PIEMONTE ARTE: VIGLIATURO, MUSEI A SAN GIOVANNI, UGO DA CARPI, CARLO NIGRA, RITTANA, ESPRESSIONISMO SVIZZERO, MARTELLI, BELLEZZA TRA LE RIGHE…

Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

CANELLI. VIGLIATURO: L’ANIMA DEL VETRO

CON TRATTO VIGLIATURO è il titolo della mostra in cui mattoni antichi, aromi, torni centenari, infinite cataste di bottiglie di vino a riposo sono intervallate da straordinarie sculture in Vetro, le quali sottolineano il ruolo fondamentale di questa materia, abile custode d’anima.

L’ANIMA NEL VETRO a cura di Francesca Carbone, è la mostra dove il lavoro dell’artista va ad interagire nelle Cattedrali sotterranee, patrimonio Unesco della Cantina CONTRATTO.

La mostra è visitabile fino al 18 settembre 2022

 

SAN GIOVANNI AL MUSEO

GAM, MAO e Palazzo Madama celebrano la festa di San Giovanni offrendo ai visitatori l’ingresso

a 1€ sia alle loro collezioni permanenti sia alle mostre temporanee.

I musei della Fondazione Torino Musei propongono per il San Giovanni 2022 l’ingresso a 1€ alle collezioni permanenti e a 1€ a tutte le mostre temporanee di GAM, MAO e Palazzo Madama: un incentivo a trascorrere la festa patronale all’insegna della cultura, fra i capolavori dell’arte contemporanea, di quella asiatica e di quella antica.

Cosa si può visitare

Alla GAM | Oltre alle opere custodite nella Galleria del Novecento e a Una collezione senza confini, che espone una selezione di opere contemporanee, alla GAM saranno visitabili le mostre World Press Photo 2022, I Maestri Serie Oro di Flavio Favelli in Wunderkammer e l’esposizione dedicata a Jannis Kounellis, visitabile dal 22 giugno in VideotecaGAM.

Al MAO | Da non perdere alle 16.30 il gesto artistico di Chrysanne Stathacos: durante questo momento aperto al pubblico l’artista disperderà con un soffio rituale il mandala di rose e specchi realizzato nelle giornate del 22 e 23 giugno.

Il pubblico potrà inoltre ammirare le opere esposte nelle gallerie dedicate a Cina, Giappone, Himalaya, Asia meridionale e Sud-est asiatico e visitare l’esposizione temporanea Il Grande Vuoto, un’esperienza multisensoriale che conduce lo spettatore prima attraverso uno spazio sonoro site specific, quindi al cospetto di un’antica thangka tibetana del XV secolo e infine alla grande selezione di immagini fotografiche che ritraggono i tulku, i Buddha viventi.

I Servizi Educativi del MAO propongono inoltre alle 16.30 un’attività per famiglie dal titolo “L’impermanenza del bello: Rose mandala”: in occasione della presenza in museo dell’artista Chrysanne Stathacos si assisterà al gesto conclusivo della sua performance con il soffio che spazza via, il momento della distruzione del mandala di fiori. A seguire in laboratorio i partecipanti potranno realizzare con i petali di rosa un piccolo mandala su un piatto di ecocarta.

Prenotazione obbligatoria al numero 011-4436927 o maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Numero di posti limitato costo: bambini 7€, adulti 1€.

A PALAZZO MADAMA | Oltre alla collezione permanente con opere databili dal periodo bizantino all’Ottocento, esposte in un palazzo unico al mondo, perfetta compenetrazione di duemila anni di storia: da porta romana a castello medievale, da capolavoro del Barocco europeo a sede del Senato, il pubblico avrà accesso alle mostre temporanee Invito a Pompei e Da San Pietro in Vaticano. La tavola di Ugo da Carpi per l’altare del Volto Santo.

Alle 16.30 visita guidata alla mostra Invito a Pompei: Banchettando: cibi, cucina e ricette nella Pompei di venti secoli fa. Costo: € 6 a partecipante

Info e prenotazioni: 0115211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

La tariffa a 1€ è valida per tutti i visitatori, compresi i possessori di Abbonamento Musei, le cui tessere non potranno essere registrate.

Ingresso gratuito: possessori di Torino Piemonte Card e aventi diritto.

ORARIO DI APERTURA: dalle 10 alle 18.

