Chieri e la Giornata della Memoria. Il coraggio di Francesco Manolino

Rischiò la vita per nascondere l’oro di una coppia di Ebrei torinesi

 

“Tra un po’ sui libri di storia sulla Shoah ci sarà solo una riga e poi non ci sarà più nemmeno quella”

Liliana Segre 23 gennaio 2023

 

Francesco Manolino

Mi corre dunque l’obbligo di continuare a ricordare quel mostruoso “apocalisse” – dopodomani, tra l’altro, sarà la Giornata della Memoria-attraverso i coraggiosi gesti di  chieresi pronti a mettere a repentaglio la propria vita pur di stare al fianco dei loro concittadini ebrei  e non solo. Se tutti conosciamo il lavoro sotto traccia,  l’arresto e il successivo martirio del Beato padre Giuseppe Girotti o. p. (1905) – morto nel lager di Dachau nel 1945 – chierese d’adozione grazie alla sua lunga permanenza nel convento di San Domenico sia come studente sia come religioso; se conosciamo i rischi affrontati da amici e conoscenti per dare aiuto ai “Levi”  non vanno dimenticati quelli che,nel massimo anonimato, hanno comunque portato avanti atti di grande generosità. Sono convinto che in pochi conoscono quanto fatto dall’industriale tessile Francesco Manolino (1913 – 1991) che nel periodo più buio del conflitto – con il nord Italia occupato (Chieri compresa) dalle forze armate tedesche con a fianco le camicie nere (1943/1945) – si prodiga per alleviare le sofferenze ad una coppia di ebrei (Swarts all’anagrafe) – titolari a Torino di un negozio di oreficeria – accettando di nascondere ,sino al termine del conflitto,  anche la loro “preziosa merce” appetibile ai tantissimi malintenzionati del tutto privi di scrupolo. Un doppio pericolo affrontato con serenità sapendo di agire in conformità a quanto appreso dalla scuola cristiana dei salesiani di San Luigi di casa, da sempre, dai “Manolino” di via delle Rosine (non va dimenticato che Aldo, il fratello di Francesco, nel frattempo   stava per essere ordinato sacerdote di don Bosco e successivamente inviato in Venezuela come missionario). Di quei coraggiosi gesti non ne parlerà quasi mai se non con pochi accenni ad un ristretto numero di familiari, tra cui chi scrive. Francesco Manolino (in un’istantanea del 1944) era infatti mio zio.

Valerio Maggio