CURIOSITA’ NOVARESI 40. ARCHIVIO, LICEO ARTISTICO E CONVITTO ERANO CONVENTI E CHIESE.

L’Archivio di Stato di Novara, così come l’attuale Liceo Artistico Statale e il Convitto Carlo Alberto sono complessi di antica origine strutturale e i loro fabbricati erano inizialmente edifici religiosi profondamente radicati nella storia di Novara.

Il Monastero di Santa Maria Maddalena-Archivio di Stato-Liceo Artistico “Felice Casorati”

Testimonianza residua della facciata dell’antica chiesetta, forse di S. Maiolo

Barlassina e Picconi nella loro pubblicazione “Le Chiese di Novara”, stampata nel 1933 dalla Tipografia San Gaudenzio di Novara, ci raccontano che anticamente questo monastero era chiamato de’ Gritti, ed era nel borgo o sobborgo di Barazzuolo (o Barazzolo) e sorgeva presso il Palazzo di Città. Tra l’altro anche Bianchini nel suo volume “Le cose rimarchevoli della Città di Novara”, stampato nel 1828 dalla tipografia Girolamo Miglio di Novara, parlando del primissimo Palazzo di Governo della Città, ricordava che già prima del 1064 il Palazzo dei Rettori del Comune si trovava nel sobborgo di Barazzolo “edificato in fregio di una contrada verso il mezzogiorno vicino al monistero di santa Maria Maddalena de’ Gritti”. E’ ovvio che stiamo parlando dello stesso antichissimo monastero. Barlassina e Picconi poi ricordano che gli era stato unito il monastero di San Cristoforo, che esisteva nello stesso sobborgo. Il monastero suburbano di S. Maria Maddalena, secondo il noto storico Frasconi, era “nobilissimo e antichissimo”, aveva una bella chiesa, un ampio chiostro e giardini. In caso di guerra, le suore si rifugiavano in Città presso le monache di S. Chiara, per poi tornare, cessato il pericolo, nell’antico monastero.

Nel 1646 però, nell’imminenza della guerra con la Francia, il Governo di Milano, per rendere più sicure le fortificazioni, ordinò la demolizione del monastero e le suore dovettero lasciarlo e cercare un’altra sede. Acquistarono quindi dai padri Barnabiti il palazzo già della famiglia Caccia, di fronte al monastero di S. Agostino e si trasferirono quindi nell’attuale isolato tra corso Cavallotti, via dell’Archivio, via Mario Greppi e via Silvio Pellico. Si sa

Archivio di Stato di Novara – facciata dell’antica chiesa

che il monastero nel Seicento occupava due edifici: la Casa Caccia appunto, angolo via Greppi/via Silvio Pellico e la Casa delle Orsoline, angolo via Greppi/via dell’Archivio, separati attraverso un grande giardino da altri edifici di diversa proprietà, che si affacciavano sull’attuale corso Cavallotti.

All’interno del complesso del monastero, nel suo angolo sud orientale (in corrispondenza dell’aula 21 e del passaggio per la Sala Casorati del Liceo Artistico, che attualmente ha sede nella struttura) si trovava la piccola chiesa interna al monastero (12 metri di lunghezza per 6 di larghezza), orientata a est, con ingresso dall’esterno dall’attuale via Silvio Pellico (nella foto quanto resta della facciata della chiesetta, che aveva l’entrata in corrispondenza della lunetta ancora visibile). Lo spazio ad aula unica era diviso in due campate di pianta quadrata, coperte da volte a crociera visibili ancora oggi. Tra le due campate (in corrispondenza dell’attuale muro orientale dell’aula 21) si trovava il tramezzo che divideva la chiesa in due aree: chiesa esterna, comunicante con la strada, e chiesa interna, perché le monache in clausura non avessero contatti con il mondo esterno, seguendo la messa.

