PIEMONTE ARTE: THEO GALLINO, ANGELA SEPE NOVARA, BOGGIO, SCIOLZE, TUNINETTI, LARRY RIVERS, MAGRIN, CARLETTO, DE VECCHI, SMITH  

 

THEO GALLINO A PAVIART 2018

Nella splendida cornice di Pavia, città d’arte e cultura, dal 12 al 13 Maggio 2018 si svolgerà presso il Palazzo Esposizioni di Pavia la sesta Edizione di PaviArt mostra mercato dedicata all’arte moderna e contemporanea. Notevole il successo della scorse edizioni in termini di presenze ma anche di contatti tra operatori e collezionisti, con risultati andati oltre le più rosee previsioni, ottenendo una  grandissima partecipazione di visitatori che in due giorni hanno potuto ammirare ed anche acquistare opere d’arte di assoluto valore con grande soddisfazione delle importanti gallerie partecipanti, provenienti da tutta Italia e dall’estero. Nelle edizioni precedenti, tra gli altri, comparivano nomi come Guttuso, Sironi, Fiume, Cascella, Paietta, Accardi, Clemente, De Maria, Cucchi, Chia, Paladino, Rotella, Burri, Dorazio, Perilli e Hartung. Anche quest’anno, PaviArt torna a proporsi ad appassionati e collezionisti come fiera unica nel suo genere in tutta Pavia e provincia, offrendo l’opportunità di ammirare le opere d’arte di grandi maestri del ‘900 e del periodo contemporaneo. Alla rassegna partecipa l’artista chierese Theo Gallino, con l’opera “Nati in una breccia” nello stand dei galleristi Lara e Rino Costa.

Le giornate e gli orari della manifestazione sono i seguenti:

Sabato – 12/05/2018 dalle ore 10:00 alle ore 20:00

Domenica – 13/05/2018 dalle ore 10:00 alle ore 20:00

Sede fieristica: Palazzo Esposizioni di Pavia – Piazzale Europa, 12

 

ANGELA SEPE NOVARA IN MOSTRA AL MUSEO ITALO AMERICANO DI SAN FRANCISCO

Dal 10 maggio al 2 settembre il Museo Italo Americano di San Francisco ospita una mostra personale dell’artista chierese Angela Sepe Novara, dal titolo “Colori tra cielo e terra – le 4 Stagioni e altre ispirazioni vivaldiane”. La mostra è presentata dalla Regione Piemonte e dal Museo Regionale di Scienze Naturali.

 

 

 

 

 

 

PALAZZO MADAMA: UNA RITROVATA MADONNA DELLA FABBRICA DI SAN PIETRO

Dalla chiesa di San Giacomo Scossacavalli alla basilica vaticana

Palazzo Madama – Camera delle Guardie

Piazza Castello – Torino

12 maggio – 16 luglio 2018

Venerdì 11 maggio 2018

ore 12.00 – conferenza stampa e inaugurazione

ore 15.00 – Seminario

La Fabbrica di San Pietro in Vaticano e il restauro della Madonna di Scossacavalli

Intervengono:

Pietro Zander – dirigente conservazione e restauro beni artistici della Fabbrica di San Pietro in Vaticano

Lorenza D’Alessandro – restauratrice

Giorgio Capriotti – restauratore

 

La Fondazione Torino Musei, con il patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano, dal 12 maggio al 16 luglio 2018 presenta al piano nobile di Palazzo Madama, in Camera delle Guardie, un inedito dipinto del primo Cinquecento raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù. L’opera viene esposta in anteprima assoluta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro promosso dalla Fabbrica di San Pietro col sostegno di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking. Il dipinto è un olio su tavola e fu commissionato nel gennaio del 1519 a un “Dipintore”, del quale purtroppo non è tramandato il nome e per il quale non c’è al momento un’attribuzione sicura. Conosciamo, invece, il committente, la moglie di tal Pietro Pedreto, che fece realizzare il dipinto per la chiesa di San Giacomo Scossacavalli in Roma. L’edificio sorgeva nei pressi della basilica vaticana, ma fu demolito nel 1937, insieme a tutte le case circostanti della cosiddetta “Spina di Borgo”, per realizzare la monumentale Via della Conciliazione che dal Tevere conduce a Piazza San Pietro.

