PIEMONTE ARTE: L’AQUILA, OPEN, INDIA, FORNARA, CORIO, VERCELLI, ALBA, ORTA…

 

FORTE DI BARD: MOSTRA “L’AQUILA. TESORI D’ARTE TRA XIII E XVI SECOLO”

31 maggio – 17 novembre 2019

La mostra L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo ideata da Marco Zaccarelli, presenta al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, dal 31 maggio al 17 novembre 2019, una selezione di opere recuperate e restaurate – 14 tra oreficerie, sculture in terracotta, pietra e legno, dipinti su tavola e tela – provenienti dalle chiese aquilane e dal Munda, Museo nazionale d’Abruzzo. Dalle Madonne con Bambino del Maestro di Sivignano e di Matteo da Campli a quella detta Delle Grazie; dal grande Crocefisso della Cattedrale alla Croce processionale di Giovanni di Bartolomeo Rosecci; dall’elegante e leggero San Michele arcangelo di Silvestro dell’Aquila allo splendido San Sebastiano di Saturnino Gatti; dal Sant’Equizio di Pompeo Cesura fino alle grandi tele di Mijtens, la mostra è una storia di sopravvivenze, un omaggio alla città dell’Aquila nel decennale del sisma e una testimonianza della grande ricchezza della sua arte. La parola catastrofe significa “rovesciamento, capovolgimento”, uno sconvolgimento che viene a sovvertire i termini ordinari entro cui si svolge la vita… A L’Aquila, alle 3.32 del 6 aprile 2009 sono bastati 37, lunghissimi, secondi per uccidere 309 persone, ferirne oltre 1600 e danneggiare e distruggere un patrimonio culturale storico, artistico e architettonico tra i più ricchi e importanti dell’Italia centrale.

Nei dieci anni trascorsi d’allora, molti e complessi interventi di recupero, restauro e ricostruzione sono stati portati a compimento, e monumenti e palazzi ridisegnano una città dove la sicurezza convive con i principi della tutela e della conservazione, sostenendo il recupero di una bellezza antica e, spesso, inedita. L’Aquila è stata più volte, negli ottocento anni della sua storia, un centro economico e di transito e un centro artistico ricco di botteghe e scuole capaci di re-interpretare influenze fiorentine, romane e napoletane creando un linguaggio personale e immeritatamente ancora poco noto. Il progetto è promosso dall’Associazione Forte di Bard con il patrocinio della Città dell’Aquila e della Regione Abruzzo, e vede la partecipazione dell’Ufficio Arte Sacra e Beni Ecclesiastici dell’Arcidiocesi Metropolitana dell’Aquila e del Polo Museale dell’Abruzzo / MuNDA Museo Nazionale d’Abruzzo – enti prestatori delle opere – e della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città dell’Aquila e i Comuni del Cratere e del Segretariato Regionale dell’Abruzzo – Direzione Regionale per Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo.

La mostra L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo, sarà affiancata dall’esposizione fotografica, inedita, La città nascosta di Marco D’Antonio, a cura di Eleonora Di Gregorio. Una selezione di 15 grandi fotografie dedicate all’Aquila notturna, ripresa nelle sue aree ancora da ricostruire.

L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo

Forte di Bard. Valle d’Aosta

31 maggio – 17 novembre 2019

 

COLORI, SEGNI STRUTTURE PER «OPEN STUDI APERTI»

Trenta studi di architettura hanno aperto i loro studi a Torino e provincia per l’evento «Open Studi aperti», per incontrare il pubblico, per scoprire progetti, iniziative, idee innovative. Promossa dall’Ordine degli Architetti di Torino, questa pregevole iniziativa ha trasformato gli spazi professionali in altrettanti e significativi punti d’incontro e di riflessione intorno alle multiformi esperienze degli architetti tra coworking e ricerca. In particolare, lo Studio AD/ Studiodna di Torino (in via San Quintino 28), ha organizzato la mostra «Contaminazioni» che ha unito alcuni aspetti d’arte contemporanea al design e alle soluzioni d’architettura. E all’interno dello studio le opere degli artisti Angela Guiffrey, Livio Stroppiana e Francesco Preverino hanno «occupato» l’ambiente con colori, segni e strutture. E, così, il discorso ha trovato una propria e iniziale identificazione con le poetiche immagini-ricordo della Guiffrey, dove fili di rame, frammenti di tele e stoffe, lievi sovrapposizioni, diventano elementi di una pittura dalle suggestive e interiorizzate cadenze astratte. Un’astrazione che emerge anche dai dipinti di Stroppiana, dalla capacità di fissare una luce, un segno affiorante dall’atmosfera, una scansione cromatica risolta secondo una personale trascrizione delle sottili e quotidiane emozioni. Per questo appuntamento con il pubblico, Preverino ha, invece, realizzato una serie di sculture paesaggio che legano l’idea generante le forme ai materiali utilizzati, la sequenza dei pieni e dei vuoti a una meditata resa d’insieme. E da sabato 1° giugno, Angela Guiffrey e Livio Stroppiana sono ospiti del Castello Reale di Govone con la mostra «Oltre la figurazione. Gesto e riflessione», inserita in «Govone Arte», a cura di Tiziano Rossetto, in collaborazione con Maria Paola Repellino (Associazione Govone Residenza Sabauda). L’esposizione si può visitare sino al 28 luglio, con orario: ven.15-18 (giugno), 16-19 (luglio); sab. e dom.10-12/15-18(giugno), 10-12/16-19 (luglio). Info:0173/50103.

