LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati

CARISSIMI: IL BAROCCO SACRO

Il 12 gennaio 1624 moriva a Roma il compositore  Giacomo Carissimi , figura importante nell’ambito musicale barocco.  .Il quarto centenario della scomparsa costituisce l’occasione per conoscerlo un po’ meglio. Autore spesso eseguito in vita e oggi quasi del tutto dimenticato nell’odierna pratica concertistica. bilanciata, però, da una proposta discografica significativa. Ebbe tra i suoi maestri alcuni musicisti locali attivi a Marino (colli Romani) , allora feudo dei Colonna. A diciassette anni membro del coro e a ventidue organista titolare della cattedrale di Tivoli, poi maestro di cappella ad Assisi. Con il trasferimento a Roma assunse tale carica presso la chiesa di Sant’Apollinare annessa al Collegio Germanico-Ungarico dove esercitò la sua arte fino alla morte. Svolse una rilevante attività didattica a favore dei ragazzi indirizzati spesso da nobili famiglie allo scopo di avere un’educazione musicale nel canto e nella composizione. Grazi ai rapporti del Collegio con i territori del Sacro Romano Impero alcuni dei suoi migliori allievi fecero carriera presso importanti corti del nord Europa. Carissimi raggiunse una notevole fama anche al di fuori di Roma tanto da candidarsi come successore del defunto Monteverdi come maestro di cappella della basilica di San Marco a Venezia. Raccolse pressanti inviti da parte dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo presso al sua corte di Bruxelles. Collaborò alle musiche di altre istituzioni romane tra cui l’Oratorio di Santa Maria in Vallicella e quello del Crocifisso di San Marcello. Prevalse non solo come compositore da chiesa, ma anche in quello da camera e del teatro assai graditi al pubblico dell’epoca. Il catalogo, sia pur non definitivo, include otto Messe, circa duecento Mottetti, due Oratori su testo latino, appartenenti al genere del Mottetto dialogico e della “historia”. In campo profano compose 227 Cantate, mentre della musica per il teatro non restano tracce, a parte la notizia del dramma sacro “Il sacrificio di Isacco”. Particolare influenza ebbe la sua musica sacra sul francese Marc Antoine Charpentier (autore di un celebre “Te Deum” e noto al pubblico come sigla dell’Eurovisione) che soggiornò a Roma negli anni 1667-59. Infine, la conoscenza della musica di Carissimi si deve in buona parte alle copie sparse da archivisti e musicofili in vari paesi europei e a poche raccolte stampate quand’era ancora in vita. Escluse dal suo lessico musicale la convenzionale superficialità di certo artificioso “tecnicismo”, ma modellando elementi musicali in una insolita, brillante combinazione l’oratorio latino che si stava imponendo in Europa, esempio di felice padronanza talentosa che s’incide nell’anima. Nell’oratorio svelò la sua originale vena di matrice strettamente italiana, figlia di quel pulsante spazio in cui fermentavano l’arte e la cultura a Roma.  e dove novità di differente natura si susseguivano senza tregua.  Questo clima determinò in Carissimi una concezione artistica densa di raffinata semplicità che allontana ogni impoverimento del tessuto sonoro.  Il tutto saldamente poggiato sulla narrazione dell’evento biblico o sacro in un contesto di impalpabile drammaticità. Un ruolo importante nella riscoperta di Carissimi ricopre Flavio Colusso che con il suo Ensemle “Seicento-Novecento” ha registrato negli anni Novanta la raccolta completa dei Mottetti e nel 2014 dei due Oratori (etichetta Brilliant Classics) In quest’ultima integrale spicca l’oratorio “Jephte” che rievoca la storia di questo condottiero degli Israeliti che per propiziarsi la vittoria sugli Ammoniti fa voto di immolare in sacrificio a Dio chi per primo  della sua casa gli verrà incontro dopo la vittoria. Gli si presenta la su unica figlia Jephte e la gioia del successo si muta in tragedia e in accorato lamento che accosta in uno stridente contrasto la vittoria di Ismaele con la norte della vergine. Al lamento risponde in chiusura uno struggente coro a sei voci. Dal puto di vista drammatico questo oratorio si suddivide in tre parti: la scena della battaglia, la festa per la vittoria, la tragica conclusione. A ciascuna di esse corrisponde un diverso carattere musicale secondo una retorica largamente condivisa all’epoca. i canti tonalità tra maggiore e minore e viceversa, l’uso di pause in funzione espressiva e il prolungarsi al canto di note dissonanti con il basso continuo, l’uso di intervalli aspri per lo più diminuiti e tritoni.