In seguito alla demolizione della chiesa di San Giacomo, il dipinto fu trasferito nei depositi della Fabbrica di San Pietro e abbiamo notizia di primi tentativi di restauro nel XVII e poi nel XVIII secolo. Solo nel 2016 venne avviato il non facile restauro, affidando l’incarico a due valenti professionisti romani: Lorenza D’Alessandro per la parte pittorica e Giorgio Capriotti per il supporto ligneo. L’intervento è stato lungo e impegnativo, perché il dipinto era fortemente danneggiato, soprattutto sul busto della Vergine e nella metà inferiore, con cadute irreversibili di colore dovute molto probabilmente all’immersione nell’acqua del Tevere che era straripato allagando tutta la chiesa all’antivigilia di Natale del 1598. Le cronache raccontano che l’acqua si arrestò improvvisamente sotto le labbra della Vergine, lasciando il segno della piena. Quella storica traccia si può ancora riconoscere in una scura linea orizzontale che attraversa il dipinto, e il danno è ancora più evidente nella parte inferiore, dove la pittura è andata totalmente perduta. Nell’allestimento ideato per Palazzo Madama dall’architetto Roberto Pulitani, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, oltre al dipinto vengono presentate riproduzioni di fotografie e documenti che descrivono non solo il complesso intervento di restauro in tutte le sue fasi, ma anche la storia della chiesa andata distrutta e del contesto urbanistico ove essa sorgeva. La chiesa di San Giacomo era infatti sede dell’Arciconfraternita del Santissimo Corpo di Cristo, che ebbe come confratelli più di venti cardinali – tra i quali i futuri papi Innocenzo IX e Paolo V – e numerose alte cariche della curia romana, con personaggi illustri come Domenico Fontana e Pierluigi da Palestrina. Il restaurato dipinto della Madonna col bambino era allocato sopra l’altare della prima cappella a destra entrando. Qui certamente lo vide Raffaello, che abitava in un palazzetto di fronte a questa chiesa, e anche il pittore Perin del Vaga, che dimorò anch’egli in Borgo Nuovo in una casa vicino all’abitazione del maestro urbinate, del quale fu allievo e collaboratore. Nel 1521 un anonimo artista di Parma realizzò per la Madonna di Scossacavalli un tabernacolo, che serviva anche da “macchina processionale” quando la venerata immagine mariana veniva solennemente portata in processione, come nell’anno 1522 per scongiurare la peste che aveva colpito la popolazione di Roma. Nella cappella ad essa dedicata, detta anche “Cappella della Beata Vergine delle donne”, il dipinto fu oggetto d’intensa devozione, testimoniata sulla tavola dalla presenza di numerosi fori e abrasioni dovuti alla pratica devozionale di fissare con chiodi corone, collane, gioielli ed ex voto. La mostra di Palazzo Madama costituisce un’occasione unica e irripetibile per ammirare il dipinto, prima che torni definitivamente in Vaticano, nel mese che per la religione cattolica è tradizionalmente dedicato alla Madonna. Dal Medio Evo a oggiAggiungi un appuntamento per oggi, maggio è il mese della primavera e delle rose, fiore mistico, dedicato alla Santissima Vergine, a Torino particolarmente venerata nell’icona di Maria Consolata, patrona della Città insieme a San Giovanni Battista. La mostra rappresenta dunque un appuntamento imperdibile non solo per gli appassionati di arte, ma anche per tutti i devoti che a Torino avranno l’opportunità di conoscere la storia di questa straordinaria icona.

 

PINACOTECA ALBERTINA, DALLA SCUOLA DI GROSSO: BARTOLOMEO BOGGIO

A cura di Francesco De Caria

Pinacoteca Albertina, dal 5 maggio al 3 giugno 2018

 

