PIEMONTE ARTE: COLLEGNO, BECCARIA, RADOVIX, MIGLIARA…

Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

 COLLEGNO. MOSTRA “I VASI OFFICINALI”

Alla Sala delle Arti Parco Gen. C.A. Dalla Chiesa -Collegno corso Torino n. 7 Alla presenza del sindaco di Collegno Francesco Casciano e dell’Assessore alla Cultura Matteo Cavallone, Umberto D’ Ottavio e Silvana Accossato si inaugura venerdì 9 giugno, alle 18,30, “I Vasi officinali ”  VIII Concorso Nazionale Triennale di Arte Contemporanea <Premio Lucio De Maria>   organizzata dall’Associazione Culturale” Gli Argonauti A.P.S.”, con il patrocinio del  Comune di Collegno e della Regione Piemonte.

Vincitori del VIII concorso

1) premio a Oscar Pennacino (Savona)

2) premio a Renza Laura Sciutto di Mombaldone (At)

3) premio a Maria Chiara Taliano  di Collegno (To)

4) premio a Pinuccia Armano di Collegno (To)

La mostra continuerà sino al 2 luglio, orario: dal mercoledì alla domenica 

dalle 15/19, ingresso alla mostra è libero,

Catalogo della mostra presente durante l’evento .

Info: Cel.340.8240619

 

COSTANTINI CONTEMPORARY. MOSTRA DI SILVIA BECCARIA

A Torino, giovedì 8 giugno alle ore 18, la galleria Riccardo Costantini Contemporary presenta nei propri spazi “Ascoltare anche ciò che manca”, la personale di Silvia Beccaria a cura di Olga Gambari. Nel loro insieme, i lavori in mostra costituiscono un lungo racconto dal 2020 a oggi. Tre cicli accomunati dal materiale della carta, dal processo creativo dell’ordito e della trama, con cui costruisce “testi” che esprimono stati emotivi, denunce e racconti, insieme da condividere e da esorcizzare. Sono serie che testimoniano una vicenda personale e collettiva fatta di arresti e ripartenze, di sgomento e speranza, connotata da una pandemia prima, che ha rivoluzionato, o avrebbe dovuto farlo, la visione del mondo e dei suoi valori, dell’individuo e della comunità, e da una guerra poi. Il titolo della mostra è un un verso tratto dalla poesia di Mariangela Gualtieri Noi tutti non siamo soli, che sembra tradurre in lirica l’intimo sentire del lavoro di Silvia Beccaria. L’artista, per istinto, crea vere psicogeografie di carte, con le mani spezza letteralmente la superficie del foglio della pagina, sia essa una cartina, un libro, uno spartito musicale, un disegno. Lo frammenta in striscioline cartacee, segmenti di un nuovo materiale che impasta, che cuce, intreccia e trasforma in filo visivo e narrativo. Silvia strappa, toglie, interrompe. Silenzia la storia ufficiale, di scena, per far emergere altri echi attraverso la mancanza, la frattura. Crea delle interferenze, delle faglie da cui sorgono sussurri, evanescenze, vapori. Ascoltare ciò che manca. L’intesa fra tutto ciò che tace (ancora un verso della poesia di Mariangela Gualtieri). La sua è infatti una ricomposizione, una ricerca di quel materiale invisibile che emerge dagli strappi, dalle trame che scardinano ordini per crearne altri. Ibridi di carte scritte, stampate, dipinte. Una questione di radici, come quelle delle piante del pianeta, che, occultate dalla crosta terrestre, sono unite in una rete costituita da miceli, una grande comunità interconnessa. Come un ricamo infinito e vitale di elementi in divenire, che accoglie frammenti anche opposti e li ricompone in un disegno universale. A quest’immagine ideale Silvia Beccaria si ispira.