La biglietteria chiude alle 17. Prenotazione consigliata ma non obbligatoria

al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com

 

DA SAN PIETRO IN VATICANO. LA TAVOLA DI UGO DA CARPI PER l’ALTARE DEL VOLTO SANTO

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Piazza Castello, Torino

Fino al 29 agosto 2022

La Fondazione Torino Musei in collaborazione con la Fabbrica di San Pietro in Vaticano e con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Torino, dal 16 giugno al 29 agosto 2022, presenta nella Corte Medievale di Palazzo Madama La tavola di Ugo da Carpi per l’altare del Volto Santo nella Basilica Vaticana (1524-1525).

L’opera viene esposta al vasto pubblico grazie al sostegno di Reale Mutua e al contributo tecnico di Targetti Sankey Spa attraverso tecnologie illuminotecniche ad accensione diversificata per una narrazione visiva abbinata.

Nel prestigioso spazio espositivo di Palazzo Madama, i visitatori potranno ammirare la pala d’altare di Ugo da Carpi con la Veronica che dispiega il velo del Volto Santo tra gli Apostoli Pietro e Paolo – un’opera di straordinaria importanza per arte e fede. Si tratta di una tavola “fatta senza pennello”, come è scritto dall’autore accanto alla firma e come riferisce Giorgio Vasari che la vide in San Pietro insieme a Michelangelo. Quella di Ugo da Carpi “intagliatore” fu una sperimentazione audace, ingegnosa e senza precedenti che nessuno ebbe in seguito l’ardire di ripetere; un’opera unica nel suo genere perché eseguita non con l’arte della pittura, ma con la tecnica della stampa a matrici sovrapposte. La tavola viene esposta al pubblico per condividere, oltre un’opera di formidabile interesse tecnico e artistico, i risultati di uno studio articolato e complesso, che, grazie al lavoro di figure professionali di altissimo profilo e a scrupolose ricerche, hanno permesso di svelare la storia e la tecnica d’esecuzione dell’opera che si appresta a compiere cinquecento anni di età. Una vita compresa tra due Giubilei: quello del 1525 durante il pontificato di Clemente VII e l’ormai prossimo Anno Santo del 2025. Un percorso di devozione tra antica e nuova basilica, un viaggio nel tempo e nella fede che si potrà apprezzare per la prima volta in questa mostra. Grazie a ricerche multidisciplinari, a immagini multispettrali e a diversificate indagini diagnostiche eseguite dai laboratori dei Musei Vaticani in spirito di fattiva collaborazione con la Direzione dei medesimi Musei del Papa, è stato possibile  realizzare una replica a grandezza naturale della tavola del Volto Santo che ripropone gli originari valori cromatici e chiaroscurali consentendo così una più equa valutazione della pala di Ugo da Carpi, i cui colori sono oggi in gran parte perduti o alterati. Il suggestivo progetto espositivo, ideato dall’arch. Roberto Pulitani, presenta la pala d’altare con l’ostensione del Volto Santo sotto un secentesco affresco con l’ostensione della Sacra Sindone presente nella Corte Medievale. “Due immagini che riassumono in modo mirabile un secolare dialogo di storia, fede e devozione e che costituiscono un invito alla preghiera e un forte richiamo alla basilica vaticana, luogo di accoglienza per tutte le genti della terra desiderose di giungere presso la tomba dell’Apostolo Pietro, primo Papa nella guida della Chiesa” (Card. Mauro Gambetti). “Due immagini che inevitabilmente riportano il nostro pensiero all’anno 33 dopo Cristo, alla salita al Calvario, alla Passione di Cristo fino alla morte di Croce e all’immenso atto d’amore compiuto per noi da Nostro Signore” (Dott. Maurizio Cibrario). Una sezione della mostra è infine dedicata alla figura e all’opera dell’artista Ugo da Carpi, al quale fa riferimento un bel saggio del catalogo a firma della Dott.ssa Laura Donati, e del quale si espone il settecentesco ritratto del Postetta dal Museo di Carpi. Del celebre intagliatore sono presentati alcuni chiaroscuri del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, da cui proviene anche il disegno preparatorio di Parmigianino per la tavola di San Pietro, mutuato da una xilografia di Dürer del 1510, concessa in prestito dalla Galleria Sabauda dei Musei Reali Torino. La curatela della mostra è di Pietro Zander.