La retrospettiva di Bartolomeo Boggio (Castellamonte 1875 – San Giorgio Canavese 1950) conclude il ciclo di mostre “Dalla Scuola di Grosso”. Alcune delle opere esposte risalgono agli anni della sua frequentazione dell’Accademia Albertina (1893-1900). I carboncini e le pitture richiamano la rigorosa formazione con maestri come il Gamba e il Grosso nella realizzazione di temi biblici, come Il sacrificio di Isacco, ora donato dalla famiglia Boggio all’Accademia. Altrettanto interessanti i soggetti di Nudo, maschile e femminile. Con libertà creativa il Boggio prosegue il suo percorso dedicandosi al ritratto, dove vecchi contadini, ragazze di paese, farmacisti e prelati trovano precise identità, insieme al figlio Giorgio, più volte ritratto dall’adolescenza alla maturità. Un ampio spazio il pittore riserva a soggetti sacri, dai quadri ispirati a particolari devozioni – la Santa Barbara voluta dai minatori emigrati in America, il Don Bosco attorniato dai giovani del paese, il Cottolengo al centro di una moltitudine di derelitti, pitture ancora presenti nelle navate di Cuceglio e San Giorgio – agli affreschi che in chiese del Canavese realizzerà nei primi decenni del Novecento. Sulla devozione religiosa si incentrerà il suo lavoro nelle Americhe, fra New York, Filadelfia – in cui dipinge la cupola della cattedrale -, Canada e Argentina dove, dal 1913 al 1920, lavorerà a quella simbolica ricostruzione della comunità degli emigranti attraverso le immagini della tradizione cattolica. Lavorerà, dopo il suo rientro, a cappelle e santuari piemontesi, fino alla sua morte, avvenuta nel 1950. Durante il fascismo Bartolomeo Boggio si chiuderà nel suo privato in totale contrasto con il regime, rinunciando a partecipare a rassegne che in gioventù gli avevano tributato premi e riconoscimenti, a partire dalla Esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, del 1899. Oltre alla donazione all’Accademia, da parte della famiglia Boggio, di numerose opere, a olio e in carboncino, che documentato una pittura fedele alla figuratività dell’epoca, va segnalata la donazione di un cospicuo insieme di documenti relativi alle lezioni tenute dai maestri dell’Accademia sul finire dell’Ottocento. Tale insieme si compone di appunti rigorosamente annotati dal Boggio durante le lezioni, di disegni anatomici, di architettoniche riproduzioni di opere da musei e di monumenti, e di pubblicazioni di temi geometrici e anatomici in manuali di sostegno ai principianti, materiali utili a fornire una documentazione sul tipo di formazione adottato in quegli anni dall’Accademia.

 

SCIOLZE: D’ARTE, D’ARTISTI & DINTORNI

D’arte, d’artisti & dintorni è il tema proposto dall’artista sciolzese Gianni Gianasso e da Daniele D’Antonio. Mercoledi 9 maggio ore 21 nel salone comunale di Sciolze, argomento della serata sarà l’arte contemporanea. Una serata culturale particolare e suggestiva dove alla chiacchierata seguirà la proiezione del film ” Agata pensaci tu “.

Ingresso gratuito.

 

 

 

 

 

 

GOVONE: “REGALMENTE ROSA”, MOSTRA DI GIANNA TUNINETTI

Govone Arte presenta “Regalmente Rosa”, Acquarelli di Gianna Tuninetti: ritratti di rose antiche e fiori delle nostre terre esposti nell’affascinante atmosfera del CASTELLO REALE di GOVONE

Inaugurazione Sabato 26 maggio dalle ore 16,30 alle 19.

La mostra prosegue dal 27 maggio al 29 luglio con il seguente orario:

giugno: sabato e domenica 10/12 – 15/18

luglio: sabato e domenica 10/12 – 16/19

Per visite su appuntamento e info contattare:

Comune di Govone tel. 0173 58103

www.castellorealedigovone.it

la mostra è organizzata dall’Associazione “Govone Residenza Sabauda” e da “Govone Arte”

in collaborazione con il Centro di Promozione Culturale “Govone e il Castello” e il Comune di Govone

 

CHATILLON: MOSTRA LARRY RIVERS DALLA PINACOTECA AGNELLI. I TRE VOLTI DI PRIMO LEVI

Il Castello Gamba di Châtillon (Aosta) presenta la mostra LARRY RIVERS DALLA PINACOTECA AGNELLI. I TRE VOLTI DI PRIMO LEVI (12 maggio – 23 settembre 2018), un progetto della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, curato dalla sua direttrice Marcella Pralormo.

