CURIOSITA’ NOVARESI 45. IL MONASTERO DELLA VISITAZIONE E I CONVENTI DI SAN LUCA E SAN FRANCESCO

Luogo in cui sorgevano chiesa e convento della Visitazione

Proseguendo il nostro percorso per i monasteri dell’antica Novara, è certamente il caso di ricordare il monastero della Visitazione. Si tratta del monastero delle Reverende Madri Cappuccine detto “Della Visitazione” alle Caselle in Borgo Nuovo, che si trovava esattamente di fronte all’antica entrata dell’Ospedale Maggiore, in corso Mazzini (nella foto il luogo indicato), nell’area compresa tra corso Mazzini e via Perrone, in quella parte dell’antica Novara a quel tempo chiamato “Case nuove”. Per ciò che riguarda la struttura del monastero, l’edificio principale era su corso Mazzini e comprendeva la chiesa aperta al pubblico e la struttura conventuale con il quadriportico. Dietro alla chiesa, su via Perrone, vi era l’edificio con i laboratori per i lavori delle monache. L’oratorio delle monache era separato da una grata metallica dalla chiesa principale, costituendo così una autonoma cappella per le funzioni religiose. Vi erano poi i rustici con la stalla, i fienili e i depositi per gli attrezzi agricoli per la conduzione dell’orto.

Il monastero fu costruito nel 1626 ed è opportuno ricordare come, nella prima parte del XVII secolo, proprio in quella zona, nello spazio libero tra le mura romane e i nuovi bastioni spagnoli, in Borgo Nuovo, vengano eretti la prima struttura dell’Ospedale Maggiore della Carità, il convento dei Cappuccini, l’orfanotrofio S. Lucia e appunto il monastero delle Cappuccine della Visitazione. Fu costruito grazie allo specifico finanziamento di Giovanni Battista Leonardi, come ricorda ancor oggi una lapide marmorea collocata su un muro della porzione del complesso sopravvissuto alla

Lapide che ricorda la fondazione del complesso della Visitazione

generale demolizione (nella foto). La lapide sostituisce quella originaria andata perduta nel corso della demolizione della chiesa principale; il testo era stato per fortuna trascritto dal famoso canonico e storico novarese Carlo Francesco Frasconi.

Leonardi era un patrizio novarese nato nel 1545 a Novara, laureato in legge, che era stato a lungo prelato nell’archivio segreto vaticano e inoltre “scrittore apostolico” e “curatore del piombo”, con cui venivano suggellate le bolle pontificie, come testimoniato nel saggio di Attilio Piero Ferrari sul monastero (“Bollettino Storico della Provincia di Novara” della Società Storica Novarese, Anno C – 2009, semestrale n. 2). Con il suo pensionamento, in relazione all’età, Leonardi fu congedato con un’alta onorificenza e quindi tornò a Novara, sua città natale, dove, non avendo eredi diretti, decise di fondare il monastero delle Monache Cappuccine, una nascente corporazione religiosa, fondata a Napoli nel 1550 da Maria Longa. Ferrari scrive che “Per avviare il nuovo convento il Vescovo ottenne dal Cardinale Federico Borromeo, Arcivescovo di Milano, il trasferimento di due monache: la prima badessa fu suor Ignazia Visconti, nipote del Cardinale e l’altra fu suor Colomba Rainoldi del monastero milanese di San Barnaba… Il monastero assunse il titolo della ‘Visitazione di Maria a Elisabetta’ ed operò per quasi due secoli, dal 2 luglio 1626 fino al 25 aprile 1810, quando, per volontà dell’Imperatore Napoleone I, fu soppresso”.

In questi secoli ci fu la peste del 1630 narrata dal Manzoni, quindi il colera e nel 1706, con la guerra di successione al trono di Spagna, le truppe austriache del principe Eugenio di Savoia assediarono la Città. Seguì la carestia del 1709, ci fu la pace di Utrecht e il ducato di Milano tornò austriaco. Quindi altre guerre, assedi, occupazioni delle truppe sabaude, bombardamenti e infine la pace di Vienna che portò Novara al Ducato di Savoia.

Il monastero venne quindi soppresso nel 1810, dopo 184 anni di esistenza, a seguito delle note leggi francesi di soppressione delle istituzioni religiose. Con la

Quanto resta del complesso della Visitazione su via Perrone

soppressione i beni immobiliari vennero confiscati e quindi incamerati dal Demanio del Regno d’Italia per ordine di Napoleone Bonaparte. Dopo la vendita del complesso ai privati avvenuta il 30 marzo 1811, seguì la demolizione della chiesa a cui il pubblico accedeva dall’entrata di via Mazzini.

