Cappella di S. Caterina da Siena
Inizialmente questa cappella, appartenente alla famiglia astigiana dei Pelletta, e da questi passata a Pietrino Villa di Villastellone (il cui stemma compare su due colonne), era dedicata a Santa Maria Maddalena, la Santa che compare nel capitello trecentesco dell’arco d’ingresso. I Villa la adornarono con il trittico ligneo, di autore bruxellese, delle Storie della Passione, fatto giungere dalle Fiandre e oggi conservato nel Museo Reale d’Arte e di Storia di Bruxelles.
All’inizio dell’Ottocento la cappella venne dedicata alla Beata Caterina da Racconigi, terziaria domenicana. Nel 1885 venne intitolata a Santa Caterina da Siena, la cui immagine campeggia sopra l’altare.
In una nicchia della parete destra è collocata una bellissima statua settecentesca, in legno dorato, della Madonna del Rosario.
Della pala dell’altare il Guarienti scrive che si tratta di una copia, dipinta nel 1886 da una certa signora Richelmy, del quadro eseguito per il Santuario di Pompei da tale Maccarelli. Come San Francesco d’Assisi alla Verna, la Santa viene raffigurata in preghiera e con le braccia spalancate. Dal Crocifisso, che le appare, si sprigionano raggi di luce che la colpiscono alle palme delle mani e al petto imprimendole i segni della Passione.
Il quadro rappresenta la gloria di Sant’Eligio, vescovo di Noyon-Tournai. Il Santo è al centro di un volo di angeli, due dei quali recano le insegne episcopali: la mitria e il pastorale.
In basso a destra, in piccolo, il pittore ha raffigurato un fabbro che ferra il cavallo: il quadro, infatti, appartiene alla Corporazione dei Fabbri ferrai, i quali invocavano come loro protettore Sant’Eligio, che prima di diventare vescovo era stato un orefice, e un orefice di alto livello se, come si racconta, il re merovingio Clotario lo nominò direttore della zecca di Marsiglia.
Anche nella Collegiata di Santa Maria della Scala, a sinistra dell’ingresso principale, c’era un altare dedicato a questo Santo. Venne eliminato nel 1584 per volere del visitatore apostolico mons. Angelo Peruzzi, il quale ritenne sconveniente la sua collocazione, aderente alla controfacciata, che obbligava il celebrante a volgere le spalle all’altar maggiore. Non sappiamo se fu in quella circostanza che i Fabbri ferrai trasferirono in San Domenico il culto del loro protettore.
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