 

 

MAZZOLENI A TEFAF MAASTRICHT 2022

Alberto Burri | Giorgio de Chirico | Lucio Fontana | Hans Hartung | Georges Mathieu | Fausto Melotti | Joan Miró | Giorgio Morandi | Jean-Paul Riopelle | Victor Vasarely

Mazzoleni è lieta di annunciare la sua partecipazione a TEFAF Maastricht 2022. Il progetto espositivo sarà incentrato su una selezione di opere di maestri del dopoguerra la cui ricerca evolve tra materia e gesto, superficie e struttura, astratto e figurativo.

Spazialità e materia saranno esplorate attraverso le opere di Lucio Fontana e Alberto Burri, mentre l’astrazione gestuale sarà esemplificata da dipinti di tre pionieri dell’arte informale: Hans Hartung, Georges Mathieu e Jean-Paul Riopelle.

Infine, soggetti metafisici di Giorgio De Chirico e nature morte Giorgio Morandi saranno giustapposti ad opere appartenenti al cosiddetto periodo “Bianco e Nero” di Victor Vasarely, uno dei più grandi maestri dell’Op Art.

 

MIASINO. MOSTRA “CARLO NIGRA. UNO SGUARDO CONTEMPORANEO”

Mostra “Carlo Nigra. Uno sguardo contemporaneo” organizzata da Asilo Bianco a Villa Nigra, Miasino (NO), sul lago d’Orta, dal 25 giugno al 24 luglio. Inaugurazione sabato 25 giugno ore 18.

Si tratta di un primo, importante, passo per fare luce su una figura centrale dell’architettura italiana, personalità eclettica e poliedrica. Uomo del suo tempo ma anche, e soprattutto, proiettato al futuro, Carlo Nigra (1856-1942) è noto per avere partecipato alla costruzione del Borgo medievale di Torino e per i suoi importanti studi sull’architettura medievale subalpina.

Alle fotografie, disegni e progetti autografi di Nigra si affiancano in mostra i lavori di Sara Manzan, Erjon Nazeraj, Fabio Roncato, Paola Tassetti, Gosia Turzeniecka. Si tratta di opere site specific che vanno a popolare le stanze affrescate del piano nobile di Villa Nigra a Miasino.

Molto si deve alla collaborazione con la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Torino Musei, il cui importante archivio fotografico conserva il fondo de Andrade dove si trova parte della vastissima documentazione fotografica e disegni originali di Nigra.

 

RITTANA: RINASCIMENTI

APRE AD AOSTA LA MOSTRA ESPRESSIONISMO SVIZZERO. LINGUAGGI DEGLI ARTISTI D’OLTRALPE

Dal 25 giugno al 23 ottobre 2022 il Museo Archeologico Regionale di Aosta accoglierà un’esposizione che si propone di raccontare una stagione straordinaria ma ancora poco conosciuta dell’arte del Novecento, quella dell’Espressionismo svizzero.

La mostra, promossa dall’Assessorato Beni culturali Turismo, Sport e Commercio della Regione autonoma Valle d’Aosta, è curata da Daria Jorioz, Andrea Lutz e David Schmidhauser.

Grazie ai prestigiosi prestiti provenienti dal Kunst Museum di Winterthur e da una serie di importanti nuclei collezionistici museali e privati svizzeri, la rassegna riunisce per la prima volta capolavori provenienti da tutta l’area geografica elvetica, includendo sia il Ticino sia la zona della Svizzera francese, fino ad ora poco conosciuti dal grande pubblico.

