CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Quando per le ‘feste’ Chieri cambiava  volto…

Telai che tacevano, luminarie in centro, le bocce…

di Valerio Maggio

 

Quando le ‘feste’ si facevano veramente – per ‘feste’ intendo quelle patronali di settembre in onore delle Madonna delle Grazie – la città cambiava volto. Tacevano i telai, le luminarie della domenica e del lunedì trasformavano le vie centrali, ma non solo quelle, in gradevoli scorci notturni da visitare prima di sostare in piazza Umberto per ascoltare il concerto offerto dalla Filarmonica Chierese e, nel frattempo, visitare il banco di beneficenza eretto sotto i portici a fianco.

Le gare alle bocce erano al centro degli avvenimenti sportivi che, come corollario, potevano avvalersi del famoso Circuito dei viali (viale Diaz, via Roma, via Cesare Battisti, viale Diaz) – organizzato da un allora potente Pedale Chierese in grado di portare a Chieri ciclisti di prima grandezza – e di non un meno blasonato incontro di football, sul campo di Porta Torino, tra l’allora A.C. Chieri e vedette calcistiche regionali di tutto rilievo comprese compagini miste della Juventus o del Torino. Ci informa la stampa locale che «con un grandioso spettacolo pirotecnico (in un primo tempo affidato alla ditta Tosco di Valle Ceppi poi alla Panzera di Baldissero n.d.r) i festeggiamenti si avviavano alla loro conclusione». Alla presenza di un folto pubblico lo show pirotecnico si svolgeva negli spazi – allora non edificati – fra strada Cambiano e via Sisto IV; uno show che potrebbe funzionare ancora oggi se programmato a fianco dell’intramontabile serata della Vijà. Una considerazione: mi dicono che da decenni non sia più possibile organizzare questo tipo di manifestazione per questioni di sicurezza e di ordine pubblico. Certo come sono che non stanno infrangendo le disposizioni di legge in materia mi domando come comuni a noi vicini – Santena, Trofarello, Buttigliera, Riva con le rispettive Pro Loco – possano riproporla ogni anno, in centro paese, in occasione delle loro feste patronali mentre tutto ciò, a Chieri, diventa un insuperabile tabù.

Ma torniamo a quei giorni, torniamo a quelle gare alle bocce ruotanti attorno alla Coppa città di Chieri capace di richiamare centinaia di giocatori pronti a disputare anche la gara mandamentale del lunedì; una gara in grado di attirare «grandi campioni da Torino e da altre città del Piemonte». Si trattava davvero di un importante evento capace di tener desti centinaia di appassionati spettatori sino a notte inoltrata quando, attorno alle prime ore del mattino del martedì, scattava il momento di designare i finalisti, la successiva partita e la ‘spartizione dell’oro’ (inteso come medaglie). Le gare si svolgevano non solo in piazza Dante – allora ancora da asfaltare e dove gli organizzatori tracciavano, già qualche giorno prima, i rettangoli di gioco – ma anche, vista l’enorme affluenza di giocatori, sul ‘rettangolo’ in terra battuta dell’oratorio di San Luigi trasformato per l’occasione in uno spartano bocciodromo. (vedi foto). Mentre tutto ciò accadeva in altra parte della città, al Murè – per molto tempo borgo proletario dove la concentrazione di minuscoli insediamenti tessili era davvero alta e dove ‘far festa’ diventava l’antidoto ad una difficile vita di tutti i giorni  – la ricorrenza portava il quartiere ad organizzare festeggiamenti popolari all’insegna del buon umore. Basta scorrere i settimanali locali Corriere di Chieri, ma soprattutto Il Chierese, per ritrovare una dettagliata cronaca del «ricco programma di divertimenti» proposto ai residenti in via Marconi, via Garibaldi, strada Andezeno e via Nostra Signora della Scala dove all’interno della Cappella di Scalero venivano e vengono tuttora celebrate le funzioni religiose in onore della Madonna delle Grazie. Momenti di divertimento – in parte affidati alle giostre, al ballo a palchetto, all’elezione della Miss (l’ultima di cui si abbia conoscenza verrà proclamata nel 1975) – si intervallavano ad altri di sapore decisamente popolare. come la rottura delle pignatte e l’albero della cuccagna. O come «la gara della pastasciutta» (vedi foto) che consisteva nel mangiare, sarebbe meglio dire divorare – con le mani legate dietro la schiena e nel più breve tempo possibile – tre etti di spaghetti al sugo di pomodoro; o quella, ben più cruenta del taglio della testa al tacchino: tajé la testa al pito. (vedi foto). Un’usanza non solo chierese davvero antica e propiziatoria, ormai proibita da tempo, che affondava le radici in un passato davvero remoto. Un rito che da noi veniva praticato soprattutto in inverno quando – nei freddi giorni che precedevano il Carnevale, approfittando delle allora copiose nevicate e delle successive gelate notturne – si preparava ‘la lesa’ tra via della Pace e via Albussano sin nei presso di corso Matteotti. Un percorso lungo il quale si usava scivolare usando rudimentali slitte dette lesèt. Il pito (precedentemente ucciso in modo non cruento) veniva appeso in un tratto della via dove si era certi che il lesèt prendesse da solo una discreta velocità. A quel punto per chi ci stava sopra, armato di un lungo bastone, diventava davvero difficoltoso coordinare la mira per staccare dal collo la testa del tacchino senza essere sbalzato dalla slitta. Ciò provocava grandi risate ad un pubblico intirizzito dal freddo ma pronto a combatterlo con un bicchiere di vino – magari caldo – da sorseggiare nella vicina piola che di nome faceva La Colomba, ancor meglio conosciuta come Madalin . Ma questa è un’altra storia.