Un’occasione unica per ammirare tre ritratti di Primo Levi non visibili al pubblico, eseguiti dall’artista americano Larry Rivers e oggi custoditi negli uffici della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli a Torino. Un percorso espositivo che permette di ricostruire la passione per l’arte che ha sempre accompagnato la vita di Giovanni e Marella Agnelli: una passione che li ha portati a collezionare opere importanti, scelte sempre per il piacere estetico che suscitavano, indipendentemente dall’epoca o dalla corrente artistica a cui appartenevano.

Nel 1987, in occasione di un viaggio a New York subito dopo la tragica scomparsa di Primo Levi, Giovanni Agnelli – che aveva studiato nello stesso liceo torinese dello scrittore e del quale era di due anni più giovane – acquistò dalle Marlborough Galleries di New York tre ritratti di Primo Levi dipinti da Larry Rivers. Larry Rivers, il cui vero nome è Yitzhok Loiza Grossberg (1923-2002), nacque in America da genitori russi ebrei. Nel 1945, poco dopo aver cambiato nome, Rivers iniziò a dipingere, diventando un protagonista della pop art americana. A metà degli anni Ottanta, Rivers aveva da poco iniziato a fare i conti con le sue origini ebraiche, fino ad allora trascurate. Non aveva esperienze dirette della guerra e dello sterminio e fu profondamente turbato dalla lettura di Se questo è un uomo, suggeritagli dall’amico Furio Colombo, in quegli anni presidente di Fiat USA, che gli regalò una copia del libro. Larry Rivers lesse tutte le opere di Primo Levi, si appassionò alla sua storia e scelse di animare e teatralizzare i romanzi più celebri in tre opere ancora oggi proprietà della famiglia Agnelli: Witness, Survivor e Periodic Table. A colpire l’artista erano state le diverse identità di Primo Levi: chimico torinese, deportato come partigiano e identificato come ebreo,  sopravvissuto allo sterminio e diventato poi famoso come scrittore. Per esprimere al meglio la sua visione della Memoria e della Morte l’artista utilizza la tecnica della cancellazione con figure non pienamente presenti sulla scena. Una perfetta metafora per la difficoltà di trasmettere la memoria dello sterminio da parte dei sopravvissuti: le immagini del passato non si possono dimenticare, eppure, allo stesso tempo, è impossibile riuscire a comunicare fino in fondo la tragedia a chi non l’ha vissuta. I tre dipinti vennero portati in Italia ed esposti, per decisione dell’Avvocato, nella sede de La Stampa, giornale per il quale Primo Levi aveva scritto a partire dal 1959, e in forma più continua dal 1968, saggi racconti ed elzeviri della Terza Pagina. “Mio nonno – racconta Ginevra Elkann, presidente della Pinacoteca Agnelli – decise di collocare i quadri di Rivers in una grande sala che si trovava al piano terreno della sede de La Stampa in Via Marenco 32. Dopo la collocazione dei quadri, la sala venne comunemente chiamata ‘Sala Primo Levi’. Non era aperta al pubblico, ma era usata per le riunioni più importanti e per accogliere i visitatori illustri per un primo saluto o un brindisi di benvenuto”. Dal 2002 le tele si trovano negli uffici della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino.

 

 

AOSTA: MOSTRA NICOLA MAGRIN. LA TRACCIA DEL RACCONTO

Aosta, Centro Saint-Bénin

5 maggio – 7 ottobre 2018

orari: martedì – domenica

10 – 13 / 14 – 18

chiuso il lunedì

L’Assessorato dell’Istruzione e Cultura comunica che, venerdì 4 maggio 2018, presso il Centro Saint-Bénin di Aosta, è stata inaugurata la mostra Nicola Magrin. La traccia del racconto.

L’esposizione di Aosta, curata da Daria Jorioz, presenta circa settanta acquerelli su carta di piccole, medie e grandi dimensioni, realizzati tra il 2009 e il 2018, che ripercorrono i temi salienti dell’artista: il percorso interiore dell’uomo e il suo rapporto con la natura selvaggia, la raffigurazione dei boschi e degli animali selvaggi, la montagna e i paesaggi notturni.

Autore apprezzato dal pubblico per l’intensa attività di illustratore, Nicola Magrin ha realizzato per Einaudi le copertine dell’opera di Primo Levi. Sua è la copertina de Il richiamo della foresta di Jack London e del fortunato romanzo di Paolo Cognetti Le otto montagne, che ha vinto il Premio Strega 2017 ed è stato tradotto in 39 lingue.