Angelo Mistrangelo

 

 

TORINO, REGIONE PIEMONTE: MOSTRA “INDIA, L’ALTRA FACCIA DEL MIRACOLO”

“Behind the Indian Boom” presenta fotografie che esplorano le più remote regioni indiane

Diseguaglianza e povertà nell’India del boom economico sono al centro della mostra fotografica “Behind the Indian Boom: l’altra faccia del miracolo”, che da giovedì 30 maggio a domenica 16 giugno (tutti i giorni, dalle ore 10 alle 18) si potrà visitare nella Sala Mostre della Regione Piemonte, in piazza Castello 165 a Torino. L’Università degli Studi di Torino ha recepito questa proposta di mostra fotografica della Lse, London School of Economics, e della Soas, School of Oriental and African Studies di Londra, all’interno di un importante progetto di ricerca sulla diseguaglianza e la povertà nell’India dell’imponente sviluppo economico, promosso dall’antropologa Alpa Shah e dal geografo sociale Jens Lerche all’interno dei rispettivi istituti.

La mostra, che viene inaugurata mercoledì 29 maggio, alle ore 18, si focalizza sulle contraddizioni che si stanno palesando, ovvero per quale motivo la straordinaria crescita economica dell’India non è riuscita a migliorare le condizioni delle persone che stanno alla base della sua gerarchia sociale ed economica, e con il loro lavoro dovrebbero considerarsi partecipi di questa crescita e che cosa significa parlare di boom economico in un paese dove 800 milioni di persone sopravvivono con meno di due dollari al giorno e in cui le comunità più svantaggiate sono condannate alla totale assenza di tutele, nella più disperante invisibilità.

Gli scatti di “Behind the Indian Boom” sono il risultato di esplorazioni nelle più remote regioni dell’India, per documentare il ruolo delle sue comunità più svantaggiate: quelle dei Dalits, ovvero gli intoccabili, che di questo esercito di manodopera a basso costo sono il gruppo più numeroso e discriminato; e quelle degli Adivasi, le popolazioni originarie del subcontinente, colpevoli di abitare su territori nel cui sottosuolo giacciono materie prime considerate fondamentali per lo “sviluppo”, quali carbone, ferro e alluminio.

Intorno a questa proposta di mostra, l’Isa, Istituto di Studi sull’Asia (dell’Università di Torino, insieme al centro interdipartimentale di ricerca dell’Ateneo, e ai Dipartimenti di Giurisprudenza, Studi Umanistici e Culture Politica e Società, ha sviluppato il più ampio progetto India Invisibile, che dalla metà di marzo ad oggi ha scandito la vita dell’ateneo torinese con una serie di film, seminari e occasioni di approfondimento e discussione, per meglio “vedere, ascoltare, capire”, ovvero per contribuire a riorientare lo sguardo “dentro” aspetti che stanno diventando la cifra dei modelli di sviluppo nell’età del neoliberismo sfrenato: erosione dei diritti legati al lavoro, indebitamento, discriminazione, intolleranza verso ogni dissenso. Hanno collaborato al progetto India Invisibile ed a questa riedizione della mostra l’Itcilo, il Centro Studi Sereno Regis e l’associazione onlus Jarom. Alcuni capitoli di questa mostra sono già stati presentati come “evento diffuso” al Campus Luigi Einaudi, alla Biblioteca Bobbio e contemporaneamente al Campus Itcilo, in apertura della manifestazione Biennale Democrazia 2019.

 