Nei primi anni del Novecento furono numerosi gli artisti di provenienza elvetica che trovarono nell’estetica cruda e nei colori forti e simbolici tipici dell’Espressionismo piena espressione di sé e del tempo in cui vivevano. Il movimento si sviluppò gradualmente – dagli inizi alla prima metà del Novecento – in diverse aree geografiche del paese, tanto da definire approcci espressivi e tendenze stilistiche molto diverse tra loro che portarono alla definizione di numerosi gruppi di artisti, per cui si può parlare di ‘plurilinguismo elvetico’. Se da un lato l’influenza del vicino Fauvismo francese si manifestava nei lavori dell’artista Cuno Amiet, precursore dell’Espressionismo svizzero, e a Ginevra nelle intense gamme cromatiche del gruppo Le Falot, dall’altro l’esperienza tedesca del Die Brücke ebbe riscontro nel gruppo lucernese Der Moderne Bund e in quello sorto a Basilea dei Rot-Blau, più interessati al valore simbolico del colore. Ad Ascona, inoltre, si formò il gruppo dell’Orsa Maggiore, rivolto alla rappresentazione dell’idilliaco paesaggio ticinese. Tuttavia, furono numerosi anche quegli artisti che perseguirono una ricerca individuale senza aderire ad alcun gruppo e affrontando i temi più vari: dalla politica alle questioni sociali, dalla sofferenza della guerra alla rappresentazione paesaggistica. Tra gli artisti in mostra non mancano straordinarie figure femminili come quella di Alice Bailly, che verranno valorizzate nel percorso espositivo mostrando ancora una volta un aspetto poco esplorato delle avanguardie europee del Novecento. Il pubblico avrà l’opportunità di ammirare capolavori quali Il grande carosello di Louis Moilliet, Paesaggio a Mendrisiotto di Hermann Scherer, e altre importanti opere dall’inconfondibile tratto crudo tipico della stagione espressionista, come Interno con tre donne di Albert Muller, La lettrice di Hans Berger e il celebre Primavera Grigia di Alice Bailly. Espressionismo svizzero è una grande mostra che ha l’ambizione di riunire la straordinaria varietà di tendenze stilistiche e forme espressive legate all’Espressionismo svizzero del primo Novecento. Un’occasione unica per poter esporre, per la prima volta in Italia, capolavori di una delle avanguardie più significative del XX secolo mai usciti prima d’ora dal territorio elvetico. La mostra, prodotta da Expona di Bolzano in collaborazione con Contemporaea Progetti di Firenze, è accompagnata da un catalogo bilingue italiano/francese edito da Silvana Editoriale con saggi di Daria Jorioz, Caesar Menz, David Schmidhauser, Andrea Lutz, che contiene le immagini di tutte le opere in mostra e sarà acquistabile al prezzo di 26 euro.

Biglietti: Intero 6 euro, ridotto 4 euro. Ingresso gratuito per i minori di 25 anni. La mostra è inserita nel circuito di Abbonamento Musei. Orario di apertura: tutti i giorni, dalle 9 alle 19. La mostra sarà aperta al pubblico dal 25 giugno al 23 ottobre 2022.

 

PHOS. PLINIO MARTELLI IN COLLABORAZIONE CON DR FAKE CABINET

PHOS Centro Fotografia Torino  Via Giambattista Vico, 1

Phos Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive in collaborazione con Dr Fake Cabinet, la galleria che rappresenta il lavoro di Plinio Martelli, presenta una mostra che vuole rendere omaggio al grande artista scomparso ormai quasi sei anni fa. L’impianto è quello di una piccola antologica che si concentra sul suo lavoro fotografico, partendo dai Tatuati degli anni Settanta – opere pionieristiche per la riscoperta del tatuaggio in chiave estetica – passando per l’indagine sul mondo di Von Masoch, per approdare alla riflessione sulla luce, del cui utilizzo Martelli è stato un grande maestro.

Il pubblico troverà in mostra alcuni importanti lavori di grande formato, tasselli fondamentali del percorso artistico di Plinio Martelli, accostati gli uni agli altri senza alcuna pretesa di completezza, ma con l’intento di permettere di percepire una suggestione, un colpo d’occhio generale sulla sua produzione. Un particolare focus sarà dedicato ai film sperimentali realizzati da Martelli fra gli anni Sessanta e Ottanta, i cui originali sono conservati alla GAM di Torino.

