CURIOSITA’ NOVARESI 46. ORFANOTROFIO E CHIESA DI SANTA LUCIA DA OLTRE QUATTRO SECOLI IN CITTA’

Tratto di muro romano nel cortile su via A. Moro

La chiesa e l’Orfanotrofio di S. Lucia, ancora esistenti (comprendono quasi interamente l’isolato tra via Cesare Magnani Ricotti, via Ettore Perrone, via Pietro Azario e via Aldo Moro), rappresentano una importante realtà storica, sociale ed artistica della Novara degli ultimi quattro secoli, significativamente testimoniata anche dal ricco ed esaustivo volume “L’Hospitale di Santa Lucia” di Marina Airoldi Tuniz, pubblicato nel 1998 dalla casa editrice Interlinea, in occasione del quattrocentesimo anniversario della Comunità per minori Santa Lucia, e ristampato nel 2014, in memoria dell’autrice scomparsa nel 2013.

Nel 1599, anche per volontà del vescovo Bascapè e di Costanza Avogadro, viene fondato l’hospitale che poi divenne di S. Lucia. La struttura era finalizzata alla cura delle fanciulle orfane e dopo precedenti collocazioni (in particolare quella nel quartiere di S. Agabio fuori Porta Milano), nel 1627 ebbe la sua collocazione nel luogo dove tuttora si trova. Come scrive Bianchini nel suo volume “Le cose rimarchevoli della Città di Novara” del 1828 (tipografia Girolamo Miglio), il vescovo Bascapè “nel giorno 2 aprile dell’anno 1599 eresse la congregazione delle povere fanciulle, assegnando loro la chiesa con l’unito ospitaletto di S. Bartolomeo nel sobborgo di S. Gaudenzio, amministrato dai Disciplini dello Spirito Santo. La universale miseria di

Chiesa di S. Lucia ed entrata al cortile

que’ calamitosi tempi, e le meschine entrate dello Spedale di s. Bartolomeo al vescovo non concedevano di potervi mantenere le Orfanelle; quando ciò saputosi da Costanza Avogadro nobil matrona, commendevole per modestia, per integrità di costumi, ed amica ai poveri, nel giorno 6 luglio 1599 presentò l’instituto delle povere zitelle di un ragguardevol valsente… Non eran le figlie in quell’Ospedale per molti riguardi ben collocate, per la qual cosa mossa ancora la pietà di Costanza Avogadro, accomperata una più comoda e ben guardata casa in coerenza della strada di s. Nazzaro alla costa nel sobborgo di s. Agabio, coll’autorità vescovile nel 1604 colà trasferì l’Orfanotrofio, ed innalzare vi fece una chiesuola a s. Lucia dedicata. Venuta indi a poco la dama benefattrice a morte, onorò quel suo stabilimento di pingui legati”.

Con la prosecuzione dei lavori di fortificazione di Novara voluti dagli Spagnoli, nel 1625 venne disposta la demolizione della struttura dell’Orfanotrofio con la relativa chiesa, che si trovava purtroppo “nel raggio de’ braccia 80 da bastioni”. Le orfane di S. Lucia dovettero allora trasferirsi velocemente dal borgo di S. Agabio all’interno delle mura cittadine. La Camera ducale cedette loro un terrapieno degli antichi bastioni, dove ebbero l’autorizzazione alla costruzione del nuovo Orfanotrofio (ancor oggi si può vedere nel cortile dell’Orfanotrofio verso via Aldo Moro un tratto delle antiche mura della cinta romana, come notIamo nella fotografia). I lavori furono avviati il 15 aprile 1627 e in breve tempo si ebbe la nuova struttura, con il monastero e l’attuale chiesa di S. Lucia; della struttura riportiamo la descrizione fatta dallo stesso Bianchini: “L’interno di questo luogo pio è sufficientemente vasto, ben fabbricato e comodo. Due giardini lo fanno ridente; salubri ed allegre sono le sale di ricreazione, quelle di lavoro ed il dormitorio; ordinate sono le scritture nell’archivio e ben adatte sono tutte l’altre opportune officine…”.

