Simona, la psicologa di Santena tra i parenti delle vittime del ponte di Genova
E’ una psicologa dell’emergenza: e stavolta l’emergenza era di quelle assolute, immani: a Genova, sotto quel ponte crollato, tra salme da cercare tra le macerie e parenti disperati, confusi, senza più punti di riferimento. Spaesati nella loro disperazione. Simona Saggiomo, 44 anni, santenese, da vent’anni volontaria della Croce Rossa, studio professionale a Chieri a due passi da Piazza Cavour, ha passato cinque giorni nell’inferno del Ponte Morandi crollato e sbriciolato. “Con altri due colleghi del Piemonte – racconta – ho raggiunto Genova all’indomani della sciagura, per fare da supporto ai vigili del fuoco che operavano nella zona rossa, insieme ad altri tre psicologi liguri. Accompagnando salme all’obitorio e soprattutto i parenti, nella drammatica attesa di riconoscere la salma del loro caro. In quei momenti, le persone sono stravolte dal dolore ma anche molto confuse. Difficile essere chiari e dare informazioni che siano comprese, in uno spazio dedicato al dolore. Lo psicologo, in questo frangente, fa da intermediario tra la famiglia e il medico legale che certifica il decesso. E talvolta occorre anche far tornare quelle persone alla realtà , far capire loro che la speranza di trovare ancora vivo il loro caro non c’è più. Ci tocca, insomma, gestire la rabbia, la sofferenza, l’attesa e l’angoscia.” In qualche caso, l’attesa con i parenti è stata lunga. “Interminabile, nel caso di Mirko, una delle ultime vittime ritrovate dai soccorritori, a fianco della mamma in attesa.”
Simona si è laureata in psicologia a Torino e si è poi specializzata in psicoterapia familiare. “Come volontaria della Croce Rossa, nell’area 3 che si occupa di emergenze e maxi emergenze, ho prestato servizio nel 2009 a L’Aquila dopo il terremoto e più di recente a Camerino, ma erano situazioni diverse, già stabilizzate. Niente a che vedere con l’esperienza di Genova, dove si è operato sul luogo della tragedia ma anche a casa dei famigliari per gestirne le ansie e l’agitazione.”
Una esperienza che ha segnato profondamente Simona. “Dal punto di vista professionale – conclude – mi sono messa in gioco confrontandomi per la prima volta con un dolore vivo e palpabile da gestire per ore e ore, senza sapere per quanto tempo. E ho misurato la capacità di stare nell’angoscia, nell’attesa, nel dolore delle persone. Un fatto di sensibilità : se non si è sensibili, non c’è formazione professionale che tenga.”
Simona Saggiomo è rientrata a Santena domenica scorsa.
Gianni Giacone