Plinio Martelli (1945-2016) ha respirato l’arte fin da bambino: suo padre e suo nonno erano, infatti, pittori. Il primo vicino a Menzio, Quaglino e Fico, il secondo a Carrà, Bonzagni e Malerba. Fin dai suoi esordi, dopo aver frequentato l’Accademia Albertina sotto la guida di Paulucci e Calandri, partecipa a numerose mostre collettive, fra cui lo storico evento Fluxus del 1967 presso la galleria Il Punto e, l’anno successivo, alla mostra di Marcello Rumma, curata da Germano Celant, “Arte Povera + Azioni Povere”, ad Amalfi per poi allestire la sua prima personale nel 1969 nella prestigiosa galleria di Christian Stein con cui avvia una collaborazione destinata a durare a lungo nel tempo. Il suo lavoro si indirizza immediatamente verso una ricerca sulla trasformazione del linguaggio artistico attraverso l’impiego di materiali inusuali, fusi in sculture suggestive ed evocative. Importanti sono le sue mostre degli anni Settanta presso la galleria LP220 così come la sua sperimentazione in ambito cinematografico che gli vale un invito alla Biennale di Venezia del 1978.  Artista poliedrico, Martelli si cimenta con la fotografia come metafora della pittura, costruendo uno stile personale riconoscibilissimo grazie a un uso della luce finalizzato a indagare la dimensione esistenziale dei suoi soggetti.

Pioniere nella riscoperta del tatuaggio come forma di espressione artistica e narrativa, ha poi esplorato il mondo dell’erotismo nelle sue pieghe più intime e talvolta estreme.

Il suo lavoro è stato esposto in tutto il mondo in gallerie private e musei pubblici: Torino, Milano, Bologna, Bolzano, Parigi, Colonia, Sidney, Londra, New York, Barcellona, Palma di Maiorca, Bruxelles. Sue opere fanno parte delle collezioni di diversi musei, fra cui la Galleria d’Arte Moderna di Torino.

 

DA VERONICA A “VERA ICON”: LA DEVOZIONE AL VOLTO DI CRISTO NEL MEDIOEVO TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Conferenza con Gian Maria Zaccone direttore del CISS – Centro Internazionale di Studi sulla Sindone

Mercoledì 22 giugno 2022 ore 16.45 Palazzo Madama – Sala Feste  Piazza Castello, Torino

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, mercoledì 22 giugno alle ore 16.45, la conferenza Da Veronica a “vera icon”: la devozione al Volto di Cristo nel Medioevo tra Oriente e Occidente con il professor Gian Maria Zaccone, direttore del CISS – Centro Internazionale di Studi sulla Sindone. Due tradizioni, quella orientale del Mandylion e quella occidentale della Veronica si intrecciano fortemente, con esiti diversi nella storia della spiritualità, sebbene entrambe di forte impatto nella evoluzione della ricerca e della Pietà verso la vera immagine di Cristo. All’epoca di Innocenzo III l’immagine cosiddetta della “Veronica” – presente da tempo in Roma e oggetto di culto crescente – raggiunge il suo status di immagine-reliquia universale del volto di Cristo. L’immagine della Veronica racchiude una doppia valenza, che impronterà la sua iconografia, che la vede ora come immagine del Cristo vittorioso e ora di quello paziente, che l’avvicina all’immagine orientale del Mandylion. Ciò si riflette anche sulle leggende circa la sua origine, in una versione donata da Gesù alla mitica figura di Veronica che desiderava ardentemente avere un’immagine del suo maestro e guaritore, e in un’altra realizzata durante la passione. Sarà quest’ultima a imporsi nell’ambito occidentale. Per molto tempo gli studiosi si sono interrogati su quale delle due leggende – Veronica e Mandylion – si fosse modellata l’altra. Al di là della questione storica è fondamentale prendere atto come, da un ben preciso punto della storia della Chiesa, con sempre maggiore interesse la Cristianità anela a identificare le fattezze umane di Cristo. Il Mandylion in Oriente e la Veronica in Occidente in realtà rappresentano due fondamentali espressioni dello stesso Volto, recepite secondo le più profonde attese delle diverse spiritualità. Ne è palese testimonianza il ruolo della Veronica nella pietà medievale, e in particolare il significato enorme rivestito nel Giubileo del 1300. Le relazioni dei pellegrini, i testi letterari, da Dante a Petrarca, le cronache liturgiche segnalano in maniera inequivocabile l’emozione della presenza di quel volto a Roma, la cui storia ancora oggi risulta di difficile ricostruzione e a tratti controversa.

Gian Maria Zaccone, storico, Direttore del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone di Torino. Laureato in Storia del Diritto si è specializzato nello studio dei processi per i percorsi di canonizzazione nel medioevo e nella storia della Pietà. In questo ambito ha approfondito il tema della ricerca della raffigurazione di Cristo con particolare attenzione agli esiti sindonici. È titolare di un corso universitario di Storia della Sindone e delle reliquie di Cristo nell’ambito della Pietà.