DOMODOSSOLA: CARLO FORNARA. ALLE RADICI DEL DIVISIONISMO 1890-1910

Casa De Rodis

Fino al 20 ottobre 2019

Mostra a cura di Annie-Paule Quinsac

La potenza e la bellezza delle montagne ossolane sono splendidamente protagoniste de “Carlo Fornara. Alle radici del Divisionismo (1890 – 1910)”, mostra proposta dalla Collezione Poscio nella sua sede espositiva in Casa De Rodis, nel cuore di Domodossola. Dal 25 maggio al 20 ottobre, la mostra, curata da Annie-Paule Quinsac, offre l’opportunità di scoprire, o riscoprire Casa De Rodis, edificio nobiliare di origine medievale, esempio tra i più affascinanti dell’architettura storica ossolana. Casa De Rodis, acquisita dalla Collezione Poscio e da questa completamente restaurata, è sede di mostre di grande qualità, che promuovono artisti e collezioni di territorio ma di valore universale. La retrospettiva di Fornara si focalizza in modo diretto sui due decenni che intercorrono tra il 1890 ed il 1910, gli anni di maggiore creatività e capacità innovativa del maestro di cui ricorre il cinquantenario della scomparsa.  In mostra, una importantissima selezione di tele (alcune delle quali oggetto di interventi di restauro realizzati proprio in funzione della loro esposizione in questa mostra), affiancate da una sezione riservata ai disegni del maestro. Gli anni Novanta dell’Ottocento furono per lui stagione formativa sotto la guida del maestro Enrico Cavalli, erede spirituale del marsigliese Adolphe Monticelli. “Anni anche di personale affermazione, quando, fatti propri gli impasti monticelliani, Fornara elabora un linguaggio luminista di pittura materica a spatola e pennellate a effetto smalto”, annota la curatrice Annie-Paule Quinsac. “Questa “prima maniera” sarà destinata a mutare per lo sconvolgente incontro/confronto con il simbolismo di Giovanni Segantini, cui va a fare da assistente nell’agosto 1898 a Maloja in Engadina e la cui imprevedibile scomparsa all’apice della gloria ‒ l’anno dopo, nel settembre 1899 sullo Schafberg ‒ lo scuote nel profondo, segnando l’animo e il procedere di giovane adepto”. Nel primo decennio del nuovo secolo, il Novecento, Fornara mostra una pittura dagli esiti europei e internazionali. Con opere, molte delle quali proposte in mostra (Chiara pace, L’aquilone, Fontanalba, Luci e ombre, per citare solo le più note), caratterizzate dalla sperimentazione divisionista, che, superando via via l’influenza dei temi e della visione segantiniana, giunge ad un modo assolutamente originale per trasporre nelle tele l’amena bellezza della Valle Vigezzo, dove l’artista era nato nel 1871, “restituita nella duplice natura di poesia e forza insieme”, sottolinea la curatrice. Nato a Prestinone nel 1871 in una umile famiglia contadina della Val Vigezzo, Fornara, grazie al precoce talento, ebbe accesso ai corsi di pittura, disegno e ornato presso la locale scuola d’arte Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore. Qui strinse rapporti di amicizia con altri futuri pittori come Giovanni Battista Ciolina, Gian Maria Rastellini e Lorenzo Peretti Junior, tutti allievi di Enrico Cavalli, grande conoscitore dell’arte francese di quell’epoca. Nella primavera del 1891 espose alla Prima Triennale di Brera, occasione per entrare in contatto con le nuove istanze divisioniste. Tra il 1894 ed il 1895, a Lione Fornara si avvicina alla corrente pittorica del neoimpressionismo, che si manifesta nell’opera En plein air, rifiutata nel 1897 dalla terza Biennale di Brera, ma apprezzata da Giuseppe Pellizza da Volpedo e Giovanni Segantini, due dei maggiori esponenti della corrente divisionista. E’ del 1899 la sua partecipazione alla terza Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Entrato in contatto con Alberto Grubicy de Dragon, titolare della Galleria Grubicy e fratello del promotore del divisionismo a livello europeo, il mercante d’arte e pittore lui stesso Vittore Grubicy de Dragon, fu molto apprezzato da entrambi e messo in contatto con Segantini, che volle il giovane artista come suo assistente, per l’Esposizione di Parigi del 1900. Grazie al patrocinio dei Grubicy, Fornara fu presente alle maggiori esposizioni pittoriche nazionali ed internazionali di quegli anni. Gradualmente, l’adesione alla scuola divisionista iniziò ad indebolirsi intorno agli anni venti, quando l’artista iniziò una sua ricerca pittorica con uno stile del tutto personale. A partire dal 1922, scelse la sua amata Val Vigezzo, dove continuò a dipingere sino alla morte avvenuta nel 1968.

Orari:

Sabato e domenica: ore 10.00 – 13.00 e ore 15.00 – 19.00

Nei mesi di luglio e agosto: anche da martedì a venerdì ore 15.00 – 19.00

Ingresso

Intero: 5 euro                                      

Bambini e ragazzi fino a 18 anni: gratuito

 

L’UNITRE A CORIO CANAVESE CON UNA MOSTRA FOTOGRAFICA.

Sabato 26 maggio è stata inaugurata, presso la chiesa di Santa Croce a Corio Canavese, una mostra fotografica collettiva degli allievi del corso base dell’Unitre di Torino. È possibile visitarla anche sabato 1 e domenica 2 giugno. Il tema dominante è l’acqua. Per ulteriori dettagli abbiamo sentito l’insegnante del corso Sergio Motta fotografo e regista torinese. -Questa mostra espone foto di allievi del corso base. Cosa hanno imparato ?”Terminato il corso base gli allievi sono in grado di stabilire, a seconda del tipo di fotografia desiderato e della situazione, quale modalità di scatto utilizzare e come impostare la fotocamera ed il flash e quali obiettivi montare”. – Qual è la cosa principale che deve sapere chi vuole avvicinarsi alla fotografia?” Chi si avvicina alla fotografia deve sapere che solo con l’esperienza si possono ottenere risultati apprezzabili, con l’impegno e lo studio , anche dei propri errori”.

Luisa Zarrella

 

 

 

RIVOLI, MOSTRA “IL MAESTRO E L’ALLIEVA”

 

TORINO, M.A.O.: TESORI DI CARTA. IL SIGILLO DI SOLIMANO IL MAGNIFICO.