Il Cristo-Sole (mosaico sec. V)

La costruzione della chiesa di S. Lucia termina nel 1650 (nella foto la facciata della chiesa in via Magnani Ricotti), dopo quella dell’orfanotrofio. L’altare della chiesa, in marmo, è del 1753, mentre la statua in legno di S. Lucia è del 1783 e il tempietto neoclassico del 1832. Barlassina e Picconi, nel loro libro “Le chiese di Novara” del 1933 (Tipografia san Gaudenzio, Novara), annotano: “All’altar maggiore, tutto in marmo, fa da ancona una tela di buon autore rappresentante ‘La Madonna della neve’. Dietro la chiesina si protende un’altra cappella, ad uso delle ricoverate, con altare in marmo bianco, costruito nel 1915 a spese della Signora Giuditta Papa ved. Marano, la quale volle anche provvedere il tempietto in bronzo eseguito dalla ditta Ghezzi di Milano e la culla col simulacro di Maria Bambina proveniente da Norimberga… Sotto il portico che conduce al pio ricovero, e, precisamente sulla parete esterna della chiesa, vi è incastrato un altorilievo riproducente la Natività di Maria Vergine… Più sotto è un frammento di mosaico del vecchio duomo, raffigurante secondo alcuni il Salvatore, e secondo altri il Dio Sole. Si dice che ve l’abbia portato il Frasconi”.

Si tratta del “Cristo Sole” che, durante la demolizione antonelliana del Duomo romanico, avvenuta nel XIX secolo, era stato recuperato, per il carattere sacro dell’immagine, dai mosaici che ricoprivano interamente la navata. Il cosiddetto “Cristo Sole” (sec. V) presenta la figura di un giovane coronato di aureola (nella foto). Il mosaico, murato appunto sulla parete esterna della chiesa, sotto il portico, come ricordavano Barlassina e Picconi, è stato prelevato pochi anni fa dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (come testimonia ancor oggi il buco nel muro) e attualmente dovrebbe essere in restauro presso il Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale. Appare probabile che appartenesse addirittura ad un precedente mosaico della basilica di epoca paleocristiana, che era stato poi riutilizzato nel mosaico del Duomo romanico, in quanto il mosaico della navata, ristrutturato e ricomposto tra XI e XII secolo, può avere utilizzato frammenti del sec. V. Questo “giovinetto”, con una aureola di sette raggi, era probabilmente una raffigurazione del Sole. L’immagine del Sole è stata infatti presto assunta dai cristiani per indicare il Cristo come Luce e come vita ed è così entrata nell’iconografia cristiana. Il Sole-Cristo era raffigurato come un giovinetto imberbe di derivazione dal Sole-Apollo, ma “transignificato” per indicare il Cristo.

Orfanotrofio di S. Lucia, entrata di via Azario

La chiesa di S. Lucia, ancora recentemente, veniva aperta in occasione della Festa della Santa del 13 dicembre. In Italia, in particolare in terra lombarda, la tradizione vorrebbe che, per la sua Festa, che anticipa il Natale, Santa Lucia si rechi, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, in tutte le case dei bimbi, portando loro un dolce regalo: biscotti, dolciumi o anche giocattoli. Questa tradizione era diffusa anche a Novara fino alla seconda metà del secolo scorso e fa parte dei miei ricordi di bambino. Ad oggi la chiesetta è sede della Chiesa Ortodossa russa S. Nicola.

Ai nostri giorni l’orfanotrofio di S. Lucia, tuttora esistente (nella foto l’entrata da via Azario), non si occupa più soltanto di giovani in difficoltà, ma ospita anche genitori che si trovino in situazioni di particolare disagio e comunità per minori. Grazie alle donazioni sono stati inoltre acquistati in città alcuni appartamenti, destinati a giovani donne vittime di violenza, ragazze madri e famiglie in difficoltà economica. L’orfanotrofio della chiesa di S. Lucia dispone inoltre di una “residenza estiva”, dove le comunità trascorrono i mesi estivi. L’istituto, che si è occupato inizialmente delle sole orfanelle, ora è attivo in molti ambiti della solidarietà, compresi i bambini con una situazione familiare difficile e infine i numerosi ragazzi stranieri dai 13 ai 18 anni, che arrivano a Novara dopo viaggi spesso molto difficili.

Enzo De Paoli