Info: ingresso libero fino a esaurimento posti

Prenotazione facoltativa: t. 011 4429629 (da lunedì a venerdì, orario 9,30-13 e 14-16)

e-mail: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

TERZA EDIZIONE DI “BELLEZZA TRA LE RIGHE”

A Casa Lajolo, a Piossasco, e al Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo. Tra gli ospiti Davide Ferrario, Enrica Tesio, Paolo Verri, Enrico Camanni, Matteo Saudino, Cristiano Tinazzi, Franco Prono, Daniele Zovi

E’ dedicata alla libertà l’edizione 2022 di “Bellezza tra le righe”, la rassegna organizzata da Fondazione Casa Lajolo e Fondazione Cosso con il contributo della Regione Piemonte. Torna, per il terzo anno, in due luoghi speciali: il giardino di Casa Lajolo, a Piossasco, e quello del Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo.

Un’occasione diversa per vivere due dimore storiche del Piemonte. Tra antichi vialetti e alberi secolari, la volontà è quella di condurre il pubblico in luoghi di pace e rara bellezza, proponendo delle conversazioni con autori, giornalisti, architetti, registi, docenti universitari, filosofi e manager culturali. Voci del tempo presente, insomma: gli incontri sono in programma tra domenica 26 giugno e domenica 23 ottobre. La libertà, al centro di quest’edizione, è intesa nel senso più ampio e l’obiettivo è guardarla e indagarla volgendosi verso la concretezza della terra e delle montagne del territorio circostante, ma anche verso il pensiero e le modalità di comunicarlo.

Così, ecco che domenica 26 giugno, data di inizio, sono previsti due appuntamenti quasi in contemporanea nelle due dimore storiche: a Piossasco arriva il giornalista Cristiano Tinazzi per parlare di podcast e della loro esplosione ma anche per raccontare la sua esperienza da  corrispondente dall’Ucraina e il suo punto di vista sul mondo dell’informazione oggi; a Miradolo, in un appuntamento in collaborazione con Piemonte Movie, inserito all’interno della rassegna “CineVillaggio” del Cinema delle Valli di Villar Perosa, è in programma una serata omaggio a Gianni Celati, scrittore, professore, traduttore, critico e documentarista scomparso nel gennaio scorso, che, con grande libertà, ha sempre raccontato il territorio in cui viviamo. Protagonisti Davide Ferrario e Franco Prono. A luglio poi la libertà diventa quella rigenerante che nasce prendendosi cura del verde: ne parla l’architetta paesaggista Monica Botta nel suo ultimo libro “Caro giardino, prenditi cura di me” (è ospite il 31 luglio a Piossasco) mentre, ad agosto, tocca allo scrittore torinese Enrico Camanni dipingere quella libertà che pervade chi ama la montagna, come si evince anche dal suo ultimo libro “La discesa infinita. Un mistero per Nanni Settembrini”, edito da Mondadori. Domenica 18 settembre a Miradolo arriva un’altra scrittrice torinese, l’amata blogger Enrica Tesio, con il suo ultimo “Tutta la stanchezza del mondo”, un diario privato di fatiche collettive con una domanda di fondo: ma nella vita quotidiana la libertà di essere stanchi esiste ancora? Domenica 25 settembre a Casa Lajolo Paolo Verri presenta, invece, il suo libro “Il paradosso urbano”, sulle metamorfosi emblematiche di “Nove città in cerca di futuro”, con una riflessione sull’equilibrio tra crescita, valorizzazione della propria identità storico-culturale e il rispetto dei processi democratici. Declinare un concetto di libertà di crescita e di sviluppo è certamente più complesso ma anche affascinante. Quindi, a ottobre, a Miradolo il microfono va Matteo Saudino con un libro dedicato alla filosofia per diventare finalmente artefici del proprio destino (è “Ribellarsi con filosofia. Scopri con i grandi filosofi il coraggio di pensare”, in calendario il 1 ottobre) e a Daniele Zovi con “In bosco. Leggere la natura su un sentiero di montagna” (23 ottobre): racconta come camminare ci aiuti a ritrovarci e rivelarci l’intreccio costante di clima, paesaggio, animali e piante che costituisce la vita segreta del bosco. E una chiave unica di libertà.