Rotazione di manoscritti nella Galleria dedicata ai Paesi Islamici dell’Asia e

MAO Museo d’Arte Orientale

Via San Domenico 11, Torino

A partire da martedì 28 maggio viene rinnovata l’esposizione dei manoscritti nella Galleria dedicata ai Paesi Islamici dell’Asia e nell’occasione verrà esposto – dopo cinque anni di riposo – il tughra, il sigillo di Solimano il Magnifico. La necessità di mettere ritirare periodicamente le opere più delicate – come quelle in carta –  offre l’occasione di rendere visibile al pubblico, a rotazione, tutta la collezione di opere del Museo. Il tughra era la firma personale o il sigillo dei sultani ottomani ed è uno dei maggiori esempi dell’arte calligrafica araba. Concepita e disegnata all’inizio del regno di ciascun sultano dal calligrafo di corte, veniva usata nei documenti ufficiali e nella corrispondenza del sovrano. L’araldica islamica fino alle dinastie selgiuchidi non poteva ancora valersi di un’araldica stabilita, in compenso, questa disciplina ornamentale dirige l’etichetta nella vita di corte. È nata dalla confluenza di due correnti, la prima selgiuchide-turca, dunque, coi suoi influssi bizantini, la seconda iraniana, poiché la vita dei palazzi, con le sue sottigliezze, richiedeva che si adeguasse rigorosamente alle regole dell’etichetta.

La storia dello stemma islamico è relativamente recente, risale al XIII secolo, più tardi, per convalidare gli atti diplomatici, la Sublime Porta inizia ad usare sigilli e monogrammi particolari il più caratteristico dei quali è il tughra. che in breve diventa l’emblema del Gran Turco e pertanto di tutto l’Islam. Il primo tughra appartenne a Orhan I (1284-1359), il secondo sultano dell’Impero ottomano: dalle forme più semplici passò, attraverso una complicata evoluzione, alla forma raffinatissima e “classica” del tughra del sultano Solimano il Magnifico (1494-1566), uno dei maggiori esempi dell’arte calligrafica araba.

Dopo la presa di Bisanzio l’Impero si estende tra Asia, Africa ed Europa e Solimano ne diventa il più celebre sultano, succedendo al padre Selim, e imponendosi come “conquistatore di nuove terre, amministratore di immensi possedimenti, innovatore nel campo della giurisprudenza, patrono delle arti e poeta lui stesso, ma anche padre sanguinario, eroe tragico agli occhi dei sudditi e dei suoi avversari. Solimano meritò ampiamente l’epiteto di “Magnifico” che ancora oggi lo accompagna distinguendolo da altri pur celebri sovrani suoi contemporanei, d’Oriente come d’Occidente”. G. Vercellin, Solimano il Magnifico., p.4.

Il Magnifico espande l’Impero in modo ineguagliato in un mosaico sterminato di popoli e religioni (arabi, curdi, berberi, serbi, croati macedoni, ucraini, bulgari, ungheresi, rumeni, greci, armeni, caucasici, e poi ebrei, cristiani, siriaci, copti, maroniti, ortodossi e così via). Arriva a piantare le sue bandiere a Budapest e diventa uno degli arbitri d’Europa.

 

CALAMANDRANA, MOSTRA DI GIAN CARLO FERRARIS

 

PINACOTECA ALBERTINA: MOSTRA “LA PITTURA IN TESTA “

5 – 11 giugno 2019

inaugurazione: Mercoledì 5 giugno 2019, ore 17.00

Mercoledì 5 giugno alle ore 17.00 presso la Pinacoteca Albertina dell’Accademia Albertina di Belle Arti, via Accademia Albertina 8, Torino, si terrà l’inaugurazione della mostra La pittura in testa che verrà presentata da Anastasia Rouchota, presidente ed erede dell’Archivio Antonio Scaccabarozzi, e da Monica Saccomandi.

L’esposizione si pone quale conclusione di un articolato progetto della durata di un anno, curato da Anastasia Rouchota e coordinato dalla Professoressa Monica Saccomandi, strutturato in una serie di workshop riguardanti la vita, il lavoro e l’Archivio di Antonio Scaccabarozzi dedicati agli studenti del corso Tecniche e Tecnologie della Decorazione all’Accademia Albertina di Belle Arti.

In mostra dialogheranno, accanto alle opere dell’Artista quali Iniezioni, Polietileni tagliati doppi e Banchise, i lavori degli studenti ispirati al suo operato: Simona Badalamenti, Giulia Castagna, Sivia Cioni & Donato Mariano, Delia Gianti, Florian Andrea Mueller, Irene Passarella, Liu Ruogu, Tong Shen, Marco Vacchetta, PeiPei Yao e Helun Zhang.

Inoltre saranno esposti alcuni suoi scritti originali e documenti d’archivio a completamento del percorso e con la finalità di evidenziare la componente teorica e metodica di Antonio Scaccabarozzi.

