzarla furono utilizzate le fondamenta delle mura medioevali cittadine. La seconda importante trasformazione, operata a cavallo del Cinque e Seicento, interessò il coro e il presbiterio. Come nella Collegiata di Santa Maria della Scala, il coro, inizialmente situato davanti al presbiterio, venne trasferito nell’abside. É del 1658 il terzo grande cambiamento, realizzato dal priore padre Giacinto Broglia con i contributi del vescovo di Torino mons. Carlo Broglia e del conte Francesco Maria Broglia: consistette nella sostituzione delle capriate del soffitto con le volte a crociera, nella “barocchizzazione” di vari settori della chiesa e in importanti interventi del pittore manierista Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo”, che affrescò le volte del presbiterio e dell’abside ed eseguì molti dei quadri che ornano le pareti dello stesso presbiterio e di varie cappelle. Poi, per due secoli, più nulla. Fino alla fine del XIX secolo, quando, ad imitazione del Duomo, la chiesa perdette quasi tutte le sovrastrutture barocche e il pittore chierese Vincenzo Pangella ne decorò le colonne a fasce bicolori e le volte con un vivace azzurro stellato. L’ultimo e più recente cambiamento risale alla metà del secolo XX quando, in ossequio alla discutibile riforma liturgica postconciliare, ad imitazione delle fredde chiese protestanti, il presbiterio venne desertificato Fu eliminato perfino il prezioso altare ligneo barocco settecentesco, opera dei prestigiosi intagliatori Riva di Carignano.
Antonio Mignozzetti