CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Tempo di primavera. Saper valutare il ritmo della vita.

Dare spazio ai giovani, ma non far scomparire gli adulti!

di P. Pio Giuseppe Marcato op

Il nostro tempo sta conoscendo il nuovo protagonismo dei giovani, in bene e in male. Compiono cose straordinarie nel volontariato, nei vari servizi sociali, nella comunità ecclesiale, ma, nel risvolto della medaglia, anche azioni che stupiscono per cattiveria e gravità. Giovani e adolescenti che, pur nella primavera della loro vita, sono carichi di entusiasmo e non si tirano indietro di fronte alle difficoltà, alle inevitabili sconfitte e alle scontate critiche, ma hanno la ‘temerarietà’ di proseguire il loro cammino e conquistare i loro ideali. Cose che sembravano scomparse dopo il fatidico e turbolento sessantotto. Alla violenza armata di studenti nelle scuole americane o dei branchi e bande delle nostrane città e periferie, sui treni o sulle strade, notiamo altre e positive proteste delle giovani donne afgane, delle giovani che protestano per difendere la loro identità di donne e di protagoniste per il diritto alla cultura, al lavoro, alla professionalità, ma ci sono anche altre che protestano con l’imbrattare di vernice opere d’arte e per sollecitare la nascita di un mondo più pulito a salvaguardia della natura e non solo degli animali, orsi e cani compresi. Proteste e scelte ‘forti’ per ricordare agli adulti, agli “altri più potenti e intoccabili”, che da troppo tempo, hanno rovinato in modo irreversibile il mondo, con la guerra, con disastri ecologici nei mari, oceani e foreste, con la morte del sistema globale della vita. E i giovani, giustamente, si ribellano. Si ribellano perché hanno rubato e sommerso i loro ideali, i sogni di un possibile futuro. Ci sono tanti i giovani meravigliosi che aprendosi alla vita ci stanno salvando, ma noi non vogliamo prenderli sul serio… sono troppo giovani e non conoscono ancora le dure leggi della vita! La nostra ‘debole’ cultura capitalistica ama e adora la giovinezza, ma non ama a sufficienza i giovani! Mentre si esaltano i modelli associati a questo tempo: la bellezza, il fascino, la salute, l’energia, si capisce sempre meno e se ne disprezzano i valori che questi ‘veri protagonisti’ stanno realizzando con fatica e semplicità, che sono fondamentali per la loro esistenza e sopravvivenza e sono solo l’anticipo dell’età adulta e dell’anzianità; così il cielo allora s’intristisce e si tinge di grigiore. Ma la società che non valorizza e non sa cogliere i valori dell’anziano, che non sa invecchiare in modo positivo, non capisce e non valorizza neppure i giovani. Sembra che la nostra generazione non sappia distinguere e unire queste due dimensioni. Manca della dimensione profetica e neppure di sana prudenza. Che la nostra cultura non sappia amare i giovani, nonostante lo stile sapiente del Presidente Mattarella che li convoca sovente accanto a sé, lo si vede da come li tratta a scuola, nell’università, nel mondo del lavoro, nei partiti politici, nelle istituzioni dove i giovani sono sempre più assenti e tenuti ben distanti e così loro sognano altri lidi! Sono troppi i giovani che rischiano di passare, quasi senza accorgersene, dalla giovinezza alla vecchiaia senza poter vivere la propria età. Si deve restare giovani fino ai 35-40 anni perché senza lavoro sicuro, senza casa, senza amore, senza piena responsabilità del proprio avvenire e si diventa precocemente ‘vecchi’ dopo i 50 anni. C’è l’età biologica, l’età dei sogni, degli ideali, dell’innamoramento, ma per molti questo tempo della ‘giovinezza’ è ridotto, quasi scomparso, disatteso. Una volta col servizio di leva, il matrimonio e l’inserimento nel mondo del lavoro si passava direttamente dall’adolescenza alla vita adulta, con le sue responsabilità e i suoi ritmi. Era quello il tempo del cambiamento del ritmo sociale: moda di vestirsi, divertirsi, sperare, lavorare, vivere. Oggi è più che mai urgente il dovere di re-inventare la vita adulta schiacciata da una gioventù diversa e da una vecchiaia troppo artificiale e allungata. Se il lavoro sicuro arriva toppo tardi, frammentario, precario e insicuro non fa altro che alimentare una giovinezza snaturata e si blocca la crescita verso la maturità. Il tempo della giovinezza è stupendo proprio perché finisce e quando questo si prolunga in modo indefinito si trasforma in tragedia sociale e anche antropologica. Ne soffre l’economia, l’energia sociale e familiare, l’aspetto morale personale e collettivo. Difficile uscire da questa nuova forma di ‘trappola di povertà’ tipica della società nella quale ci troviamo senza poter favorire risposte certe e sicure. Questo è il tempo prezioso della primavera: dobbiamo avere il coraggio di leggere con attenzione i segni dei tempi e chiamare col loro nome le crisi culturali, sociali e morali che stiamo attraversando.