Carignano, dopo il dramma di Ceretto: “Cosa può fare una città?”

“Ciò che è avvenuto a Ceretto il 9 novembre ha messo Carignano di fronte a una realtà fino a quel giorno impensata: che fatti di sangue così gravi potessero avvenire anche da noi.I femminicidi avvenuti nei Comuni in un raggio a noi vicino – sei solo negli ultimi nove mesi: Piossasco, Beinasco, Cuneo, Carmagnola, La Loggia, Venaria – erano fatti letti sui mass media. Ora invece siamo stati toccati da vicino, direttamente. Ognuno di questi fatti ha la sua specificità, ogni storia è diversa, pur nella sua similitudine con le altre, ma nel loro insieme pongono a tutti noi degli interrogativi molto seri.Abbiamo condiviso con i nostri concittadini i sentimenti di stupore, angoscia, tristezza, rabbia, i tanti interrogativi sui come e sui perché. Come consiglieri comunali, però, ci sentiamo investiti di una responsabilità in più: quella di pensare al presente e al futuro della nostra convivenza civile. Non vogliamo che fatti del genere si possano ripetere, il che ci porta a una domanda: cosa può fare una città per evitarlo? Anche perché sappiamo che la violenza, pur se per fortuna non sfocia nel dare la morte, è presente, oggi, in certe situazioni familiari cittadine. Ci sembra che i versanti su cui provare a dare una risposta siano almeno due.

  1. Intervenire sul fronte educativo

Proponiamo di dare vita sul nostro territorio a un patto educativo condiviso, che metta in azione insieme, in maniera concertata, ciascuno secondo la sua specificità, tutti i soggetti che si occupano – professionalmente o nel volontariato – di educazione, con l’obiettivo di far crescere nei bambini, nei ragazzi, negli adolescenti e nei giovani la consapevolezza su due fronti. Il primo riguarda il fondamentale rispetto dell’altro, il riconoscimento della sua diversità, la sua valorizzazione, la parità tra i sessi riguardo le scelte e le opportunità, lo sviluppo di una vita affettiva equilibrata in cui i partner abbiano uguale dignità. Il secondo riguarda le modalità della relazione interpersonale, il riconoscimento del conflitto come una delle modalità relazionali nella vita e la sua corretta gestione, che preveda in ogni situazione il rifiuto della violenza come metodo e strumento, anche quando i conflitti avvengono in famiglia. Si tratta evidentemente di un investimento per il futuro, in vista di una qualità più alta della vita personale, familiare e collettiva nella nostra città. L’iniziativa di questo patto educativo e il suo coordinamento dovrà essere a carico dell’Amministrazione comunale, come ente di governo e di sintesi delle tante risorse presenti che si possono spendere in esso.

  1. Trasmettere un messaggio

Proponiamo che in città vengano posti dei segni visibili con la chiara intenzione di trasmettere il messaggio del rifiuto della violenza sui deboli che spesso ne sono oggetto, in particolare le donne e i minori. Spesso i simboli riescono a trasmettere messaggi potenti come le parole a volte non riescono a fare. Appoggiamo pertanto la proposta già avanzata da alcuni cittadini, specie sui social media, di realizzare a Carignano una o più «panchine rosse», come già fatto in molti Comuni italiani, come simbolo di rifiuto della violenza nei confronti delle donne, che siano posizionate in luoghi frequentati, di passaggio o di sosta, e che riportino il numero di telefono nazionale antiviolenza 1522. Ci sembra opportuno che le panchine rosse siano realizzate con il concorso di tutte le cittadine e i cittadini che vogliano partecipare, come singoli e come associazioni, e auspichiamo che l’Amministrazione comunale si faccia carico del coordinamento, così che si possano individuare celermente i luoghi e le modalità.” Così, in un documento, il gruppo consiliare della Città che Cresce: Roberto Falciola, Maria Vittoria Piola, Alberto Tamietti