Infine, per il suo valore divulgativo e didattico, una sezione verrà dedicata alla presentazione di Antonio Scaccabarozzi. Un’avventura conoscitiva, progetto finalizzato alla fruizione delle opere dell’Artista da parte di persone non vedenti e ipovedenti che vede la collaborazione con l’Istituto dei Ciechi di Milano e la curatela di Elisabetta Modena.

La mostra rimarrà aperta fino all’11 giugno 2019.

 

VERCELLI, CASA D’ARTE VIADEIMERCATI: DOPPIO APPUNTAMENTO CON LA CULTURA, MOSTRA E CONCERTO

Mentre continua la mostra personale di Fiorenzo Rosso “Immaginativi la scena – inverno 2019 (la Basilica di Sant’Andrea compie ottocento anni) e altre storie”, il prossimo venerdì 31 maggio, alle ore 21,00, presso la Casa d’Arte Viadeimercati a Vercelli (Via Morosone 3), si terrà il concerto di pianoforte della giovane pianista cagliaritana Elisabetta Piras, dal titolo “Suggestioni musicali di colori e forme in movimento”, con musiche di Federico Gozzelino, Claude Debussy ed Eric Satie. Il concerto è dedicato alla cultura musicale francese in relazione ai forti legami artistico-intellettuali che la città di Vercelli ha sempre intrattenuto con la nazione d’Oltralpe. I pezzi di Federico Gozzelino (ora ottantacinquenne) verranno alternati dalla Piras alle celeberrime “Gymnopedies” di Erik Satie e al capolavoro “Clair de lune” di Claude Debussy: due musicisti ascrivibili al sentire impressionista, che ben si inserisce in un percorso definibile postmoderno: in tal senso il pianoforte unisce echi romantici e trame minimaliste, esaltando, di volta in volta, il valore di Satie, Debussy e Gozzelino. La pianista, conosciuta per la sua capacità artistica, ma anche per la sua simpatia e fascino riesce, alla tastiera, a spaziare su tre secoli di musica colta, regalando grandi emozioni. Come Elisabetta Piras vanta recital in tutt’Italia, così Federico Gozzelino vanta una vita, una storia, una carriera, caratterizzate da importanti onori, che l’hanno portato a diventare quasi una leggenda. Nato da una famiglia di modeste condizioni, inizia a quattordici anni a lavorare come operaio, quindi si diploma perito industriale e con grande forza di volontà consegue una laurea in psicologia e due diplomi di pianoforte e composizione al Conservatorio. Alla musica colta giunge dopo un percorso variegato che lo vede alla pianola nella prima formazione degli Sleepings (la maggiore formazione beat vercellese), quindi a suonare jazz in diversi nightclub del Piemonte, infine a comporre soprattutto musica per pianoforte, la cui opera omnia è ora raccolta in 7 CD eseguiti dal M. Silvia Belfiore. A presentare il concerto sarà Guido Michelone, scrittore, giornalista e critico musicale che di Gozzelino ha pubblicato la biografia per la casa editrice Verso l’Arte Edizioni. Durante la pausa che si terrà nella serata sarà battuta in asta un’opera di Fiorenzo Rosso, di cui è, presso la stessa sede, in corso la personale. Il ricavato della vendita andrà alla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.

Enzo De Paoli

 