Barlassina e Picconi ci dicono che nel 1492, quindi prima del trasferimento delle suore di S. Maria Maddalena nella nuova sede entro le mura cittadine, la chiesa di S. Maiolo, che era presumibilmente all’interno dell’isolato del futuro complesso di S. Maria Maddalena, venne ceduta al vicino monastero, poi conosciuto come monastero di S. Agostino. La chiesa di S. Maiolo è una delle chiese nominate nel decreto del vescovo Litifredo del 1124, chiesa che “sorgeva non molto lontano e quasi di fronte alla chiesa di Ognissanti…”. La cessione avvenne “…con l’obbligo però ingiunto alle monache di non chiuderla, ma di tenerla aperta ogni giorno per comodità del pubblico”. Gli stessi autori precisano però che, in seguito, “nel 1583 fu rinchiusa completamente nel monastero e soggetta a clausura”. Ciò che resta di S. Maiolo potrebbe essere la piccola chiesa, le cui testimonianze residue abbiamo sopra illustrato, in quanto ancora visibili all’interno del complesso dell’attuale Liceo Artistico. In questo caso, tuttavia, poiché il Liceo utilizza gli edifici del monastero di S. Maria Maddalena e non di S. Agostino, dove invece è collocato il Convitto, è presumibile che la chiesetta di S. Maiolo sia stata ceduta dalle suore di S. Agostino alla nobile famiglia Caccia, il cui palazzo confinava con la chiesa, per essere quindi acquisita, assieme al palazzo, prima dai Barnabiti e poi dalle suore di S. Maria Maddalena, oppure sia stata ceduta dalle Agostiniane direttamente al monastero di S. Maria Maddalena al tempo dell’apertura del monastero stesso.

Passaggi tra i due monasteri

Dopo il 1650 ci furono interventi di ristrutturazione e ampliamento così da avere un monastero più adatto alle sue esigenze. Nella visita pastorale di un vescovo del 1765 il complesso viene descritto con un porticato e annesso giardino interno, chiese interna ed esterna e inoltre un cortile per i fabbricati di servizio e la casa per le educande. Nell’angolo tra l’attuale corso Cavallotti e via dell’Archivio era stata costruita la chiesa di S. Agnese che, a quei tempi, era considerata la più bella tra quelle appartenenti ai monasteri novaresi. Aveva la facciata sul corso di Porta Milano, poi diventato corso Regina Margherita e ora corso Cavallotti (la chiesa divenne poi, come vedremo più avanti, sede dell’Archivio Notarile). Le monache erano dedite al ricamo e alla tessitura, ma nel monastero era presente anche l’attività dell’allevamento dei bachi da seta, oltre al confezionamento di scarpe e profumi, e si praticava anche la musica strumentale. Nel 1798, con l’arrivo dei soldati francesi, le monache dovettero abbandonare il loro monastero e si trasferirono in quello vicino di S. Agostino, unendovi i loro beni.

Al tempo di Napoleone e con la soppressione dei beni ecclesiastici il complesso venne usato, almeno fino al 1803, come casermaggio o caserma. Negli anni seguenti fu diviso: una parte divenne sede del costituendo Liceo napoleonico, mentre nel 1806 un’altra parte fu ceduta all’Amministrazione civile, che quindi la destinò all’Archivio notarile. Per ciò che riguarda quest’ultima parte, più tardi, nel 1824, l’ingegnere Luigi Orelli fu incaricato dall’Amministrazione di sistemare i necessari locali per l’Archivio, ma anche per l’antico Ufficio di Insinuazione (oggi Ufficio del Registro), che egualmente lì trovava la sua sede. Antonelli fu poi incaricato di progettare l’abbellimento del fabbricato in via dell’Archivio oltre alla ex chiesa di S. Agnese, progetto presentato nel 1836. La facciata attuale della ex chiesa su corso Cavallotti, caratterizzata da un ingresso con due colonne che reggono un architrave, con la statua del “Genio della Conservazione” di Giuseppe Argenti, fu però realizzata da Antonio Busser tra il 1850 e il 1854 (nella foto). Negli anni Sessanta del XX secolo ci fu lo spostamento dell’Ufficio dell’Insinuazione, quindi il 18 marzo 1970 il complesso divenne sede ufficiale dell’Archivio di Stato.