L’Assessore all’Istruzione e Cultura sottolinea che gli acquerelli di Nicola Magrin sono un elogio alla montagna e alla natura incontaminata e che la mostra accompagna il visitatore alla scoperta di un artista di grande sensibilità, che ha saputo coniugare efficacemente arte e letteratura, sintetizzando in una sola immagine le opere di importanti scrittori.

L’esposizione Nicola Magrin. La traccia del racconto allestita al Centro Saint-Bénin di Aosta, rivela la maturità espressiva di un autore che ha scelto l’acquerello come tecnica artistica esclusiva.

La mostra presenta al pubblico opere di grandi dimensioni quali Walking (300×114 cm) e L’infinito (58×250 cm), una selezione di tavole originali del libro di Folco Terzani, Il Cane il Lupo e Dio, e numerose carte riunite in gruppi tematici, dalle serie Betulle ai Notturni, da Lupo e uomo a In baita.

L’allestimento è arricchito da un video realizzato nello studio dell’artista che documenta la sua tecnica pittorica.

Scrive in catalogo la curatrice Daria Jorioz: Un intimismo minimalista permea le opere su carta di Magrin, che paiono emergere dalla luce algida di una giornata al termine di una nevicata e dal silenzio dell’inverno in montagna. L’artista pare prediligere la dimensione nordica, che da un’alba lattiginosa si sostanzia nei toni freddi di un pomeriggio immerso in una natura silente per culminare, nelle carte dei Notturni, in una notte dalla trama fittamente stellata.

Nicola Magrin è nato a Milano nel 1978 e si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano nel 2004 con una tesi sul pittore spagnolo Miquel Barceló (1957). La sua prima mostra personale è del 2002: Portraits, Galleria Blanchaert, Milano.

Nel 2008 è stato selezionato per una residenza d’artista a New York presso l’Harlem Studio Fellowship di Montrasio Arte. Nel 2010 ha partecipato al Premio ArtiVisive San Fedele 2009-2010, Galleria San Fedele Milano. Nel 2012 realizza la mostra personale Wolves, Leo Galleries, Monza e partecipa all’esposizione collettiva dal titolo Naturales Quaestiones, Arengario, Monza. Al 2014 sono datate le due mostre personali Di Notte, Spazio 1929, Lugano e Dall’erba dei campi alle stelle del cielo, Salamon & C. Arte Contemporanea, Milano. Nel 2017 partecipa alla prima edizione de Il richiamo della foresta, evento svoltosi a Estoul, in Valle D’Aosta. Ha illustrato l’opera di Primo Levi, Le otto montagne di Paolo Cognetti, Il silenzio di Erling Kagge, Alpi ribelli di Enrico Camanni (Editori Laterza), l’opera di Matteo Righetto (Tea) e di Tiziano Terzani (Tea). Il suo primo libro illustrato, con il testo di Folco Terzani, si intitola Il Cane, il Lupo e Dio ed è stato pubblicato nel 2017 da Longanesi. Vive e lavora a Monza.

La mostra Nicola Magrin. La traccia del racconto resterà aperta sino a domenica 7 ottobre 2018, dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. Chiuso il lunedì.

Il catalogo bilingue italiano-francese, edito da Silvana editoriale, contiene testi di Daria Jorioz, Paolo Cognetti e Monica Aldi ed è in vendita al prezzo di 25 euro.

Il costo del biglietto d’ingresso è di 6 euro intero, 4 euro ridotto; ridotto 50% Alpitur; entrata gratuita per i minori di 18 anni e per le scuole. Sarà inoltre possibile acquistare un abbonamento con la mostra Gabriele Basilico. La città e il territorio, in corso dal 28 aprile 2018 al Museo Archeologico di Aosta, al costo di 10 euro intero e 6 euro ridotto.

