LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati

Gino Marinuzzi (1882-1945)

Palla de’ Mozzi, opera in tre atti; lib. Giovacchino Forzano

Prima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 5 aprile 1932

Interpreti principali: Elia Fabbian  (Palla de’ Mozzi),Leonardo Caimi (Signorello), Francesca Tiburzi ( Anna Bianca) / Orchestra e coro Teatro Lirico Cagliari diretti da Giuseppe Grazioli

Etichetta: Dynamic CDS 7925 (2 cd)

Registrazione live: Cagliari, Teatro Lirico, febbraio 2020

Pubblicazione: luglio 2022; durata 2h..17’

 

Il palermitano Gino Marinuzzi (foto), il cui vero nome di battesimo era Giovanni, figlio di Antonio, avvocato di prestigio di cui si ricordano le coraggiose battaglie a favore della gente povera che trasferì in Parlamento

quando venne eletto nelle file del Partito Liberale.  Il suo esordio come direttore d’orchestra  è del 1901 con Rigoletto, sostituendo il direttore titolare che venne contestato. L’esito fu positivo. Dopo tale esperienza Gino Marinuzzi, volle con saggezza recarsi a Milano dove si rese conto in modo molto realistico delle difficoltà che gli si sarebbero presentate nella carriera. Conobbe la sua prima  opportunità  nel 1909 con la parigina Opéra Comique dove diresse titoli di Mascagni e Puccini. Dopo una parentesi al Teatro Real di Madrid entrò in contatto con il geniale impresario Walter Mocchi che lo persuase a trasferirsi in Sudamerica in quegli anni molto propizia alle opere e agli interpreti italiani. In Argentina venne sottoposto a un autentico tour de force (Un ballo in maschera, Wally, La Traviata, Aida, La bohème) dove ottenne accoglienze che si replicheranno nelle numerose volte che si recherà nei paesi sudamericani. Tornato in Italia, finalmente gli si aprirono le porte della Scala dove diresse L’Oro del Reno e in prima assoluta Notte di leggenda di Franchetti e Fedra di Pizzetti. Negli anni del primo conflitto mondiale, accettò, dopo molte esitazioni, la direzione del Conservatorio di Bologna, rimasta vacante da Ferruccio Busoni. Il   suo ritorno a Buenos Aires vide impegnato Marinuzzi nella prima assoluta della sua opera Jacquerie, capitolo di fondamentale importanza di come l’artista riuscisse a conciliare la massacrante attività di direttore con quella creativa. Nel 1919/21 trionfò negli Stati Uniti dove incise i suoi primi dischi. Dopo un breve periodo all’Opera di Chicago accettò la direzione stabile per tre anni all’Opera Reale di Roma. Rifiutata una scrittura al Metropolitan di New York,  alternò  tournées all’estero con un’intensa attività in Italia. Offrì il suo testamento spirituale al Lirico di Milano in un memorabile Don Giovanni. Riposa nel cimitero di Sanremo, sua città prediletta.

Palla de ’Mozzi conobbe un decennio di frequenti e importanti riprese dall’anno del suo debutto fino all’ultima rappresentazione all’Opera Reale di Roma nel 1942. Venne eseguita a Palermo, Napoli, Trieste, Bologna, Buenos Aires, Berlino. Tutte riprese diretta dallo stesso Marinuzzi.

L’ immaginario condottiero Palla de’ Mozzi, successore di Giovanni delle Bande Nere, conquista per la Repubblica di Siena il castello di Montelabro dove è imprigionato con la figlia Anna Bianca. Quest’ultima viene crudelmente concessa alla mercè dei suoi capitani che se la disputano ai dadi per decidere chi dovrà violentarla. Il figlio di Palla, Signorello, innamorato della ragazza, la ottiene per sé e come pegno d’amore libera il padre, aprendogli la via della fuga- Palla viene informato della condotta del figlio e ne ordina la condanna a morte. I  suoi soldati intercedono per la grazia a Signorello., ispirati dalla stessa Anna Bianca che esorta alla pietà dato che è il giorno di Pasqua. Palla si toglie la vita per la vergogna, lasciando al figlio il sogno del suo predecessore di unificare l’Italia sotto un’unica bandiera.

La partitura è complessa, densa, ricca di colori e sfumature, risponde a un gusto novecentesco con un rimando a citazioni e al ricco patrimonio del  patrimonio del passato (in particolare R. Strauss e Wagner). Sono inseriti brani sinfonici a scena vuota con raffinate sonorità che si stemperano lentamente fino al silenzio. L’arditezza dell’armonia è sostenuta da una suprema abilità dell’orchestrazione. Ampi sereni interludi si contrappongono a una sorta di sinfonia bellica (inizio atto II°) di violenta matrice espressionistica . La partitura documenta una cultura musicale sterminata vista nell’ottica di una sintesi di tutta la storia della musica.

La direzione di Giuseppe Grazioli, che dimostra di credere nell’opera, ottiene una buona qualità artistica dai complessi cagliaritani che ben lo assecondano. I tre protagonisti principali sono sicuri, ma anche assai espressivi nei passi più drammatici.