Chiesa del monastero di S. Agostino

Per ciò che riguarda la parte dove era stato costituito il Liceo napoleonico, con la Restaurazione del 1814 mutano ovviamente gli ordinamenti scolastici e nel 1817 il Liceo-Convitto (il vicino monastero di S. Agostino era stato adibito nel 1807 dal Governo napoleonico a convitto) viene trasformato in Collegio Reale e affidato ai Gesuiti, che vi restarono fino al 1848, quando Carlo Alberto impose la trasformazione dei collegi dei Gesuiti in convitti di educazione. Durante la gestione dei Gesuiti l’edificio subì numerose trasformazioni e adattamenti e i due ex-monasteri di S. Maria Maddalena e di S. Agostino vennero uniti mediante due passaggi ad arco, ancora oggi esistenti in via Greppi (nella foto). Bianchini nel suo volume “Le cose rimarchevoli della Città di Novara” del 1828 (tipografia Girolamo Miglio, Novara) annota come nel Collegio Reale e Convitto (le Regie Scuole dell’epoca) si trovasse anche una “Aula delle Accademie” molto bella e bene ornata, un “Orto botanico”, con due orti, e un “Gabinetto di Fisica”. Quest’ultimo fu costituito all’inizio dell’Ottocento ed ecco come lo illustra Bianchini: “Una rozza macchina pneumatica e l’eletrica a globo più grossolana erano prima del 1802 i soli fisici stromenti che nel medesimo esistessero. Dopo quest’epoca di tante e preziose macchine venne provvisto, che ben in oggi (siamo nel 1828) può emulare i gabinetti di non poche università italiane. Di tanto suo lustro siam noi debitori alle cure indefesse dell’egregio professore emerito sacerdote Giuseppe Galvagna che per lunghi anni insegnò in queste scuole la fisica: e nel vero non avvi parte di tale scienza che non abbia in questo gabinetto un certo numero d’istromenti per le relative osservazioni ed esperienze. Tra le migliori distinguonsi, una eccellente macchina colle trombe di cristallo della fabbrica di Dumotier di Parigi, un microscopio dell’Amici, una elegante macchina di Etwood alta cinque piedi, la tromba a vapore del Lana, l’ariete idraulico, un quadrante astronomico e l’eletrometro di Colomb veramente magnifico…”. Bianchini ricordava poi la presenza di una “…copiosa raccolta de’ minerali, specialmente di Germania… non che la collezione de’ minerali dell’alpi Novaresi e de’ paesi limitrofi… al che intralasciare non si deve dall’aggiungere la discreta serie delle conchiglie naturali e petrificate…”.

Nel 1860 la legge Casati separò i collegi dalle scuole. Il complesso si divise quindi tra due istituzioni: il Ginnasio-Liceo da una parte e il regio Convitto Nazionale dall’altra. In seguito il Liceo assunse la denominazione di “Carlo Alberto”. Con la Riforma Gentile del 1923 nel complesso trovò ufficialmente posto il Liceo Classico “Carlo Alberto”, che vi resterà fino al 1973. All’interno del Liceo, la parte del complesso a destra dell’entrata principale di via Greppi (area angolo via dell’Archivio/via Greppi), con il relativo cortile, ospitava al primo piano, sopra le aule, nel lato verso l’Archivio di Stato, il laboratorio di fisica e il museo naturalistico, mentre il primo piano verso via dell’Archivio ospitava le macchine di fisica e di scienze in genere e il magazzino. Si trattava evidentemente di quelle collezioni scientifiche, nate nell’Ottocento e tanto magnificate dal Bianchini nel suo volume, come sopra ricordato, a proposito del “Gabinetto di Fisica”.