 

NOVARA. ROBERTINO RADOVIX. NEL CUORE DEL WAKHAN, LE BELLEZZE DELL’AFGHANISTAN

A cura di Elena Radovix e Enrico Sempi

in collaborazione con l’Associazione culturale Forme in Bilico APS

Complesso Monumentale del Broletto, Sala dell’Accademia, Novara. Inaugurazione: giovedì 8 giugno 17.30 – 19.00. Fino al 25 giugno. Dal martedi’ alla domenica: h. 10.00 – 19.00 Lunedi’ chiuso

Da un avventuroso e impegnativo viaggio nel Corridoio del Wakhan, compiuto nel 2019, nascono gli scatti del fotografo Robertino Radovix (Milano 1958). Cinquantaquattro immagini di grande impatto emotivo e artistico, ma anche di enorme interesse culturale e antropologico. La selezione proposta in questa mostra al Broletto narra gli aspetti della vita, i costumi e i luoghi in cui da  1.500 anni vivono due minoranze etniche, i Wakhi e i Kirghisi, e conduce lo spettatore alla scoperta di un mondo di colori, di sguardi e di empatica bellezza. Quasi tutto il territorio del Wakhan supera i 3.000 m. di altitudine e si incunea tra il Tagikistan, il Pakistan e la Cina. È una sottile e aspra lingua di terra, lungo l’antica Via della seta, che si snoda tra le verdi praterie percorse dai fiumi Pamir e Wakhan, le steppe e le pietraie della catena montuosa del Pamir, le cui cime superano i 7.000 metri. Un luogo ricco di storia, battuto nientemeno che da Alessandro Magno, Marco Polo e Gengis Khan, un impervio crocevia culturale e commerciale tra Oriente e Occidente che oggi rischia di scomparire. Una documentazione fotografica, quella di Radovix, ormai rara, data l’attuale inaccessibilità di quest’area, con immagini che testimoniano la bellezza e la ricchezza umana di popolazioni la cui antica esistenza si confronta oggi con uno scacchiere geopolitico ostile. Robertino Radovix compie da anni viaggi in aree remote del pianeta con al collo la sua attrezzatura fotografica per catturare, prima che sia troppo tardi, frammenti di vita di minoranze etniche a rischio di estinzione, per immortalare verità che fanno riflettere. Una ricerca, la sua, che si colloca tra il reportage e la fotografia antropologica, ma che di fatto è espressione artistica, raffinata e sensibile. La sua narrazione è nelle inquadrature, rispettose dell’identità, dei rapporti formali e della composizione cromatica, sempre pronte a cogliere l’intensità e la bellezza di occhi che si spalancano stupiti, profondi e disillusi sul mondo che hanno davanti e che forse stentano a riconoscere; a incorniciare di luce la pacatezza e la grazia dei loro sorrisi; a non commettere l’errore di un giudizio. Ed è proprio la luce il registro dello stile personale del fotografo, per cui l’illuminazione naturale restituisce agli scatti uno spazio e un’atmosfera da cui i soggetti emergono, anzi sbocciano come fiori. I loro corpi affiorano dalla penombra con linee morbide, gli sguardi sono intensi e i vivaci colori degli abiti accendono i loro volti segnati dal sole, solcati dalle rughe di una vita faticosa, vissuta tutta nel rispetto dei ritmi della natura e in una dignitosa semplicità. Gli sguardi timidi dei bambini, pochissimi dei quali sanno leggere e scrivere, hanno tratti somatici che rivelano le loro remote radici, iraniane e mongole, con occhi incredibilmente verdi o di un nero profondo. Uomini, donne e bambini si espongono agli occhi del fotografo fiduciosi ed accoglienti, avviluppati nei loro coloratissimi tessuti impreziositi da file di perline sapientemente intrecciate, da corone di bottoni e da lunghi foulard annodati o appuntati con semplici spille da balia. Gli scatti immortalano i carovanieri Wakhi, tra i bivacchi dei loro accampamenti nell’immensità delle notti stellate. Alcune immagini mostrano i Kirghisi nelle loro semplici abitazioni di fango e paglia essiccati al sole, intenti a cucinare attorno al focolare, a lavorare, a fumare oppio o mentre riposano, sfiorati dalla luce fioca che penetra dall’unico lucernario al centro del tetto. Ai margini dei piccoli e precari villaggi, le donne mungono e i piccoli accudiscono gli animali (capre, pecore nane, yak). I panni lavati nel fiume nei brevi mesi estivi sono stesi sull’erba sotto un cielo terso e tappezzano come arazzi piccoli lembi di terra. È un mondo fatto di poche cose materiali, essenziali e funzionali alla quotidianità, ma nel quale la solidarietà generazionale, la comunione con la natura e l’ostinata lotta con la vita sono le vere ricchezze su cui poter contare.

