CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – La sfida di una rinnovata esperienza di fede

Tempo d’Avvento: inizio del Nuovo Anno Liturgico.
di P. Pio Giuseppe Marcato op

 

Secondo anno di pandemia! Sono state riattivate le restrizioni nel comportamento sociale, la sospensione di molte attività culturali, e non ultimo, sono riprese le domande sulla fragilità umana, sul senso della vita, il valore delle scelte e del nostro più intimo rapporto col sacro e con Dio.

Per comprendere il diffuso stato di crisi dell’esperienza di fede e dell’appartenenza alla comunità religiosa dovrebbe essere sufficiente indagare sul vortice che sta investendo la vita intellettuale, politica, la convivenza e la validità delle nostre relazioni. Sembra ci sia una costante erosione di ogni forma di vita e in più la fragilità di ogni norma condivisa. Situazione ondivaga, si diceva una volta, e verità e insofferenza sembrano termini ormai vuoti, si vive in uno stato di indifferenza e fluidità mai conosciuti prima, sembra di stare su una piattaforma sconnessa e insicura, in uno stato di non ritorno. Solo le scelte personali riescono a determinare la volontà di vivere, senza comunque doverne portare a termine tutte le conseguenze, e, al contrario, sembra che solo le indicazioni veicolate dai media possano determinare gli indirizzi personali e i stessi fenomeni di massa che comunque respingono le determinazioni dettate dalla propria ragione evitando quelli della religiosità e della fede.

Ci si può chiedere fino a che punto le sollecitazioni virtuali toccano gli elementi della fede e le categorie della riflessione che invitano al silenzio e a un più approfondito discernimento critico. Non riusciamo più a valutare quanto la sollecitazione dei media può promuovere o sviare l’atteggiamento interiore per interpretare e scegliere una reale crescita umana e cristiana. Come più volte ha affermato Papa Francesco rivolgendosi ai giovani: “l’ambiente mediale è una risorsa straordinaria, ma il suo utilizzo indiscriminato può creare una saturazione di dati e una superficialità al momento di impostare le questioni morali” (Ev.Gaudium 64), “perché venendo meno il silenzio e l’ascolto e trasformando tutto in battute e messaggi rapidi e impazienti, si mette in pericolo la struttura basilare di una saggia comunicazione umana” (Fratelli tutti 49).

Costatiamo freddamente che la pratica religiosa si è affievolita, l’interesse per la fede ha lasciato largo spazio all’indifferenza e ad una forma di ateismo esistenziale, alcuni poi non si identificano in alcuna religione e in alcun Dio.

Eclissi del sacro? Forse, ma più il trasferimento dalla sacralità della religione alla sacralità dell’individuo, all’assoluto dell’io. Credere resta sempre una decisione personale a fronte di tante suggestioni spirituali: Resta forte il bisogno di avere risposte positive ai problemi fondamentali della vita, il significato del condizionamento progressivo della cultura nell’ambiente in cui si vive, il bisogno di avere testimoni credibili, l’avvicinarsi al fascino di Cristo. Più di un riconoscimento dell’ambiente cristiano tradizionale, si fa strada la necessità di definire il tipo di relazione cristiana da offrire agli indifferenti, ai lontani, ai tiepidi; un’atmosfera di autentica fraternità, di vera amicizia, di appartenenza e di apertura alla comunione con tutti (Fratelli tutti 95). Forse è giunto il tempo di ‘convertirsi’ ad uno stile cristiano di vita nelle reciproche relazioni, da persona a persona, da esperienza a esperienza, da cuore a cuore, fondato sul dialogo, la prossimità e la solidarietà. Tempo di Avvento, prossimità del Natale… non certo il ricupero di sole tradizioni emotive familiari di un tempo, ma il bisogno di ritrovare in profondità la verità del nostro volto in Colui che facendosi Uomo ha dato all’umanità il senso della vita aperta alla dimensione dell’eternità.