 

CHERASCO. “PRIMA DELLA FANTASCIENZA. IL FUTURO IMMAGINARIO”

Mostra a cura di Piero Gondolo della Riva. Palaexpo di Cherasco, 25 giugno-9 ottobre 2022

Abbiamo sempre immaginato, come facciamo ora, futuri radicalmente diversi? Come è cambiata la nostra idea del futuro in diversi momenti storici? Che impatto hanno avuto queste idee sull’evoluzione delle nostre società? Sono solo alcune delle domande a cui prova a dare una risposta la grande mostra dal titolo “Prima della fantascienza. Il futuro immaginario”, organizzata dall’Associazione Cherasco Cultura e dal Comune di Cherasco.

Dal 25 giugno al 9 ottobre l’esposizione offrirà occasioni di riflessione sulla nostra capacità di immaginare il futuro in un viaggio che mette insieme immagini e oggetti dal XVII secolo fino ai giorni nostri. La mostra esplora la misura in cui la nostra visione del futuro rimane ancorata alle idee e ai valori del passato ed esplora il ruolo che l’immaginazione e la creatività possono giocare nella produzione di futuri alternativi. La mostra è a cura di Piero Gondolo della Riva, proprietario di una ricchissima collezione di preziosi volumi e oggetti (stampe, piatti in ceramica, incisioni, cartoline) incentrati sul tema della visione del futuro. Parte di questi materiali sono stati esposti in una mostra allestita fino al 17 aprile 2022 presso il Telefónica Foundation Space a Madrid.

L’esposizione intende offrire una visione del futuro attraverso i secoli e mostrare come l’uomo, nonostante le contingenze avverse (guerre, carestie, pestilenze), abbia continuato a immaginare un futuro di sviluppo tecnologico e morale per l’umanità, osservando inoltre come l’immaginazione e la creatività possono giocare nella produzione di futuri alternativi. Uno spunto di riflessione per i visitatori, anche alla luce della difficile contemporaneità vissuta dalle persone, ormai da due anni, a causa della pandemia Covid-19 e della guerra in Ucraina.

La mostra rimarrà aperta a Cherasco, nel Palaexpo di piazza degli Alpini, il sabato e la domenica con orario 9.30-12.30 / 15.00-19.00 dal 25 giugno al 9 ottobre 2022.

L’inaugurazione avrà luogo sabato 25 giugno alle ore 16.00.

 

BEPPE RONCO. LA PERSISTENZA DEL MITO.

 Lo svolgimento tematico della pittura di Beppe Ronco è lineare, almeno da quando egli ha deciso di pubblicare, di rado, il suo lavoro. In questa direzione gli sono stati utili, ma non condizionanti, alcuni incontri con figure della cultura contemporanea altrettanto libere, come  Ferdinando Albertazzi, protagonista  di una via torinese al fantastico che gli ha prestato un poetico frammento per una mostra del 1997 o Janus che gli ha dedicato nel 2003 una impegnativa presentazione,  l’appartenenza al sodalizio aperto “Uindou”, oltre che –  forse soprattutto – la lettura di buoni libri (tra gli autori, Beppe mi cita in particolare Roberto Calasso) .

Il mio contributo sarà circoscritto (lasciando all’artista di spaziare e divagare quanto necessario, in compagnia di un amico fidato): di fatto, mi terrò stretto alla pittura, dove, giovandomi di comuni esperienze operative, spero di saper cogliere qualità che mi convincono, anche senza condividere le sue scelte. La prima cosa che colpisce nella pittura di Beppe Ronco è la chiarezza. Una chiarezza che non viene determinata da un progetto vincolante  (come forse ci si aspetterebbe da chi ha avuto una formazione da architetto, problematicamente vissuta negli anni  ‘60/’70 ), invece è raggiunta attraverso una complessa elaborazione tecnica e iconografica, che assorbe in immagine “perfetta” una sperimentazione  modernamente aperta. La chiarezza riguarda il disegno che non si concede approssimazioni o suggestive gesticolazioni, anzi è esatto perfino tagliente; il colore che scarta compiacimenti pittoricistici e materici, puntando sulla raffinatezza delle scelte, sugli inusuali accostamenti, sulla pulizia delle stesure; l’intonazione originale, che dai timbri alti ma non squillanti (di rosso) e profondi (di blu) scala alle note basse dei grigi perlacei, delle ocre e dei bruni preziosi, dei rosa innaturali, degli azzurri e dei verdi che s’incrociano in variazioni del glauco.  Azzardo che a Ronco piacciano certi accordi del Manierismo fiorentino, da Pontormo a Bronzino: me lo conferma lui stesso, puntando soprattutto sulla freddezza del secondo.