Per informazioni:

Assessorato Istruzione e Cultura

Regione autonoma Valle d’Aosta

tel. +39.0165.272687 e 0165.275937

www.regione.vda.it

u-mostre@regione.vda.it

 

 

MONTALDO TORINESE: MOSTRA “50 ANNI DI IMPEGNO PER LA LIBERTÀ (1966 – 2016)”

 

MOSTRA 40ENNALE VITTIME DEL TERRORISMO #SIAMOLANOSTRAMEMORIA

Torino 4-31 maggio 2018

Venerdì 4 maggio, alla presenza del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Franco GABRIELLI, e di numerose Autorità Civili militari e religiose, è stata inaugurata la mostra #SIAMOLANOSTRAMEMORIA, organizzata in collaborazione con Legal@rte, associazione di volontariato, cultura e legalità per il sociale. “Le parole devono avere un peso ed un significato ed oggi  dobbiamo ricordare chi stava da una parte e chi dall’altra… chi stava dalla parte giusta ed ha perduto la vita nel nome delle Istituzioni democratiche del Paese.” Sono queste le parole del Capo della Polizia, Franco Gabrielli, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, e racchiudono il senso del progetto Legal@rte. Si celebra, quest’anno, il 40°ennale della morte degli uomini della Questura di Torino caduti per mano terroristica, stiamo parlando delle Guardie di Pubblica Sicurezza Salvatore Lanza e Salvatore Porceddu, del Maresciallo di Pubblica Sicurezza Rosario Berardi e del Brigadiere di Pubblica Sicurezza Giuseppe Ciotta. L’obiettivo è far conoscere, soprattutto alle giovani generazioni, i tragici avvenimenti che hanno segnato l’Italia degli anni di piombo con uno sguardo particolare a ciò che è accaduto nella lunga notte torinese degli anni ‘70. Il racconto degli episodi che hanno portato alla morte dei quattro uomini della Questura di Torino, sarà affiancato dalle storie di giovani della società civile che hanno perso la vita non in funzione del ruolo che rivestivano ma vittime casuali di chi “uccideva in nome delle idee”.

Il progetto espositivo, allestito negli spazi della Questura di Torino, ingresso corso Vinzaglio, è costituita da 7 opere (4 fotografie, 2 opere pittoriche ed un’istallazione); è stato curato da Roberta Di Chiara, Sovrintende Capo Tecnico della Polizia di Stato e Presidente dell’Associazione Legal@rte, che è nata dalla volontà di un gruppo di appartenenti alla Polizia di Stato che hanno scelto di continuare a diffondere i principi di legalità anche al di fuori del contesto istituzionale, facendo leva su nuovi linguaggi. Il racconto parte dagli scatti realizzati dal fotografo Ivano Santoriello, Sovrintendente Capo della Polizia di Stato della Questura di Torino; immagini a colori sul luogo dell’attentato terroristico che puntano l’obbiettivo verso l’esterno, sulla Torino di oggi in una doppia visione: da una parte un omaggio dell’autore ai colleghi uccisi, dall’altra  raccontare le ferite impresse sull’asfalto dei luoghi del quotidiano di cui si sconosce la tragedia consumata nel passato. A seguire il polittico dell’artista Diego Testolin, Sovrintendente Capo della Polizia di Stato del Gabinetto Interregionale della Polizia Scientifica di Padova in una rivisitazione delle immagini dei caduti: lo stile  pop-art  che utilizza  la figura del mito quale idolo della società moderna. Un’installazione costituita da 2 ritratti fotografici realizzati dall’artista Elena Givone rievocheranno la memoria dei caduti, l’immagine fotografica su un fondo a specchio riflette e porta all’interno dell’istallazione lo spettatore stesso. L’opera pittorica «Disegni notturni» dell’artista Lia Claudio, Sovrintendente Capo T. della Polizia di Stato, Direzione Centrale degli Affari Generali della Polizia di Stato,  introduce allo spaccato sulla lunga notte degli anni di piombo. Il percorso espositivo si conclude con 7 pannelli che raccontano una panoramica del terrorismo degli anni di piombo in Italia, con un focus particolare su Aldo Moro e su Torino ed, in maniera più approfondita, la narrazione delle vicende degli studenti Roberto Crescenzio e Emanuele Iurilli e l’assalto alla Scuola di  Amministrazione Aziendale di via Ventimiglia.

La mostra rimarrà visitabile al pubblico fino al 31.

Sono previste visite dedicate alle scolaresche.

