CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA. La Cappella della Madonna “della Neve” al “Vibernone”

 

Un culto antichissimo. La cappella sorge lì almeno dal 1279

di Antonio Mignozzetti

Il culto verso la Vergine Maria invocata come “Madonna della Neve” è antichissimo, legato com’è alla “dedicazione” della basilica romana di Santa Maria Maggiore che, secondo una tradizione, sarebbe stata costruita in un sito indicato dalla Vergine stessa nella notte fra il 4 e il 5 agosto del 352 per mezzo di una nevicata fuori stagione. È stato un culto molto diffuso. nel Chierese, per esempio, alla Madonna della Neve sono dedicate la chiesa parrocchiale di Pecetto e alcune cappelle campestri, come quella della cascina Robbio, in strada Buttigliera, e, appunto, quella del “Vibernone”, situata a valle della strada Chieri-Pecetto, ad un paio di km da Chieri. In quella zona in antico sorgeva un baluardo di difesa della città romana, poi valorizzato anche in epoca longobarda. Almeno dal 1279 vi sorge anche questa cappella: un modesto edificio preceduto da uno spazioso atrio, che si apre verso l’esterno con un grande arco a tutto sesto: un edificio inglobato nella struttura di una cascina, formando un tutt’uno con essa. Il semplice interno, a base rettangolare, conta un solo altare, sopra il quale, in una nicchia incorniciata da una pesante decorazione architettonica, è racchiusa una statua in gesso della Madonna col Bambino: un’immagine che dal 1911 ne sostituisce un’altra di legno dorato, di stile gotico, molto più antica e preziosa, datata attorno al 1495: un’opera probabilmente ascrivibile ad una bottega chierese che si ispirava all’arte fiamminga. Dopo essere stata accantonata per anni in sacrestia come oggetto di poco valore, nel 1972 fu venduta all’antiquario torinese Pietro Accorsi per destinarne il ricavato, un milione e mezzo di lire, al restauro della cappella. Oggi è esposta a Torino, in via Po 55, nel Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, del quale costituisce uno dei “pezzi” più pregiati.

La cappella ha subito profonde trasformazioni, una delle quali, molto importante, nella seconda metà dell’Ottocento. Ne fa menzione Giambattista Gioacchino Montù, in un suo foglio finito nell’archivio di Antonio Bosio attualmente conservato presso la Biblioteca Civica Centrale di Torino. Lo studioso chierese racconta di aver visitato la cappella nell’ottobre del 1831 e di aver notato che il  “coretto tutto dipinto antico, fu per ignoranza solita tutto imbianchito, anni sono”, e precisa che le pitture erano  “come in Cercenasco, cappella di S. Anna, del 1400”. Ora, la cappella di sant’Anna di Cercenasco, nonostante varie ristrutturazioni, conserva ancora il presbiterio gotico originale con la volta a crociera completamente affrescata. Se ne deduce che al tempo del Montù, cioè a metà dell’Ottocento, nella cappella del Vibernone la situazione fosse la stessa, e che solo in seguito la parte gotica affrescata sia stata distrutta, e con essa gli affreschi. (Detto per inciso, ciò significa che sotto l’attuale intonaco non possono più esistere le pitture quattrocentesche come qualcuno suppone e spera ). Costruita per facilitare le pratiche religiose agli agricoltori della zona (che solo nell’agosto del 1760 sarebbe stata dotata di una strada degna di questo nome), risulta che via via la cappella sia stata gestita da soggetti diversi: in epoca medioevale da “eremiti”, che se ne prendevano cura collaborando con il Cappellano di turno; nella seconda metà del Cinquecento, per qualche tempo, dai frati Cappuccini i quali, appena stanziatisi a Chieri, e prima di trasferirsi in regione Monticello (più vicina alla città), abitarono una casa attigua a questa cappella campestre offerta loro dal nobile Ascanio Benso di Santena; in seguito da un cappellano nominato dal Capitolo dei Canonici di Chieri. Da ultimo, allorché la cappella, grazie alle molte donazioni, risultò dotata di un ricco beneficio consistente in terreni e boschi, diventò la prebenda di uno dei Canonici stessi.

Lungo tutta la sua storia, comunque, e specialmente nell’organizzazione della festa patronale, fissata al 5 agosto o alla domenica più vicina a tale data, il Cappellano del momento ha potuto sempre avvalersi della collaborazione di due o più “massari”: cioè di borghigiani eletti annualmente dagli altri per svolgere tale compito a vantaggio della comunità.