PIEMONTE x CURIOSI. Sté da pocio: perché si usa questa espressione piemontese?

Le origini della tipica espressione piemontese “Sté da pocio”

 

Avete mai sentito la frase Sté da pocio? Sapete cos’è il “pocio“? Si tratta del nespolo comune: in realtà il nome scientifico è Mespilus germanica, l’albero su cui maturano i frutti. Un tempo molto diffuso, è ora sostituito dal nespolo giapponese, appartenente a una specie diversa, inizialmente importato alla corte di Francia per scopi decorativi. Le due varietà di piante producono frutti diversi, entrambi chiamati nespole in italiano. Tuttavia, i piemontesi DOC, che ancora parlano la lingua dei loro antenati, continuano a chiamarli “pocio”.

Il “pocio” piemontese e il nespolo giapponese si distinguono non solo per il momento della raccolta, ma anche per la forma e l’aspetto. Il “pocio” è più piccolo e tondeggiante, con una buccia verde, grigia e nocciola, e presenta un evidente incavo nella parte inferiore. Il frutto giapponese primaverile, invece, è più ovale, senza incavi nella parte inferiore e avvolto in una sottile buccia di colore giallo aranciato. I “pocio” sono ottimi per aromatizzare formaggi e grappe tipiche, nonché per preparare gustose marmellate, gelatine e salsine aromatiche.

L’utilizzo del termine

Nella lingua piemontese, il termine “pocio” è ancora molto diffuso, anche in senso figurato. Ad esempio, “fé pocio”, riferito a un rammendo o a un intervento di sartoria mal eseguito, indica una difettosa protuberanza o un difetto nella vestibilità o cucitura. Un bambino che fa “il pocio con le labbra” sta protuberando le labbra, in quella tipica espressione che preannuncia un imminente pianto capriccioso.

“Pocio” è anche il termine che indica lo chignon, ovvero l’insieme di capelli femminili (veri o posticci) raccolti sulla nuca, che ricorda la forma del frutto. Inoltre, “pocio” e “pocionin” sono due dolcissimi vezzeggiativi usati un tempo per i bambini o per definire la donna amata. Tuttavia, oltre al loro variegato utilizzo in cucina e pasticceria, i “pocio” possono essere consumati come frutta. Più a lungo “riposano” su strati di paglia, più aumenta la dolcezza tipica del sapore. Da qui nasce l’espressione “Sté da pocio”, che significa stare beatamente al caldo e coccolati.

Marco Sergio Melano