Il Liceo Artistico “Felice Casorati”, istituito nel 1970, dopo sedi provvisorie, nel 1974 venne collocato nell’antico complesso, nella sede di via Mario Greppi 18, che tuttora occupa con la seguente denominazione “Liceo Artistico Musicale e Coreutico Felice Casorati”. In relazione alle cattive condizioni dell’edificio, alla fine degli anni Settanta, vennero effettuati importanti interventi, risolvendo così gli impellenti problemi di sicurezza ed agibilità e rendendolo adeguato alle esigenze didattiche dell’Istituto che ospitava.

Il Monastero di Sant’Agostino-Convitto Nazionale “Carlo Alberto”

La storia del complesso dell’Archivio di Stato e del Liceo Artistico Statale è direttamente collegata a quella dell’adiacente complesso del Convitto Nazionale Carlo Alberto. Quando, nel periodo napoleonico, venne creato a Novara, che era capoluogo del Dipartimento dell’Agogna, uno degli otto Licei nazionali, quattro di questi ebbero anche un convitto e Novara fu uno dei quattro. Al fine di creare l’annesso Convitto, venne utilizzato il monastero di Sant’Agostino, che si trovava appunto vicino a quello della Maddalena, che, come abbiamo detto, era già stato adibito ad un utilizzo propriamente scolastico.

Il progetto della costruzione del monastero di Sant’Agostino risale probabilmente al 1480. Barlassina e Picconi nella loro pubblicazione “Le Chiese di Novara”, già citata, scrivono che le Umiliate di S. Agnese, che risiedevano nel sobborgo di S. Stefano, avevano comperato, fin dal 1480, un terreno entro le mura cittadine, allo scopo di erigervi un monastero, dove rifugiarsi in caso di guerre. Il complesso risulta poi già costruito verso l’anno 1491 e venne ampliato nel 1562, quando si unirono le monache Agostiniane, da cui l’edificio prese il nome, seguite poi da quelle di S. Antonio, anch’esse appartenenti all’ordine cistercense. Del monastero di S. Antonio già si trova menzione in documenti del 1234 e le suore, come ci ricordano Barlassina e Picconi, “…avevano dimora nel sobborgo Barazzuolo, nel luogo dove fu eretta più tardi la chiesa di S. Martino profanata nel 1831”. Il monastero era noto per la sua “spezieria”, in quanto con le erbe coltivate nel loro giardino, le monache confezionavano farmaci che poi vendevano alla comunità. Il monastero di S. Agostino restò aperto fino al 1807, quando il Governo decise di collocarvi il Convitto Nazionale, di cui si è detto, mentre il monastero di S. Maria Maddalena era già stata destinato ad uso scolastico. Le suore si trasferirono temporaneamente nel Seminario, quindi il 10 dicembre dello stesso anno nel già soppresso convento adiacente alla chiesa di S. Pietro al Rosario e ciò fino alla soppressione dell’Ordine avvenuta nel 1810. Il Liceo Convitto e le Scuole Pubbliche furono poi affidati ai padri Gesuiti, come si è già visto, che effettuarono trasformazioni strutturali e unirono i locali dei due monasteri, attraverso i passaggi sopra ricordati. Si occuparono anche della chiesa, ma i restauri più importanti risalgono al 1825, quando fu solennemente consacrata dal cardinale Morozzo. Cacciati nel 1848 i Gesuiti, l’edificio venne chiuso al pubblico. L’originaria chiesa dell’Ordine Agostiniano femminile si trova tuttora nell’angolo Sud-Ovest del complesso (nella foto), mentre il complesso stesso, che si sviluppa tra via dell’Archivio, via Greppi e baluardo Partigiani, denominato “Convitto Carlo Alberto”, è attualmente sede di un istituto pluricomprensivo con scuola primaria, scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado (Liceo Scientifico).

Enzo De Paoli