Barlassina e Picconi nel loro libro sulle chiese di Novara, pubblicato nel 1933, ricordano: “La chiesa, che ancora esiste, è sede della Società corale Carlo Coccia. L’altar maggiore aveva come ancona un quadro di Francesco Del Cairo, rappresentante ‘La Visitazione’ che venne poi donato all’orfanotrofio di S. Lucia”.

E’ il caso di sottolineare come restino tuttora, pur trasformati e adibiti ad usi ben diversi, come annota nel suo testo il già ricordato Attilio Piero Ferrari: l’oratorio delle monache (oggi trasformato in garage), il quadriportico (il convento è ora casa di civile abitazione) ed i laboratori, dove alcune suore confezionavano bende e teli per l’Ospedale (per il quale, tra l’altro, le suore hanno sempre mostrato grande impegno sociale) oltre agli abiti per le consorelle, mentre altre suore curavano il giardino dell’Ortiglia che arrivava fino a via Passalacqua, al posto del quale sono poi sono stati costruiti molti edifici residenziali che permangono (nella foto ciò che resta dell’antico complesso sul lato di via Perrone).

Un’altra importante realtà religiosa, che risale, in questo caso, addirittura all’epoca medievale, è quella del convento di San Luca, che si trovava proprio in adiacenza al Castello, nell’area attualmente a parco, denominata appunto Allea di San Luca (nella foto).

A proposito di questo convento Barlassina e Picconi scrivono: “Vivente ancora S. Francesco d’Assisi, Giovanni Cazzulino da Vigevano dell’Ordine dei Minori

Parco Allea di S. Luca

fondava in Novara un convento detto della ‘Madonna di S. Luca’ (Ordine dei Minori Conventuali). Così attesta il Brambilla nell’opera ‘La chiesa di Vigevano’ stampata nel 1669. Ma essendo il convento con la chiesa situati accanto al castello, nel 1356, come ricorda l’Azario, furono occupati dalle truppe del marchese di Monferrato come base per l’assedio del castello e rovinati in gran parte”.

In seguito il duca Galeazzo Visconti, visto che la chiesa col convento potevano certamente intralciare le opere di difesa del Castello e quindi della Città, ordinò nel 1359 che venissero demoliti e che il podestà di Novara cedesse ai Francescani di San Luca l’area detta il “Guasto dei Cavallazzi” (ora largo Cavallazzi, nella foto), così che potessero costruirvi il nuovo convento con la relativa chiesa. La nuova chiesa fu eretta con i finanziamenti dei cittadini novaresi, e soprattutto delle nobili famiglie Tornielli e Caccia e viene ricordata dai contemporanei come imponente e ricca di pregevoli dipinti. Fu dedicata a S. Francesco e vi furono trasferiti i sepolcri già esistenti nella chiesa di S. Luca, dei Caccia, dei Tornielli, dei Leonardi, dei Cattaneo, dei Nibbia, dei Ploto, dei Pescatori, dei Tettoni e di altri. All’arrivo dei Francesi la chiesa fu adibita a magazzino militare e i religiosi dovettero officiare in un oratorio interno fino al 1805, momento della loro concentrazione col convento di S. Francesco di Casalmaggiore. Seguì quindi l’abbattimento dell’antico complesso.

Largo Cavallazzi

Del precedente convento di S. Luca, dopo la demolizione, rimase solo, come è ricordato anche dal vescovo Bascapè, una cappella, di forma quadrilatera, dedicata alla Beata Vergine, chiamata la Madonna di S. Luca, molto venerata dai Novaresi. Di questa cappella i religiosi di S. Francesco ebbero continuamente la proprietà, mantenendovi un eremita che portava l’abito dei Terziari dell’Ordine. Il piccolo oratorio fu chiuso nel 1808 e l’immagine della Beata Vergine fu trasportata nella basilica di S. Gaudenzio. Il complesso di S. Luca si trovava dove ora è il polmone verde del centro cittadino, cioè il Parco Allea appunto di S. Luca, pausa ideale, come viene descritto, per tutti: bambini, giovani, adulti, anziani. Il parco è situato a ridosso del Castello e confina con il Parco dei bambini della zona inferiore, oltre ad ospitare alberi secolari e monumenti che raccontano la storia della Città.

Enzo De Paoli