Cappella di S. Tommaso

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Cappella di S. Tommaso

Poche altre cappelle della Collegiata hanno conosciuto tanti passaggi di patronato come questa. Appartenne prima a tale Tommaso de Burgo, poi ai Tari (antica famiglia di mercanti), quindi a Melchiorre Tana e ai Diano. Fra il patronato di Melchiorre Tana e quello dei Diano ci fu una breve parentesi durante la quale la cappella fu retta dalla Compagnia dei Disciplinanti della S. Croce.

Qualche tempo prima del 1622 i Diano cedettero la cappella agli Spiotta che l’hanno tenuta fino all’estinzione della famiglia, avvenuta nel 1798. Da allora vi si sono succeduti vari patroni: i Randone, i Raschieri, i Gavotti ecc.

CASELLA Giovanni Andrea (?). CASELLA Alessandro (?). L’incredulità di S. Tommaso, (1639 ca.)

CASELLA Giovanni Andrea (?). CASELLA Alessandro (?). L’incredulità di S. Tommaso, (1639 ca.)

L’altare di questa cappella è dotato di una pala raffigurante l’episodio evangelico dell’incredulità di San Tommaso. Cristo, che occupa il centro della scena, mostra all’Apostolo la mano sinistra trapassata dal chiodo e con la destra accompagna la sua a toccare il costato ferito. Tommaso appare confuso e sbigottito mentre, come racconta il Vangelo, esclama: “Mio Signore e mio Dio!”. Gli altri, in cerchio alle spalle dei due protagonisti, esprimono stupore e gioia. La narrazione è affidata ad un gestire teatrale, ma misurato. La luce è usata sapientemente per dare il massimo risalto al Risorto, che si staglia su tutto dominando la scena.

L’opera è anteriore al 1646, visto che ne fa menzione la visita pastorale di mons. Bergera, di quell’anno. Più precisamente, dovrebbe risalire agli anni attorno al 1639, quando la cappella fu sottoposta a totale trasformazione dalla famiglia Spiotta che ne aveva assunto il patronato.

L’attribuzione della pala è molto controversa. Giovanni Romano la riferisce a Giovanni Crosio. Il commendator Secondo Caselle a Giovanni Andrea Casella. Per Oreste Santanera “è probabile si possa attribuire la paternità molto interessante di Alessandro Casella. Questa tela è infatti per disegno e colore molto vicina alla icona (Pentecoste) situata nel coro della Confraternita dello Spirito Santo ad Orbassano, che porta la firma e la data 1634”.

RAPOUS Vittorio Amedeo. Santa Elisabetta d’Ungheria (1752).

RAPOUS Vittorio Amedeo. Santa Elisabetta d’Ungheria (1752).

Sulla parete sinistra è collocato un quadro non intonato con la cappella: rappresenta santa Elisabetta d’Ungheria che, accantonata la corona da regina e vestito il saio da penitente, distribuisce l’elemosina ai poveri. Ve lo collocò nel gennaio del 1863 la Compagnia delle Umiliate, che qui stabilì la sua sede dopo aver abbandonato l’Istituto delle Orfane.

È un quadro del 1752, commissionato a Vittorio Amedeo Rapous, allievo del Beaumont, dalla contessa Cristina Borgarello di Beaufort, allora priora della Compagnia.

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