CIRCOLO DEGLI ARTISTI, “INTRECCI AMBIENTALI”: L’ACCADEMIA ALBERTINA DI BELLE ARTI PER IL FESTIVAL CINEMAMBIENTE

L’Accademia Albertina di Belle arti partecipa quest’anno al Festival CinemAmbiente con un progetto articolato, a cura di Cristina Giudice, docente di storia dell’arte contemporanea. “Intrecci ambientali” è costituito da una mostra, divisa tra due sedi, un live painting di Wasp Crew e due brevi performance (davanti al Cinema Massimo). I lavori sono prodotti dal gruppo Noname, formato da artisti e artiste provenienti dall’Accademia Albertina. Arte e ambiente, è un binomio di grande attualità. Il gruppo Noname alla sua prima uscita pubblica, crea nuovi immaginari con progetti sostenibili frutto di ricerche e riflessioni approfondite. I lavori sono eterogenei come i percorsi dei/delle 14 artisti/e. Elemento unificante è la consapevolezza e il senso di responsabilità nei confronti del “nostro” pianeta, della vita in ogni suo aspetto e del legame stretto tra lo sfruttamento e l’appropriazione di risorse e di altri esseri umani. Ogni artista partendo da sé, mostra un punto di vista personale e unico, ma parla una lingua di attiva condivisione di valori comuni all’umanità. Cinzia Amanti richiamando la tradizione figurativa occidentale crea un’installazione drammatica, in cui l’anthropos al centro è ognuno di noi, ma il mondo circostante è alla fine, così come ci ricorda Elisa Bagna, con un lavoro spiazzante: il celebre e scandaloso quadro di Courbet diventa una visione di morte e il corpo materno è ridotto a un ibrido di plastica e carne. L’installazione di Beatriz Basso è leggera e richiamando il movimento dell’acqua e dell’aria, ci spinge a riflettere sul nostro coinvolgimento nel rispetto di ogni elemento naturale. Simona De Palo unisce in una vecchia TV piena di oggetti di plastica la poesia di emozioni espresse dai colori con il rischio di cedere a false verità. La tela magmatica di Delia Gianti esprime la forza oscura della vita, con la sua durezza e terribilità, ma anche con i semi della rinascita, lenticchie e riso come gemme preziose. Bahar Heidarzade con un lavoro poetico, ci costringe a guardare il mondo da un altro punto di vista, quello delle api, creature indispensabili alla vita del pianeta, ma a rischio estinzione. Il film di Annalisa Pascai Saiu e Alessandro Fara è un’esaltazione del flusso vitale, attraverso la condivisione di esseri umani, acqua, terra, tradizioni mitiche e archetipi dell’origine. Elena Radovix mette in scena con l’ironia delle parole del titolo, una visione zoecentrata del mondo, in cui il corpo femminile si ibrida con elementi di natura, in uno spazio di silenzio colmo di progettualità. L’abito di Valentina Rotundo Serra richiama la magia di una moda consapevole di saperi tradizionali e di antichi tessuti naturali. Il lavoro di Livio Soffietti sul Coltan tocca con apparente leggerezza un tema fondante: lo sfruttamento mortifero e predatorio di luoghi e persone altre per il nostro “inconsapevole” benessere. Dede Varetto con la perfezione della pittura ad olio descrive l’essere umano, vittima e carnefice, portatore di sogni e aspirazioni, ma anche artefice di violenza e distruzione, simboleggiato dal velo di plastica che lo ricopre, soffocandolo. Federica Verlato crea un’installazione coinvolgente site specific, con fili rosso sangue che legano e connettono noi e lo spazio circostante, come un flusso ininterrotto di parole vitali. Andrea Zanninello usa legno riciclato, materiale vivo con tracce di fuoco e vi imprime il volto di Greta come un richiamo forte all’azione. Wasp Crew (Edoardo Kucich – Gabriele Guareschi) nel live painting Habit-at racconta la storia intrecciata di animali umani e animali non umani, costretti a convivere in un ambiente sempre nuovo, per la nostra azione di sfruttamento e distruzione. La mostra “Intrecci ambientali” sarà ospitata in due sedi: le opere di Amanti, Bagna, Basso, De Palo, Pascai Saiu e Fara, Soffietti, Varetto, Verlato, Zanninello al Circolo degli Artisti, con inaugurazione il 31 maggio alle ore 17.00, mentre Gianti, Heidarzade, Radovix, Rotundo Serra, Varetto espongono in alcune sale della Pinacoteca Albertina con inaugurazione il 3 giugno alle ore 17.30. Entrambe le mostre resteranno aperte fino al 9 giugno. Wasp Crew (Edoardo Kucich-Gabriele Guareschi) sarà tutti i giorni del Festival davanti al Cinema Massimo (dalle ore 17.30 alle 20.00) con il live painting dal titolo emblematico “Habit-at”. Le due performance avranno luogo davanti al Cinema Massimo. “Legami intrinseci” (ideata da Delia Gianti): fili d’oro saranno intrecciati ai polsi per ricreare legami vitali tra tutte le creature presenti al Festival (2 e 4 giugno, ore 19.00-20.00). “Overdose plastica” (ideata dal gruppo Noname): creature irriconoscibili, avvolte nella plastica come metafora dell’umano oggi, sempre più individualista e a rischio estinzione (1 e 5 giugno, ore 18.30-19.00)

CINEMAMBIENTE (ideata da Elena Radovix): scritta in muschio, esterno Cinema Massimo

La mostra è corredata da un catalogo a cura di Cristina Giudice, con progetto grafico di Federico Sini, edito da AlbertinaPress

 

TRE LIBRI D’ARTISTA AL MUSLI DI TORINO

Nella bella sede del MUSLI Museo della Scuola e del Libro per l’infanzia, in via Corte d’Appello 20/c a Torino, sono stati presentati i libri d’artista «La barba del conte», «E sette!» e «Gallo cristallo» ispirati a tre fiabe della raccolta «Fiabe italiane» di Italo Calvino (1956).

Inserito nelle attività collaterali della mostra «Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app», aperta sino al 30 giugno e accompagnata da un documentato catalogo a cura di Gianfranco Crupi e Pompeo Vagliani, l’incontro con gli autori delle tre pregevoli opere ha richiamato l’attenzione di un pubblico quanto mai attento alle ricerche tecnico-espressive e ai contenuti dei libri.

E così attraverso le pagine grafico-pittoriche di Graziella Navaretti Bartolini, i testi calligrafici di Giovanna Frova e l’ideazione ed elaborazione cartotecnica di Isabella Micheli, si sviluppa una narrazione che unisce le immagini del «conte tutto tremante» agli «zoccoli di legno e cuio», le «tre vecchie» al «gallo cristallo».

La preziosità delle carte utilizzate, la puntuale e calibrata resa calcografica, i raffinati segni-alfabeto che percorrono lo spazio e l’elegante composizione progettuale dei libri, esprimono il clima di un’esperienza ricca di soluzioni tra arte e letteratura.