 

BIBLIOTECA NAZIONALE TORINO. “CARNET DE VOYAGE”

I visitatori verranno accompagnati in un viaggio tra carte e volumi giunti in Biblioteca Nazionale dopo il rovinoso incendio del 1904. Rifuggendo il cliché che relega la cultura al ruolo sociale di intrattenimento, svago, curiosità o di esclusivo interesse per specialisti, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino ha voluto riunire le competenze di diversi professionisti, quali storici, archivisti, bibliotecari ed informatici, per indagare e valorizzare i Doni 1723-1904, custoditi presso la Biblioteca, al fine di mettere in luce le diverse implicazioni storico-culturali legate a uno dei momenti più drammatici e significativi della vita plurisecolare della Biblioteca, in relazione al suo ruolo – riconosciuto a livello internazionale – di custode di un patrimonio di conoscenza inestimabile per l’intera collettività.

In particolare, il più consistente sub Fondo 1904 fu costituito in seguito a quello che è considerato il più rovinoso dei tre incendi che colpirono il prestigioso Istituto torinese. Le fiamme dilagarono in Biblioteca nel 1667, nell’ allora Libreria Ducale, nel 1942, durante il Secondo Conflitto Mondiale e appunto tra il 25 e il 26 gennaio del 1904.

Di tale incendio resta viva la memoria poiché ampiamente documentato da fotografie e dai resoconti della cronaca giornalistica dell’epoca. Le perdite per la Biblioteca furono ingenti, soprattutto per ciò che concerne l’importante patrimonio manoscritto ivi conservato, di cui si stima andò perso circa un terzo del posseduto (1500 su 4500 volumi).

All’epoca il fatto mosse le coscienze della cultura italiana, europea e internazionale poiché la Biblioteca torinese corrispondeva con studiosi e accademie di tutto il mondo. All’enorme impressione suscitata dal fatto seguì un’immediata gara di solidarietà per cercare di reintegrare in qualche modo le perdite subite con una nutrita serie di lasciti e donazioni da parte di Istituti culturali e privati di ogni parte del mondo. E così dalla solidarietà della cultura italiana e internazionale nacque l’inedita raccolta libraria poi denominata Fondo 1904.

I libri viaggiarono accompagnati da lettere e documenti da ogni angolo del mondo verso Torino per risarcire la Biblioteca dell’enorme perdita subita. I visitatori avranno l’opportunità di riscoprire le tappe di questi viaggi accompagnati dai bibliotecari e gli archivisti della Culturalpe s.c., che si è occupata del riordino dell’archivio ed è attualmente attiva nel progetto di catalogazione, inventariazione e valorizzazione del Doni giunti alla Biblioteca, con la collaborazione dell’Associazione Amici della Biblioteca ABNUT

Tre visite guidate l’8 giugno: alle ore 12.00, alle ore 13.00 e alle ore 14.00. Durata circa 45 minuti. Prenotazione obbligatoria a bu-to.eventi@cultura.gov.it

 

ANTONIO PILEGGI AL CENTRO PANNUNZIO

­Lunedì 12 giugno alle ore 18, la Genesi Editrice presenta l’ultimo libro di Antonio Pileggi, intitolato Ius Pacis.Il ritrovo è al Centro Pannunzio, in via Maria Vittoria 35H a Torino.

