Le immagini: il dolore dopo la gioia
Paolo Di Paolo (La Repubblica 27 aprile 2025)
«Ricorderemo lo stupore quasi muto della folla di fronte all’uomo anziano (…) che – inatteso – attraversa piazza San Pietro sull’ auto scoperta. È il giorno di Pasqua. (…). C’è ancora. C’è la vita.(…). E poi ricorderemo che basta una notte: il tempo minimo fra esserci e non esserci. (…). Ora il mondo visibile lascia il passo a quello invisibile.(…). Ricorderemo (…) il porpora cardinalizio, il blu del completo di Trump che stacca sul nero altrui colori evanescenti impermanenti come i ruoli. Resta più impresso quel poncho sbiadito, una coperta gettata sopra una canottiera. La nudità o l’inermità del vero, il mostrarsi come si è. L’essere – agli appuntamenti estremi – come chiunque. Tutte le immagini scompariranno (…) ma alcune, prima, lampeggiano a lungo trattenute dalla memoria ampia di una collettività. Il lavoro dell’informazione le archivia, le tramanda. Può renderle fatali anche quando sono dettagli da niente (…). Come un paio di scarponi vecchi e sfasciati in un quadro di Van Gogh, un quadro che li rende rivelatori; le vecchie scarpe ortopediche di papa Francesco sono forse l’immagine che non scompare. Sbragate, consumate, raccontano un’esistenza meglio di qualunque biografia.(…). Non c’entra la retorica dell’umiltà: c’entra, ancora una volta, il mostrarsi come si è. Un uomo che ha camminato. Nell’incertezza, nell’imperfezione. C’è un episodio degli Atti degli Apostoli, tipica lettura liturgica del Lunedì dell’Angelo, il giorno in cui il papa si è spento. Il Risorto appare a Emmaus e si accosta a due passanti. Si mette a camminare con loro. È l’‘uomo che cammina’ (…). Ha scritto Christian Bobin: “La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera. Che la morte è nulla più di un vento di sabbia. Che vivere è come il suo cammino: senza fine”».