Ricordiamo l’hastag #siamolanostramemoria.                                                                                        

 

BORGOMANERO, MOSTRA: “DI TAGLIO INTAGLIO”, OPERE DI MARCO CARLETTO

Galleria Borgoarte – Borgomanero, 12-05-2018 / 09-06-2018

INAUGURAZIONE: sabato 12-05-2018 Galleria Borgoarte dalle ore 18.00

PRESENTAZIONE: Lorella Giudici

“Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare”, diceva il grande Bruno Munari. E Marco Carletto è uno di quelli che la lezione di Munari l’ha imparata subito, imboccando una drastica via della semplificazione su tutti i fronti. Semplifica i colori, riducendoli a gamme cromatiche nette e accese,

a stesure piatte e senza sdolcinati sfumature, a una prevalenza di primari e complementari, per altro quasi mai sullo stesso lavoro. Semplifica le forme, strutturandole in geometrie elementari e ripetute, in ritmi precisi e cadenzati, distribuendole con regolarità su tutta la superficie del quadro. Semplifica lo spazio, ubbidendo, per così dire, a una geometria superiore, ovvero a una forma primaria che raccoglie dentro di sé tutte quelle piccole forme organizzandole in un disegno complessivo. Semplifica la materia, utilizzando la tela e poco altro. Infine, semplifica il significato, togliendo ogni riferimento letterario, sentimentale e anedottico per lasciare la scena solo alla realtà pitagorica. Non ci sono contenuti nascosti, pensieri sottaciuti: tutto si palesa nella regola e nel rigore di quell’alternanza di pieni e di vuoti, di tele intagliate, di spazi trovati nell’incavo del taglio, di pieghe che la stoffa indurita da colle e colori è costretta ad assumere e nelle ombre che quelle pieghe proiettano sui piani. Semmai ci potrebbe essere un inganno ottico nei volumi, come

accade spesso nelle composizioni optical, che fa presagire una forma in rilievo dove non c’è o una

superficie dove in realtà c’è una profondità, ma è parte di quella complicità che le opere chiedono allo spettatore. È indubbio che Carletto, come Fontana, usa la tela non come superficie pittorica, ma come elemento scultoreo, plastico, materia tridimensionale in grado di estendersi dentro e fuori il suo confine fisico. Forse ad alcuni l’insieme potrebbe risultare decorativo, ma il severo controllo che la ragione esercita sui gesti e sull’austera griglia compositiva impedisce di trasformare tutto in un mero e ripetitivo gioco di pazienza o in un banale esercizio di forme. In verità, sia l’esecuzione che il risultato di tanto reiterare si trasformano in un mantra ipnotico e fuori dal tempo.

Borgo Arte corso Mazzini, 51 – 28021 Borgomanero (No)

Tel/fax 0322 834262 cell.: 333-8093905 email: galleriaborgoarte@gmail.com

orari:

Galleria Borgo Arte

mercoledì, giovedì dalle 16.00 alle 19.30

venerdì e sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30

domenica su appuntamento

 

TORINO: LE INTUIZIONI SIMOLICHE DI PIERANGELO DE VECCHI

 

MUSEO DELLA MONTAGNA: ALBERT SMITH, LO SPETTACOLO DEL MONTE BIANCO E ALTRE AVVENTURE IN VENDITA

Torino, Museo nazionale della Montagna, 9 maggio – 14 ottobre 2018

Albert Richard Smith medico, scrittore e soprattutto showman, è uno dei personaggi più popolari nella Londra dell’epoca vittoriana. Nelle affollate conferenze-spettacolo all’Egyptian Hall di Piccadilly offre alla società inglese la possibilità di vivere il sogno esotico delle altezze alpine. È inoltre il primo a intuire le potenzialità del merchandising nel senso moderno del termine, utilizzandolo nel modo più spregiudicato.

La mostra e il volume del Museo Nazionale della Montagna, ALBERT SMITH. LO SPETTACOLO DEL MONTE BIANCO E ALTRE AVVENTURE IN VENDITA, a cura di Aldo Audisio e Veronica Lisino – realizzati nell’ambito del progetto di cooperazione transfrontaliera INTERREG V-A ITALIA-FRANCIA ALCOTRA 2014-2020 “iAlp” e finanziato dal FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale con la collaborazione del Musée Alpin – Chamonix-Mont-Blanc, della Regione Piemonte, della Città di Torino e del Club Alpino Italiano – rappresentano la più completa operazione di studio e divulgazione mai realizzata sulla figura e l’opera di Albert Smith. Attraverso la ricerca e l’acquisizione di molti piccoli manufatti – vecchie stampe, fotografie, programmi e libretti di sala, spartiti musicali, articoli di cronaca, teatrini e macchine ottiche, lanterne magiche, piatti, giochi, ventagli – il Museo ha dato forma nel tempo a una grande raccolta di oggetti che permette di presentare, dopo un oblio durato oltre un secolo, la ricostruzione approfondita delle attività di Smith legate alla montagna.