Per i Saluti: Luigi Genesio Icardi, in rappresentanza della Regione Piemonte,Sandro Gros-Pietro, direttore della Genesi, Eros Pessina, vicepresidente Associazione Elogio della Poesia

Gli interventi sono di:Pier Franco Quaglieni, storico e scrittoreLivio Bottani, filosofo e scrittoreAntonio Pileggi, Autore del libro. Già Provveditore agli Studi e Direttore generale dell’INVALSI – Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione – ha varie esperienze di lavoro in Italia e all’estero. È impegnato nel sociale per attività di volontariato (scuola, pubblica amministrazione, avvocato di strada, etc.).

 

ALESSANDRIA. DUE NUOVE OPERE DEL MIGLIARA IN MOSTRA A PALATIUM VETUS

La Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria ha acquisito due interessanti dipinti di Giovanni Migliara pittore alessandrino dell’Ottocento, vedutista e paesaggista che visse a Milano e che realizzò una serie di opere di grande impatto visivo privilegiando la veduta urbana.

Le opere, esposte al pubblico per la prima volta, si trovano nella Quadreria del Broletto di Palatium Vetus, dove è possibile ammirarle contestualmente alla mostra “Segni–materiali-fonemi” dedicata a Carlo Pace (Alessandria 1937-2011).

Uno dei due dipinti, realizzato ad olio su tela con una grande cornice dorata, raffigura l’Interno del Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso a Milano, firmata dall’autore e datata 1820. Il soggetto rappresenta, all’interno di un’architettura rinascimentale dominata dal soffitto a cassettoni, la visita al Santuario dell’arciduchessa Maria Beatrice d’ Este con il figlio Massimiliano. Migliara dimostra un forte interesse per gli avvenimenti pubblici e mondani milanesi dell’epoca realizzando, probabilmente anche in questo caso, opere su commissione.

L’altro dipinto di più piccole dimensioni ma molto suggestivo raffigura l’interno della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, firmato dall’autore e con cornice dorata. Insieme al Duomo, Sant’Ambrogio rimane uno dei soggetti preferiti da Giovanni Migliara che, con grande padronanza prospettica, ritrae la veduta della basilica attraverso il porticato dimostrando grande capacità esecutiva nella resa dei particolari e nell’atmosfera romantica ravvivata dai personaggi.

Siamo molto soddisfatti di questa nuova acquisizione – afferma il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, notaio Luciano Mariano – che va ad affiancarsi ad altrettante opere di grande valore artistico – mi riferisco alla tavola del Defendente Ferrari e all’Ascensione di Francesco Crivelli – che la Fondazione ha recentemente acquistato nell’ottica di restituire alla città di Alessandria un patrimonio culturale di cui si erano perse le tracce. I due nuovi dipinti del Migliara entrano a far parte della collezione d’arte posseduta dalla Fondazione e sono già visibili al pubblico nella quadreria del Broletto dedicata alla sezione permanente. Si tratta di un’ulteriore occasione per visitare sia le collezioni d’arte di Palatium Vetus sia la mostra dedicata a Carlo Pace, aperta al pubblico fino all’autunno prossimo.

La mostra dedicata a Carlo Pace è stata inaugurata il 21 aprile scorso nella quadreria del Broletto dedicata alle mostre d’arte. Le opere esposte ripercorrono i momenti salienti dell’attività artistica dell’autore che ha saputo dialogare con correnti pittoriche e intellettuali diverse come l’arte informale o l’arte povera mantenendo la sua originalità. Dal segno ai materiali, per arrivare ai fonemi, i dipinti ci restituiscono un’immagine dell’artista costantemente ricca di spunti innovativi e personali. Ingresso gratuito.