Cappella di S. Giacinto

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Cappella di S. Giacinto

Questa cappella ha cambiato varie volte sia il patronato sia la dedicazione. Fondata dalla famiglia dei Bullio, in seguito passò ai Tabussi (il cui stemma compare tuttora sui capitelli e sulla chiave di volta) quindi ai Balbiano. Nella portina della finissima balaustra lignea compare uno stemma che sembrerebbe quella dei Bormioli, conti di Pino Torinese: la balaustra, però, non appartiene a questa cappella ma vi è stata trasferita da quella del Crocifisso.

Originariamente dedicata alla Martire Santa Caterina, lo fu poi a San Sebastiano, a Santa Caterina e San Sebastiano, a San Vincenzo e, dal 1921, a San Giacinto. Il Guarienti la chiama cappella del Sacro Cuore perché ai suoi tempi vi si trovava “una brutta statua del Sacro Cuore”.

 

 

 

La pala dell’altare rappresenta San Giacinto, titolare della cappella. In basso reca la firma dell’autore e la data di esecuzione: “Robertus Levoxier Aurelianensis fecit 1607”. Quindi è un’opera di Robert Levoyer, pittore originario di Orléans (attivo a Torino almeno dal 1597, morto forse di peste nel 1630), uno degli artisti preferiti del duca Carlo Emanuele I.

Anche il quadro appeso alla parete sinistra reca la firma dello stesso artista e la data: “Robert Levoyer d’Orléans 1597”.

Si tratta di una copia di un’opera dal pittore marchigiano Federico Barocci, detto “il Fiori”, eseguita per il Santuario di Loreto e oggi  tornata in Italia dopo essere stata trafugata da Napoleone, conservata nei Musei Vaticani.

Forse è il caso di sottolineare che in Chieri, nel Duomo, esiste la copia di un’altra opera del Barocci (La Visitazione di Maria a Santa Elisabetta, dipinta per la chiesa romana di Santa Maria in Vallicella) che Giovanni Romano attribuisce allo stesso pittore francese.

Anonimo, Madonna degli aranci (copia, inizio ‘600)

Anonimo, Madonna degli aranci (copia, inizio ‘600)

É uno dei quadri dei quali il Guarienti scrive:”Nel 1641, non so con quale gusto estetico, Padre Broglia fece appendere alle otto colonne dei grandi quadri, copie di celebri opere esistenti in altri conventi”.

Questa Madonna, detta “degli aranci” dal festone traboccante di tali frutti e di fogliame che compare nella zona alta del quadro, è una copia seicentesca di autore sconosciuto dell’omonima opera di Gaudenzio Ferrari (1529) conservata nella chiesa di San Cristoforo di Vercelli.

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