Sono colori e toni corposi,  precisi nel definire forme non vaghe, anche se, spesso, non riconducibili ad un nome; anche quando non vengano fornite coordinate per una misurazione certa o una certa dislocazione.

Disegno, colore e tono si integrano nel definire spazi e cose, che non sono spazi e cose, piuttosto forme  tra il vegetale e l’animale, che diventano prevalentemente antropomorfe mano a mano che si precisa la scelta del mito come area di ricerca. I miti, si sa, sono spesso dedicati alla esperienza del mutare vissuta dall’uomo (maschio e femmina) nel suo rapporto originario con la natura e gli dei: Un tema, nella dimensione straordinariamente ricca del mito, in particolare  sollecita Ronco, quello dell’estremo rilancio fra Eros e Thanatos, ovvero vita/morte,  e viceversa. Senza sviluppo narrativo e tanto meno intenzione didattica, tutto si presenta con una evidenza istantanea assoluta. Già i labirinti di Ronco non sono luoghi praticabili. Il mostro che li abita non sta sul fondo, l’orrido guardiano di segreti inaccessibili impone dall’inizio il segno di uno sbarramento. Chi tenta il labirinto è coinvolto in un processo di mutazione, fatto di attimi sospesi, di sospensioni istantanee. In epoca classica , e poi ellenistica e romana, il mito tende a sciogliersi in pretesto narrativo e addirittura in occasione di indagine psicologica. Intuitivamente, Beppe Ronco è su differente posizione.  Egli ama ricordare che da ragazzo, allievo al Liceo Artistico della “tremenda” Anna Maria Bonous, osò dichiarare il suo apprezzamento per le forme arcaiche della rappresentazione: i cosiddetti “Kuroi” lo affascinavano proprio  per il loro schematismo anatomico, geometrizzante, e la staticità frontale estranea a qualsiasi esibizione ginnica. Da quella scelta intuitiva, che gli guadagnò la stima dell’insegnante, Beppe Ronco non si è mai allontanato: tutto preso dal mistero della presenza indiscutibile dell’immagine, invece che dalla sua indiscreta riduzione logica; affascinato dalla pienezza ambigua della manifestazione simbolica, anziché dalla descrizione naturalistica. Le sue figure mitiche stanno, di fronte o di schiena, pressoché prive di articolazioni funzionali, e specialmente di caratterizzazione individuale (infatti le teste sono coperte quasi sempre da una capigliatura abbondante – se è una capigliatura – con funzione dichiarata di mascheramento). Se mai la tentazione di una “apertura” della forma si affacciasse ( e la sua morbidezza potrebbe suggerirlo), subito la ristrettezza del luogo la conterrebbe tanto in ampiezza che in profondità. E non sottovaluterei la densità dell’atmosfera avvolgente e la saturazione cromatica che tende a riportare il manifestarsi dell’immagine non tanto ad un primo piano quanto ad un unico compatto spessore.  Anche da questo punto di vista, il riferimento suggestivo ad un certo manierismo post-leonardesco è convincente; e qualche tentazione da Parmigianino, che, autoritraendosi in uno specchio deformante, esalta/nasconde un’invasiva persistenza (del mito).

Pino Mantovani

 

ALBA: CHIUDE IL 30 GIUGNO LA MOSTRA SU SOFFIANTINO

Il 30 giugno si chiude alla Fondazione Ferrero di Alba la mostra “Soffiantino. Tra oggetto e indefinito” a cura di Luca Beatrice, Michele Bramante e Adriano Olivieri. Corredata da un esauriente e documentato catalogo (Skira) l’esposizione delinea i momenti, il linguaggio e la   dell’artista (Torino, 1929-2013) . Un percorso attraverso la cultura visiva torinese, e non solo, accompagnato da un testo critico di Marco Vallora e dalle impressioni-ricordo della figlia Carlotta Soffiantino.

 

Immagine: Disegno di Giacomo Soffiantino, per il libro “La quinta stagione”,