Angelo Mistrangelo   

 

SACRO MONTE DI ORTA SAN GIULIO: RITORNO ALL’ORIGINE, MOSTRA DI GIANPIERO COLOMBO

Continua fino al 30 giugno 2019, presso la Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Orta San Giulio (Cappella nuova) la mostra d’arte di Gianpiero Colombo dal titolo “Ritorno all’origine”. Nella mostra, che è stata inaugurata lo scorso 11 maggio ed è curata da Emiliana Mongiat, è esposta la grande installazione “Simpula”, dedicata all’acqua, elemento indispensabile per la vita nel mondo, che ben si colloca nello spazio del Sacro Monte per gli evidenti richiami all’acqua del lago d’Orta, che il Sacro Monte sovrasta, e agli aspetti sacrali insiti appunto nell’acqua.

Gianpiero Colombo dal 1976 al 1980 ha collaborato come rilevatore e fotografo con la missione archeologica dell’Università Statale di Milano, con le Civiche Raccolte Archeologiche milanesi e con la Soprintendenza Archeologica della Puglia. Queste importanti esperienze così come la passione per la classicità e la mitologia l’hanno portato ad approfondire attraverso la sua arte temi ispirati da quel mondo, anche se spesso nelle sue opere sono presenti anche chiari riferimenti ad argomenti di attualità.

Il suo approccio artistico è avvenuto inizialmente attraverso lavori figurativi, come succede quasi sempre anche per gli autori astratti e concettuali. Dopo una fase iperreale che già mostrava la capacità e la professionalità di Colombo (dagli amici e dagli estimatori che da più tempo lo frequentano conosciuto come GiPi) è approdato ad un personale poverismo che approfondiva e museificava oggetti (soprattutto indumenti) della quotidianità con richiami all’arte povera ma anche alla pop art. E’ in questo periodo che avviene anche la sua svolta tecnica: dalla pittura e dalla scultura alle stampe con foto a tiratura limitata, alla grafica digitale, ai lavori a rilievo su carta e alle installazioni ambientali, tra le quali rientra anche “Simpula”, ora presentata alla Cappella nuova del Sacro Monte. Dai lavori poveristi, che già l’avevano fatto approdare al concettualismo, ha quindi imboccato la strada che ancora sta percorrendo, di cui si parlava prima, che predilige temi classici e mitologici fortemente simbolici, interpretandoli in chiave concettuale e lo porta a firmare i suoi lavori (prevalentemente installazioni) con uno stile personale.

Ora la sua attenzione è concentrata sulla struttura quaternaria del nostro mondo: terra, fuoco, aria ed acqua e all’acqua appunto ha dedicato “Simpula”, utilizzando allo scopo un oggetto antico ma ancora attuale: il “simpulum” che richiama il nostro “mestolo”, di uso quotidiano, ma nell’antichità anche di uso religioso e sacrale. Quindi un’opera “sacrale” attraverso uno strumento “sacrale” in un spazio “sacro” come è certamente il Sacro Monte di Orta.

Enzo De Paoli

 

ALBA, LE TAVOLOZZE DI FIDAPA

 

TORINO: TRAINING DAYS #ARCHIVIARE IL PRESENTE: DUE GIORNATE DEDICATE ALLA FOTOGRAFIA COME PATRIMONIO E LINGUAGGIO.

Convegno a partecipazione gratuita fino a esaurimento posti, previa prenotazione on-line compilando il form: https://forms.gle/3M79D7BYjy9DGmz38

30/31 maggio 2019

SPABA – Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti

Via Giovanni Francesco Napione, 2 – 10124 – Torino

Riflessioni intorno alle politiche e alle azioni, fra conservazione, restauro, produzione autoriale e creazione artistica, parlando di archivi pubblici, privati, di famiglia.

La fotografia descrive e ferma il presente, lo trascrive e lo trasmette; in questa accezione entrano in gioco tecnologia, materia dell’immagine, interventi creativi, intellettuali e di post-produzione, mode e destinazione d’uso dell’immagine.

 30 maggio 2019 – MATTINO | ARCHIVI E FONTI ICONOGRAFICHE

10:30 – Coffee Break – accoglienza partecipanti

11:15/11:30 Daniela Giordi | ABF – Atelier per i Beni Fotografici

Riflessioni sulla fotografia quale atto di registrazione del presente.

11:30/12:00 Maria Francesca Bonetti | Istituto Centrale per la Grafica, Roma

Fotografia tra memoria e rappresentazione: status e definizione di un “bene culturale” in Italia.

12:00/12:30 Diego Robotti | Soprintendenza Archivistica del Piemonte e Valle d’Aosta

Opera d’artista/documento storico: la fotografia come bene culturale.

12:30/13:00 Dimitri Brunetti | Regione Piemonte, Direzione promozione della cultura

La fotografia: un bene culturale da valorizzare.

Pausa pranzo

POMERIGGIO | RESTAURARE, CONSERVARE E VALORIZZARE

14:30/15:00 Daniela Giordi | ABF – Atelier per i Beni Fotografici

Aspetti metodologici e deontologici del restauro della Fotografia.