Dopo aver partecipato nel 1851 alla quarantesima salita del Monte Bianco, Smith descrive la propria esperienza allestendo all’Egyptian Hall di Londra le grandiose conferenze-spettacolo Mr. Albert Smith’s Ascent of Mont Blanc, memorabili messe in scena, vero e proprio mix di emozione, divertimento e istruzione. Attraverso diorami, giochi di luce, canzoni, narrazioni e imitazioni, offre agli spettatori la sensazione di essere loro stessi a scalare la cima. Seguendo un’ardita politica di marketing, produce una grande varietà di gadget collegati all’evento. In tempi in cui nessuno aveva mai osato mercificare le proprie avventure, arriva addirittura ad allestire un vero e proprio negozio di souvenir per la vendita, tra le altre cose, di slittini, bastoni alpini e corna di camoscio.

Lo spettacolo viene ripetuto fino al 1858, con duemila repliche e il merito di aver alimentato una delle forme d’intrattenimento più popolari del diciannovesimo secolo, riuscendo a trasportare l’odore della neve e il soffio delle bufere del Monte Bianco fin sulle rive del Tamigi.

La risposta popolare è entusiastica, una vera e propria manifestazione di follia collettiva, “The Times” arriva a parlare di «Mont Blanc Mania»: folle di visitatori inglesi, impazzite di curiosità per quel singolare mondo, si riversano nella Valle di Chamonix alla ricerca di quel paradiso terrestre, stupendo e terribile, a sole 24 ore di treno dalla stazione di Londra.

Quando nel 1857 a Londra viene fondato l’Alpine Club, le Alpi sono ormai qualcosa di familiare per molte persone anche grazie a Smith, che viene invitato a diventarne socio.

Albert Smith muore nel 1860, a soli 44 anni: la sua presenza sulle scene d’oltre Manica è durata pochi anni, ma è difficile considerarla al pari di una meteora.

Estintasi la «Mont Blanc Mania», rimane la passione per la montagna, l’esotico e l’esplorazione, alimentata da importanti imprese ben oltre le Alpi. Per scalare vette impervie e percorrere lunghi ghiacciai senza muoversi da casa, come aveva insegnato Smith, sono però ormai sufficienti giochi da tavolo, fotografie e più tardi pellicole cinematografiche.

Nel periodo che va dagli ultimi decenni dell’Ottocento all’inizio del Novecento saranno soprattutto l’Artide e l’Antartide, la corsa all’oro nel Klondike e le vette dell’Himalaya – in particolare l’Everest – ad accendere la curiosità dell’uomo comune. La pratica del merchandising è ormai sfruttata in maniera sistematica e sviluppata in maniera sorprendente, come attestano i numerosi prodotti oggi in mostra, tutti appartenenti alle collezioni del Museo Nazionale della Montagna.

La mostra, con un allestimento curato da Marco Ribetti e Mario Scarzella, restituisce – anche attraverso la ricostruzione dell’Egyptian Hall, dove il visitatore potrà assistere alla proiezione del filmato Mr. Albert Smith’s Ascent of Mont Blanc – il clima di “meraviglia” dell’epoca vittoriana nella quale Albert Smith ha vissuto e della quale è stato perfetto interprete.

Il progetto è accompagnato dal volume ALBERT SMITH. LO SPETTACOLO DEL MONTE BIANCO E ALTRE AVVENTURE IN VENDITA, a cura di Aldo Audisio e Veronica Lisino, edito dal Museo Nazionale della Montagna. Un’opera di 432 pagine, corredata da un ricco apparato iconografico, con testi in edizione trilingue – italiano, francese e inglese – di: Aldo Audisio, Darren Bevin, Angelo Recalcati, Laure Decomble e Lucinda Perrillat-Boiteux, Alessandra Ravelli, Veronica Lisino, Donata Pesenti Campagnoni, Ulrich Schädler, Tony Astill, Francesca Villa, Roberto Mantovani e Leonardo Bizzaro.