15:00/15:30 Laura Gasparini | Accademia di Belle Arti di Bologna – Curatrice

Uno sguardo tra moderno e contemporaneo. Ricerche e approfondimenti del patrimonio fotografico contemporaneo della Fototeca della Biblioteca Panizzi.

Coffee Break

16:00/16:30 Ilaria Bibollet, Maria Stella Circosta | Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura – Archivio Storico della Compagnia di San Paolo

Immagini d’arte: dal mecenatismo alla digitalizzazione nelle edizioni artistiche del San Paolo.

31 maggio 2019 – MATTINO | SALVAGUARDIA E PROMOZIONE

10:30 – Coffee Break – inizio lavori

11:15/11:30 Daniela Giordi | ABF – Atelier per i Beni Fotografici

Saluti / introduzione / presentazione.

11:30/12:00 Aurora Scotti, Pierluigi Pernigotti | Associazione Pellizza da Volpedo

L’esperienza dei Musei di Volpedo: la collezione iconografica del pittore Giuseppe Pellizza.

12:00/12:30 Claudio Pastrone | FIAF Federazione Italiana Autori Fotografi

Il PAC – Progetto Archivio Circoli.

12:30/13:00 Giuliano Grasso | Ricercatore e musicista

Officina Phototeca. Un Google immagini degli anni ‘80. Presentazione del DVD

Pausa pranzo

POMERIGGIO | COMUNICARE LA FOTOGRAFIA

14:30/15:00 Edmondo Bertaina, Fulvio Bortolozzo | Gazzetta Torino / Docente Fotografo

Quando la fotografia si sfogliava.

15:00/15:30 Edoardo Hahn | Fotografo

Il libro fotografico.

Coffee Break

16:00/16:30 Marta Zoe Cagliero | Filmmaker indipendente – Fondo F. Ettore Bussi

“Mi ricordo di Ettore Bussi”. Intervento e proiezione del trailer del documentario.

 

ACCADEMIA ALBERTINA: PRIMA EDIZIONE PREMIO ALBERTO NURISSO

Mostra opere finaliste Sala Azzurra 28 maggio – 4 giugno 2019

ore 10.00- 18.00 (escluso il mercoledì)

Cerimonia di Premiazione

Accademia Albertina – Salone d’onore

4 giugno 2019 ore 18.00

Il Premio nasce nel 2018 in memoria di Alberto Nurisso (1979-2014) giovane talentuoso artista diplomatosi nel 2008 presso l’Accademia Albertina di Torino, con il massimo dei voti, prematuramente scomparso. Il Premio, a cadenza biennale, è rivolto ai soli studenti dell’Accademia Albertina di Torino, ed è istituito e sostenuto dalla famiglia Nurisso in sinergia con l’Associazione Culturale Blitz di Torino e con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, motivata a incentivare e sviluppare la ricerca, la didattica e le opportunità di formazione professionale per i suoi studenti. Per questa Prima Edizione gli studenti hanno risposto al bando pubblicato sul sito dell’Accademia che proponeva di sviluppare i temi cardine della ricerca di Alberto Nurisso, indagando il rapporto tra il segno grafico e la pittura e la contaminazione nello spazio dell’opera (collage, graffito, assemblaggio). Le dieci opere finaliste saranno esposte presso la Sala Azzurra dell’Accademia Albertina dal 28 maggio al 4 giugno: gli orari di visita sono gli stessi della Pinacoteca Albertina, tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00 ad esclusione del mercoledì, giorno di chiusura. Il 4 giugno alle ore 18.00 avrà luogo la cerimonia di Premiazione con l’assegnazione del Premio, deciso da una giuria composta da due persone designate dalla famiglia Nurisso e due membri dell’Accademia Albertina; la giuria è presieduta dal Direttore dell’Accademia, Prof. Salvo Bitonti. Il Premio prevede la somma di € 2.000 al vincitore, messi a disposizione dalla famiglia di Alberto, e la possibilità di una mostra personale presso una galleria di Torino individuata dall’Associazione culturale Blitz di Torino. Disegnatore e pittore, ma anche scultore di accrochage, Alberto Nurisso si è sempre misurato con media diversi e ha trovato nel disegno (declinato sul fumetto, la street-art) un territorio di espressione matura e articolata, in grado di esprimere un acuto senso per la narrazione visiva. Le sue opere mescolano cultura alta e bassa, rielaborano i codici del fumetto, della letteratura, del cinema, a cui attinge con raffinata disinvoltura; a questi si aggiungono elementi non privi di un certo spirito post-dadaista, come nel gusto per il collage o l’inserimento di oggetti sulla tela. Un linguaggio originalissimo che non perde in freschezza e attualità perché capace di cogliere lo spirito del tempo con tratto veloce, arguzia, facilità di restituire volti, situazioni, vita quotidiana, colta nel suo aspetto paradossale, con consapevolezza e un sorriso.

 La mostra, a ingresso gratuito, è visitabile dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso alle 17.30) tutti i giorni feriali e festivi (a esclusione del mercoledì)

Pinacoteca Albertina, via Accademia Albertina 8 Torino

0110897370 – pinacoteca.albertina@coopculture.it

www.pinacotecalbertina.it